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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (6)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (6)

Dic 16

 

Articolo precedente: Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (5)

 

6. Nietzsche e Deleuze: Eraclito e i suoi dadi

 

Da allora l’uomo è annoverato tra i più inaspettati e stimolanti lanci di dadi azzeccati dal “grande fanciullo” eracliteo, si chiami Zeus o caso ‒ desta per sé un interesse, una tensione, una speranza, quasi una certezza, come se con lui qualcosa si annunziasse, qualcosa si preparasse, come se l’uomo non fosse una meta, ma soltanto una via, un intermezzo, un ponte, una grande promessa. [16]

Si narra che Eraclito ad Efeso giocasse a dadi con dei bambini anziché dedicarsi alla politica che, gli efesi gli chiedessero come mai e egli rispondesse che era meglio giocare a dadi con i bambini piuttosto che occuparsi di politica con loro. Questa immagine di Eraclito intento a giocare a dadi è rimasta nella storia della filosofia fino ad oggi; la si trova in particolare in due autori: Nietzsche e Deleuze. Per quanto riguarda Nietzsche questo fatto è già osservabile nella citazione che ho inserito nella sezione precedente sull’eterno ritorno. Essa descrive l’eterno ritorno come un insieme di lanci di dadi, di combinazioni possibili e di risultati di lanci che si ripetono. Nella citazione di questa sezione, invece, l’uomo stesso corrisponde ad uno di quei lanci fortunati dal sapore eracliteo. L’uomo, infatti, è il divenire super-uomo. Deleuze riprende più volte l’immagine del dado in diverse sue opere. In particolare in Che cos’è la filosofia? afferma che il filosofo, lungi dall’essere un uomo immerso nel mondo della chiacchiera comune [17], si trova seduto ad un tavolo a parte e gioca a dadi. Questa immagine sembra suggerirci una sentenza di fatto: Eraclito come filosofo per eccellenza. Deleuze non lo scrive, ma chi altri poteva avere in mente? Deleuze forse riprende la metafora del dado da Nietzsche e non direttamente da Eraclito, a cui Nietzsche, come si vede da quanto ho citato, direttamente si riferisce.

Il filosofo si pone problemi, costruisce problemi. Ogni costruzione di un problema è come un lancio di dadi, ogni idea come soluzione di un problema impostato non è altro che un dado lanciato. Il dado è sia per Nietzshe sia per Deleuze il simbolo del caso. Esso rappresenta l’introduzione della nozione di caso nella filosofia rispetto ad una tradizione precedente che poggiava sulla nozione di necessità (es. Hegel, Spinoza, ecc…). Micheal Hardt nel suo scritto su Deleuze [18] conferma che questo autore riprende l’immagine del lancio dei dadi da Nietzsche. Il lancio del dado secondo Deleuze segue due fasi: il lancio e la ricaduta. Hardt descrive questo lancio dei dadi come pura affermazione della possibilità e della molteplicità: quando un dado è lanciato, molto prima che si dia un risultato, tutto è ancora possibile. Questa possibilità è definita da Hardt come “divenire dell’essere”; più avanti spiegherò come il puro divenire sia semplicemente aperto e indeterminato proprio come questo lancio di dadi. I dadi ad un certo punto cadono: questo fenomeno, spiega Hardt, indica una selezione nell’essere indeterminato, perché non tutto ritorna nell’eterno di Nietzsche secondo l’immagine che costruisce Deleuze di esso. Ciò che non torna è il Nuovo. La ripetizione dell’eterno ritorno è ripetizione del Nuovo, del virtuale eccedente sull’attuale. Ma quando il dado è caduto, spiega Hardt, comincia un altro lancio e così nuovamente è affermato l’essere indeterminato della molteplicità. Grazie a questo meccanismo, spiega Hardt, avviene una doppia affermazione. Questa doppia affermazione non è altro che il meccanismo caratteristico della disgiunzione inclusiva deleuziana. Deleuze definisce la disgiunzione inclusiva come un’affermazione doppia dove non esiste opposizione tra due termini. Un esempio sono le parole baule: una parola baule è una parola composta dalla somma di più parole. L’inventore delle parole baule è Lewis Carroll. Esempi di parole baule: Snark (snake + shark), fumioso (fumante + furioso). Nel seguente passo è presente una parola baule che chiarifica bene il tema della disgiunzione inclusiva:

La soluzione viene data da Carroll nella prefazione a La caccia allo Snark: “Mi si pone la domanda: sotto quale re, dimmi, pidocchioso? Parla o muori! Non so se re era William o Richard. Allora rispondo Rilchiam”. Appare qui che la parola-baule è fondata in una stretta sintesi disgiuntiva. [19]

Rilchiam significa “William e Richard” o “sia William sia Richard”. In Differenza e ripetizione [20] Deleuze riprende l’immagine dei dadi e afferma che il lancio dei dadi è affermazione del caso. Il lancio del dado dal punto di vista filosofico consiste nella formulazione di un problema. Un problema può essere impostato bene oppure male, e nell’impostarlo bene consiste il lavoro del filosofo; il risultato viene da sé, una volta che il dado è lanciato, esattamente come la formulazione imposta la soluzione ad un problema. I concetti che nascono dai problemi impostati sono il risultato dei lanci. Questo gioco dei dadi costituisce un gioco ideale dove non ci sono regole perché ogni colpo inventa la sua regola, dove per vincere basta affermare tutto il caso: comunque andrà il colpo, in questo modo, sarà sempre vincente. Deleuze spiega che il caso esclude l’arbitrio, il caso compie una selezione, il caso è l’estrazione da una serie. L’elemento estratto e il risultato del dado lanciato sono l’essere differenziato o l’evento oggetto della volontà di potenza. Ma dopo ogni risultato il dado viene rilanciato e così l’eterno ritorno diventa un solo lancio di dado indeterminato nel suo risultato e tutti gli eventi diventano uno solo: il grande caso oggetto dell’affermazione. Questo è l’amor fati: amare la vita vuol dire affermare l’evento in ogni cosa. Un solo evento compone tutto l’eterno ritorno, una sola espressione e un solo divenire.

 

Note

[16] Nietzsche, Friedrich, Opere complete. Genealogia della morale (vol. VI**), Adelphi, Milano, 2014, p. 314.

[17] La politica secondo Eraclito?

[18] Cfr. Hardt, Michael, Gilles Deleuze. Un apprendistato in filosofia, Deriveapprodi, Roma, 2016, pp. 106-112.

[19] Deleuze, Gilles, Logica del senso, Feltrinelli, Milano, 2009, p. 48.

[20] Cfr. Deleuze, Gilles, Differenza e ripetizione, Cortina, Milano, 2010, pp. 256-257.

 

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