Temi e protagonisti della filosofia

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (7)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (7)

Dic 17

 

Articolo precedente: Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (6)

 

7. Nietzsche con Eraclito: la guerra cosmica e il guerriero

 

Polemos di tutte le cose è padre, di tutto poi è re; e gli uni manifesta come dèi, gli altri invece come uomini; gli uni fa esistere come schiavi, gli altri invece come liberi. [21]

Sono tante le riflessioni dei filosofi sul tema della guerra: se esista una guerra giusta e quale sia; in che cosa consista propriamente la guerra; se essa indichi semplicemente lo scontro tra due Stati o si possa parlare di guerra anche in altri casi; quale sia il vero fine della guerra, da dove nasca e come si possa impedirla. Thomas Hobbes è forse uno dei filosofi che più hanno contribuito allo sviluppo del concetto di guerra in filosofia. Egli riteneva che la guerra fosse esteriore ed antecedente allo Stato. La guerra per Hobbes è uno stato originario antecedente allo Stato e alla società. Il patto sociale, secondo Hobbes, nasce con lo scopo di imporre la pace superando questo stato originario. Eraclito rispetto ad Hobbes compie un atto molto più grande: eleva la guerra ad un fatto cosmico. La guerra in Eraclito è nella natura delle cose, è il conflitto della grande dualità, ciò che spiega il divenire, perché altrimenti l’uno non diverrebbe l’altro, se non fosse che l’altro si è imposto sull’uno [22].

Gli schiavi ai tempi dei greci, se non lo erano, per natura, cioè se non erano figli di altri schiavi, lo erano per debiti o perché prigionieri di guerra. Così un popolo di liberi poteva sottomettere un altro popolo riducendo molti dei suoi membri in schiavitù, cosa che i romani facevano spesso con i barbari; oppure gli schiavi si ribellavano cercando la libertà: Spartaco. Nelle relazioni storiche umane interi imperi hanno sottomesso altre nazioni, ma poi sono stati sconfitti e sono così nati altri imperi. Questa è la logica del divenire: nulla è eterno e ciò che è uno deve diventare prima o poi altro. È interessante osservare come il tema della guerra sia presente anche in Nietzsche. Sarebbe dunque lecito chiedersi se anche per Nietzsche la guerra abbia uno statuto cosmico. L’intera filosofia di Nietzsche, mi è capitato già di dire, non è altro che una dichiarazione di guerra. La guerra Nietzsche la combatte con la sua filosofia del martello, martello che potrebbe ricordare l’arma mitica del dio nordico Thor, ma che probabilmente, dal punto di vista filosofico, è molto più vicina al rasoio di Occam [23]. In Crepuscolo degli idoli Nietzsche con la filosofia del martello combatte i valori e il loro sistema. Il piano di Nietzsche consiste nell’eliminare i valori eterni a cui si è voluto subordinare la vita. La vita piuttosto deve essere il vero soggetto e tutto il resto deve servire la vita. La volontà di potenza è vita creatrice e la potenza consiste nell’accrescimento di vita. Caduti i valori ogni persona è libera di crearne di nuovi subordinandoli alle esigenze della vita, sapendo che nulla sarà per sempre e anche questi saranno sostituiti. I valori, come le verità, sembrano alternarsi e tornare al pari degli opposti che nella guerra di Eraclito sono in conflitto per affermarsi. Il vero contributo che Nietzsche ha dato al concetto cosmico di guerra sta nel fatto che, a differenza di Schopenhauer, non pensa la guerra semplicemente come guerra per la sopravvivenza [24], ma come guerra per la potenza. Nietzsche dice che vivere è pericoloso: infatti la vita è conflitto, ogni nostro sforzo che raggiunge il suo risultato è una vittoria in questo conflitto.

La vita è una conseguenza della guerra, la stessa società è un mezzo fatto per la guerra… [25]

La guerra quindi non è semplicemente un fatto esterno, ma si tratta anche di una lotta interna. Il soggetto di questa lotta è l’istinto. Nietzsche vede nell’uomo una lotta di istinti diversi e con fini altrettanto distinti. Anche il pensiero non può che essere soggetto agli istinti, è un mezzo con il quale l’istinto si rapporta ad un altro istinto. Quando i filosofi credevano di sottomettere gli istinti con la ragione in realtà non facevano altro che assecondare un istinto contro gli altri: infatti la ragione, secondo Nietzsche, può diventare strumento degli stessi istinti. La volontà di potenza è per Nietzsche quell’unica volontà che esprime tutto questo mondo variegato e molteplice degli istinti nell’uomo. La volontà di potenza, a questo punto, si può dire che è il desiderio [26].

 

Note

[21] Colli, Giorgio (a cura di), La sapienza greca. Eraclito (vol. III), Adelphi, MIlano, 2006, p. 35.

[22] Su questo tema si legga il seguente passo tratto dalle Lettere persiane di Montesquieu: alla lettera CXIII, Usbek risponde a una lettera di Redi sulla diminuzione della popolazione mondiale rispetto al mondo antico e dice: «Il mondo, caro Redi, non è incorruttibile, i cieli stessi non lo sono; gli astronomi sono testimoni oculari del loro cambiamento, effetto naturale del movimento universale della materia. La terra è soggetta come gli altri pianeti alle leggi del movimento; soffre nel suo interno della lotta perpetua dei suoi principi: il mare e il continente sembrano in guerra eterna, ogni istante produce nuove combinazioni» (Montesquieu, Lettere persiane, Rizzoli, Milano, 2006, p. 213).

[23] Il rasoio di Occam aveva come scopo quello di eliminare entità superflue. Nietzsche, in un modo simile, usa il concetto di “bisogno psicologico” per eliminare certe entità come “Dio”, “il senso”, “la libertà”, “la colpa”. Ad esempio dal semplice desiderio di voler trovare sempre un colpevole per ogni cosa (bisogno psicologico umano) Nietzsche deriva la colpa e la costruzione di un soggetto libero capace di scegliere.

[24] Elemento presente in teoria anche in Hobbes, ma che, nel caso di Hobbes e del suo concetto di guerra come guerra originaria, non ha valenza cosmica, mentre Schopenhauer pensa la guerra non come semplice conflitto tra gli uomini nello stato di natura, ma come conflitto tra individualizzazioni dell’unica volontà generale cieca ed egoistica che può manifestarsi in tanti fenomeni, anche naturali, come nel caso delle piante che lottano per la luce.

[25] Nietzsche, Friedrich, La volontà di potenza, Bompiani, Milano, 2008, p. 34.

[26] L’anti-Edipo di Deleuze e Guattari mette in evidenza una nozione di desiderio che combina quella di Nietzsche con quella di Spinoza, una nozione positiva di desiderio, di desiderio come potenza.

 

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