Temi e protagonisti della filosofia

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (28)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (28)

Mar 31

 

 

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28. Deleuze e Lovecraft: il divenire e il patto con il diavolo

a) I DIVENIRE DEGLI STREGONI

Lovecraft fa attraversare al suo eroe strani animali, che alla fine penetra nelle ultime regioni di un continuum abitato da onde innominabili e da particelle introvabili. [97]

In questa sezione faccio riferimento ai tre capitoli del saggio sul divenire animale intitolato “Ricordi di uno stregone”. Quasi subito nel primo di questi capitoli Deleuze cita una raccolta di racconti di Lovecraft intitolata Dèmoni e meraviglie; si concentra soprattutto sulle storie della saga di Randolph Carter. Lovecraft ha scritto cinque storie con questo personaggio: La dichiarazione di Randolph Carter (1919), L’innominabile (1923), La chiave d’argento (1926), Attraverso le porte della chiave d’argento (1933), La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (1943); i primi quattro sono dei racconti, l’ultimo è un romanzo. Farò riferimento solamente a due dei racconti, che credo siano gli stessi su cui si è concentrato lo stesso Deleuze: La chiave d’argento e Attraverso le porte della chiave d’argento. La seconda storia è la prosecuzione della prima: nella seconda si spiega che cosa è successo al protagonista dopo la scena conclusiva della prima storia. La prima storia narra di Randolph Carter che da piccolo si inabissava in sogni profondi e stranissimi: sognava antiche città, un mondo fantastico abitato da creature immaginarie [98]. Il protagonista non riusciva a credere che potesse esistere una qualche differenza tra il sogno e la realtà, tanto erano vivide quelle immagini [99]. Carter successivamente viene sempre di più indotto a non credere in quei sogni, in quelle fantasie; gli viene detto che esiste solo questo mondo che si percepisce coi sensi, questo mondo materiale, che la scienza sola ci permette di conoscere questo mondo, che questo mondo segue delle leggi fisiche e che esistono inoltre leggi logiche per un sano pensare. Carter assorbe tutto questo insegnamento, ma mano a mano si rende conto che questa realtà puramente materiale risulta priva di bellezza e di ogni scopo. Prima si rivolge alla religione, ma nella religione trova solo una stupida morale sul bene e sul male, tanti dogmi e quel poco che poteva essere rimasto di quella bellezza originaria che contenevano certi racconti come i miti. Si lancia anche nella sfera dell’occulto, ma anche lì si trova di fronte a storie sterili che non lo soddisfano. A quel punto si imbatte in un uomo che svolge delle ricerche a proposito di un testo occulto sui demoni, un certo Harley Warren; con lui avrà un’avventura in un cimitero incontrando strani spiriti, come è riportato nel primo dei racconti: La dichiarazione di Randolph Carter. Alla fine Carter si decide a ritornare ai suoi vecchi sogni oramai da tempo scomparsi. Un giorno sogna il nonno che gli rivela l’esistenza di un’antica chiave d’argento che gli avrebbe permesso di riavere i suoi sogni. Carter cerca questa chiave e la trova in un forziere. Presa la chiave, fuggito di casa con una macchina, ha delle visioni della sua infanzia, quindi torna probabilmente dove abitava una volta. Assieme alla chiave stava una pergamena che sbadatamente lascia nella macchina. Al termine della storia Carter si decide a compiere il rito con la chiave d’argento per poter accedere ai suoi sogni del passato e si addentra in una grotta. Da quel momento in poi non si sa più niente su Carter, egli scompare del tutto: morto? oppure in un’altra dimensione?

La seconda storia comincia proprio con questo enigma. In una casa di New Orleans, appartenente ad un grande mistico, un gruppo di persone attorno ad un tavolo discute dell’eredità di Randolph Carter. Il problema è serio: sebbene alcuni siano molto scettici, potrebbe essere che Carter non sia affatto morto: nessuno infatti ha mai rinvenuto il suo corpo. Al contrario, potrebbe essere che in questo momento, grazie a quella chiave, abbia trovato un modo per andare oltre lo spazio e il tempo, che quindi in questo momento si trovi in un’altra dimensione, ma da un momento all’altro potrebbe improvvisamente tornare in questo mondo a reclamare i suoi beni. Sebbene un certo Aspinwall creda sia in un’inutile perdita di tempo, frutto di una strana superstizione, gli altri si trovano attorno al tavolo per cercare di capire dagli elementi che hanno se Carter sia ancora vivo oppure no. Etienne de Manigry è stato scelto come esecutore del testamento; lui è un esperto dell’oriente e dei suoi misteri: una specie di grande studioso. De Manigry aveva tentato di decifrare la pergamena che Carter aveva lasciato nell’auto, ma tutto ciò che aveva scoperto è che ci sono degli elementi comuni con il testo occulto di Harley Warren; tuttavia questo non è molto e manca soprattutto la chiave. Tra i partecipanti un certo indiano si presenta come lo Swami di Chandraputra affermando di avere delle informazioni su quello che è realmente successo a Carter, e così si decide a raccontare la storia di Carter oltre i confini dello spazio e del tempo, non obbligando nessuno a credergli prima della fine della storia, ultimata la quale avrebbe mostrato le prove del suo racconto. Da questo momento in poi comincia la narrazione di qualcosa di semplicemente straordinario, la descrizione di un’avventura mistico-spirituale oltre i confini dello spazio e del tempo alla scoperta del pre-individuale, della perdita dell’identità e dell’esperienza dell’Essere stesso come tale. La mia narrazione sarà sempre una lettura che mette da un lato le parole di Lovecraft e dall’altro lato una possibile lettura deleuziana del racconto.

b) L’ESPERIENZA MOLECOLARE DI RANDOLPH CARTER

L’indiano afferma che Carter ce l’ha fatta nella grotta: sceso nella tana dei serpenti avrebbe compiuto il rito della chiave d’argento e da quel momento in poi sarebbe cominciata la sua avventura oltre questo spazio a tre dimensioni e oltre questo tempo. Ciò che è accaduto Lovecraft lo descrive in questo modo:

Un attimo prima c’era la caverna segreta, con la presenza elusiva di un arco mostruoso e una gigantesca mano scolpita sulla parete di fondo; un attimo dopo non c’era né la caverna né l’assenza della caverna, né la parete né l’assenza di una parete. C’era solo un flusso di sensazioni che non erano tanto visuali quanto cerebrali: l’entità Randolph Carter le sperimentava come percezioni e impressioni sensoriali di tutto ciò che la sua mente registrava, ma senza sapere come le ricevesse. [100]

Questo puro flusso di sensazioni appare come uno strano stream of consciousness che porta alla scoperta di una coscienza immanente ad un flusso di vissuti dove l’io è sullo stesso piano di questo flusso. Il Necronomicon [101], dice Lovecraft, allude a questo mondo e in tale libro occulto si parla di una guida. Carter incontrerà questa guida che viene chiamata l’insaziabile della vita. Animali-bordo come questo, per usare il termine di Deleuze, sono definiti normalmente da Lovecraft come gli Outsiders. Nella seconda sezione dei Ricordi di uno stregone Deleuze presenta questa figura dell’animale-bordo come elemento essenziale per comprendere il divenire. Come ho già detto secondo Deleuze il divenire-animale rappresenta un passaggio da una molteplicità ad un’altra, che avviene tramite un meccanismo di contagio, ma sul limite di una molteplicità, ovvero tra una molteplicità e un’altra, sta un individuo eccezionale. L’animale-bordo è un demone; per questo il divenire-animale presuppone una specie di patto con il Diavolo. C’è sempre un animale specifico che ci permette di compiere questo divenire-animale: in Melville è Moby Dick, in Lawrence è la tartaruga e nel caso del Randolph Carter di Lovecraft si tratta di questa strana guida. È questa guida che deve accompagnare Carter attraverso le porte della chiave d’argento fino all’ultima porta che conduce direttamente al grande Vuoto. Questo passaggio presuppone un’alleanza con il demone: ci si allea con il demone perché avvenga il divenire.

Carter varca la prima soglia con il guardiano e oltre quella soglia raggiunge gli antichi: uomini sui piedistalli che contemplano sogni. In mezzo a quelle persone è accolto come se lo stessero aspettando da sempre: c’è giusto un piedistallo anche per lui. Da quel momento in poi cominciano esperienze ancora più profonde. Il silenzio totale come grande abisso si fa molto forte, ma è difficile da sopportare. Randolph Carter si trova travolto da un mare di onde che sembrano comunicargli una verità:

“L’uomo che cerca la Verità è al di là del bene e del male” intonò una voce che non era una voce. “L’uomo che cerca la Verità giunge infine al Tutto è Uno. L’uomo della Verità sa che l’illusione è la sola realtà e che la materia è un’impostura. [102]

Sicuramente qui echeggiano le parole dei Veda o delle Upanishad. Può essere che Lovecraft conoscesse bene il pensiero orientale; sul tempo ad esempio dice: il tempo è un’illusione; passato, presente e futuro sono simultanei, ovvero si danno nello stesso momento come in un solo grande presente che comprende ogni evento. È altresì vero che in questo studio l’idea è quella di pensare una realtà al di là del bene e del male, giusto per usare i termini nietzscheani che adopera Lovecraft: infatti questa realtà sarebbe a-dualistica. Comunque, constatato questo, in quel che segue non sarà seguita tanto la posizione idealista orientale, quanto la stessa esperienza carteriana della perdita della propria unità come esperienza molecolare.

Al di là dell’Ultima soglia Randolph Carter perde proprio la sua unità e la sua identità vivendo un’esperienza di massimo terrore, perché un uomo non è mai pronto per una cosa di questo tipo, non è mai veramente pronto ad abbandonare se stesso e ciò con cui si identifica. Carter sta sprofondando sempre di più nell’Abisso ben oltre la semplice struttura molare del suo Ego. Carter non è più semplicemente se stesso ma molti. Carter è in questo momento tutti i Carter possibili di ogni realtà possibile, tutti i Carter di tutta la storia, di ogni spazio e di ogni universo. Certo questa è una storia e tutti questi vissuti li lasciamo ai mistici, ma fatto sta che in tutta questa descrizione ci sono degli elementi molecolari. “Noi siamo molti” ha detto la schizoanalisi e sembra che qui si sostenga la stessa teoria. In Mille piani Deleuze e Guattari scrivono proprio all’inizio dell’introduzione al libro:

Abbiamo scritto L’anti-Edipo in due. Perché ciascuno di noi era parecchi, si trattava già di molta gente. Qui abbiamo utilizzato tutto quello che ci avvicinava, il più vicino e il più lontano. Abbiamo distribuito abili pseudonimi per renderci irriconoscibili. Per rendere impercettibile, non tanto noi stessi, ma ciò che ci fa agire, sentire o pensare. E poi perché è piacevole parlare come tutti, dire che sorge il Sole, quando ognuno sa che è soltanto un modo di dire. Non arrivare più al punto in cui non si dice più: “Io”, ma al punto in cui non ha più alcuna importanza dire o non dire “Io”. Non siamo più noi stessi. Ognuno riconoscerà i suoi. Siamo stati aiutati, aspirati, moltiplicati. [103]

Nella prima sezione “Ricordi di uno stregone” Deleuze parla di questo Randolph Carter come di un soggetto attraversato da strani divenire [104], un soggetto sia vertebrato sia non vertebrato, umano e non umano. Lovecraft infatti descrive il Carter che ha attraversato l’Ultima soglia come qualcuno che ha perso la propria identità, che prima diventa ogni Carter possibile, ma poi subisce un’altra trasformazione ancora peggiore: diventa ogni cosa allo stesso tempo. Il processo del divenire, per come lo descrive Deleuze, presuppone un piano dove tutti i divenire sembrano porsi, dove si connettono come in una sola freccia di divenire, in un solo divenire-impercettibile, su un piano dove tutto sembra confondersi in un grande Abisso o Indeterminato e tutto sembra ruotare in direzione del Nulla.

c) CARTER E IL SUO PIANO DI CONSISTENZA

L’ultima esperienza di Carter è quella dell’Essere stesso e del grande Vuoto.

Quando Carter entra in contatto con l’Essere stesso, l’Essere stesso, che alla fine si scopre essere il suo stesso archetipo originario, gli rivela una conoscenza profondissima sulle radici della realtà. Ancora una volta ci si trova di fronte a diversi elementi del pensiero orientale: proprio qui viene detto a Carter che il tempo è immobile, che è illusione, che non c’è nessun mutamento, che tutto è una cosa sola e che quando noi parliamo di mutamenti non facciamo altro che vedere il Tutto sotto una certa angolazione. Tra tutti gli elementi che cita Lovecraft, ve ne è uno che interessa Deleuze, tanto è vero che anch’egli lo cita [105]. Il seguente passo viene infatti usato da Deleuze per spiegare il suo concetto di piano di consistenza:

Poi il flusso divenne più forte, nel tentativo di aumentare la sua comprensione e riconciliarlo con l’essere multiforme di cui il frammento attuale era solo una parte infinitesima. Gli disse che tutte le figure dello spazio risultano dall’intersezione di un piano di una figura corrispondente in una dimensione ulteriore: il quadrato, per esempio, è la faccia di un cubo e il cerchio è ricavato da una sfera. Il cubo e la sfera, che sono tridimensionali, a loro volta rappresentano porzioni di corpi a quattro dimensioni che gli uomini conoscono solo in via ipotetica, o nei sogni; i corpi quadridimensionali sono un aspetto di forme a cinque dimensioni, e così via fino alle vette irraggiungibili e vertiginose dell’archetipo infinito. [106]

Tutto si redistribuisce su un piano: il piano di consistenza. Il piano di consistenza è una macchina astratta, che sembra essere una specie di indeterminato. La macchina astratta è un termine equivalente all’animale astratto; l’animale astratto è quello stesso identico animale che attraversa tutti i divenire animali. Si tratta di un piano dove tutto scorre: il divenire, il desiderio e così via. Tutti i divenire tendendo ad appiattirsi sul e a coincidere con il piano diventando un solo divenire impercettibile. È anche vero che sul piano ci sono delle soglie e dei gradi ed è in questo modo che vanno letti i discorsi di Lovecraft sulle altre dimensioni. In ogni divenire, afferma Deleuze, bisogna capire se la linea è coesistente, quali sono i pericoli e le salvezze. Tutto va sempre rideterminato ogni volta da capo come in una cartina senza coordinate, dove tutto si redistribuisce nomadicamente, tutto si sposta continuamente e nulla è mai uguale a ciò che precedentemente è accaduto. Randolph Carter, come ho spiegato e come spiegherò anche dopo, affronta molti pericoli nei suoi “divenire”. Deleuze e Guattari affermano che il divenire-animale è cosa da stregoni e loro stessi si identificano con questa figura bordo della società. Lo stregone [107] comprende le compatibilità del divenire e sempre lo stregone, o meglio lo sciamano [108], vive su se stesso il divenire animale.

Carter dopo l’incontro con l’Essere o l’archetipo raggiunge un luogo nel futuro abitato da strane creature unghiute e con il muso di tapiro. Carter assume le sembianze di questi esseri e si trova con una doppia personalità, come due individui in un uno: da un lato Zkauba il Mago di Yaddith, appartenente a quel popolo, dall’altro il mammifero terrestre Randolph Carter. Le due personalità si trovano in conflitto: ognuna vorrebbe prevalere sull’altra seguendo i propri interessi e scopi. La parte Carter vuole decisamente scappare da quel luogo, ma la chiave d’argento non gli è utile in alcun modo e dovrebbe invece usare quella pergamena che ha sfortunatamente lasciato nella macchina. Carter scopre una droga per tenere a bada la personalità Yaddith e si decide a tornare sulla terra compiendo una specie di viaggio spazio-temporale su un guscio di luce. Carter vorrebbe tornare sulla terra per riprendere la sua pergamena e quindi superare il problema della doppia personalità. Carter si prepara ad ogni evenienza per lungo tempo: prepara il suo viaggio nei minimi dettagli, si crea anche un costume per assomigliare ad un umano e nascondere le sue sembianze attuali e si porta dell’oro da scambiare per denaro. Cartrer, dopo aver viaggiato per galassie, finalmente raggiunge la terra, cambia l’oro in una banca per denaro e viene a sapere che in quel momento stanno discutendo dei suoi beni, che c’è qualcuno che vorrebbe difenderli (De Manigry) da una prematura spartizione e si procura una copia della pergamena cercando di capirne il significato. Dopo lunghi studi Carter sembra vicino alla soluzione, la sua droga oramai è finita e viene a sapere dell’incontro sul tema della sua eredità. Così egli manda proprio l’indiano che ha riferito il suo racconto a difendere i suoi beni. L’indiano infatti si trova alla riunione per chiedere di posporre la seduta. Aspinwall, arrabbiato, protesta che si sta solo perdendo tempo. Gli altri, invece, chiedono le famose prove tanto promesse. Ci sono due tipi di prove: una consiste nella chiave d’argento e una raccolta di scartoffie scritte da Carter; l’altra non viene rivelata dall’indiano, ma viene detto che è meglio così perché i suoi effetti non sarebbero piacevoli. Le prime due prove non sembrano sufficienti. Ma all’improvviso un colpo di scena: Aspinwall, che aveva ben osservato l’indiano, si accorge che in realtà porta una maschera, che non è un indiano, che è travestito. A quel punto l’indiano confessa: la seconda prova consisteva nel fatto che egli è Randolph Carter, ma non vuole togliersi la maschera per mostrare il suo oscuro e orribile volto. Aspinwall si è convinto che l’indiano non è altro che un impostore e vuole capire chi si nasconde dietro la maschera, così si avventa su di lui e gli toglie la maschera. Aspinwall riesce a vedere il vero volto di quell’essere e muore dallo spavento. De Manigray e Philipps non vedono nulla di questo essere tranne una zampa nera e questo essere trova il modo di fuggire in uno strano orologio a forma di bara. Alla fine De Manigry e Philipps non hanno sufficienti prove a favore della verità del racconto, ma ci sono alcuni elementi strani: la chiave d’argento, i documenti, il fatto che realmente Aspinwall è morto per lo shock (cosa aveva visto?); infine, alcuni punti del racconto, per loro che sono esperti di occultismo, sembrano essere veritieri.

Randolph Carter rappresenta quindi per Deleuze questo soggetto-stregone attraversato da divenire-animale; egli è parte di quel mondo che la scienza difficilmente riesce a spiegare o ignora del tutto, egli è quindi l’essenza di questo mondo paranormale perché, ci rivela Lovecraft in un altro racconto, Randolph Carter è l’Innominabile.

 

Note

[97] Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 307

[98] Lovecraft è famoso per la sua immaginazione pazzesca: pare non si sia ancora capito come fossero realmente o come disegnare molti dei mostri da lui descritti. Sembra che molto di quello che ha raccontato lo abbia sognato o comunque sia ispirato a dei sogni. Lovecraft come persona dovrebbe porre diversi problemi per quel riguarda il processo dell’immaginazione così come è stato descritto da certi filosofi del passato. Cartesio avrebbe designato le creature di Lovecraft come idee fattizie, cioè combinazioni di altre idee. Per esempio Cartesio avrebbe detto che l’idea del pegaso non è altro che il risultato della mescolanza dell’idea del cavallo con quella di un uccello. Tuttavia almeno per Lovecraft questa teoria non sta in piedi: le sue creature infatti sono di una complessità tale da non far pensare semplicemente alla combinazione di idee di altre cose effettivamente da lui viste, ma piuttosto ad un’origine da una realtà in lui più profonda, tanto che, cartesianamente parlando, si potrebbe quasi dire che sono delle idee innate.

[99] I letterati non hanno l’obbligo di dimostrare quello che dicono e tutto quello che dicono spesso viene preso per pura finzione. Per questo quasi solo tra i letterati si sente dire che la vita è un sogno e che lo è anche il mondo. Calderon sosteneva che la vita è un sogno semplicemente più lungo di quelli che normalmente facciamo la notte. William Shakespeare ne La tempesta ha affermato che noi siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Similmente Lovecraft tratta spesso nelle sue storie il tema della realtà come sogno e verosimilmente doveva crederci davvero. Visto che la filosofia è una scienza, esiste chiaramente l’obbligo di dimostrare tutto ciò che si afferma, perciò non è mai stato detto da nessun filosofo che la realtà è un sogno. Anche Cartesio, che si era servito dell’argomento, lo aveva usato solo come strumento al servizio del dubbio metodico. Tuttavia sono esistiti effettivamente dei filosofi che non davano per scontato il fatto che la realtà non possa essere un sogno: si tratta di Thomas Hobbes, John Locke e Arthur Schopenhauer.

[100] Lovecraft, Howard Phillips, Tutti i racconti, Mondadori, Milano, 2015, p. 1263.

[101] Lovecraft racconta la storia del Necronomicon in un altro racconto dedicato a questo libro. Il titolo originale del Necronomicon sarebbe Al Azif e si tratterebbe di un testo occulto di magia scritto da un certo arabo chiamato Abdul Alhazred. Il testo sarebbe stato successivamente tradotto in greco con il nome di Necronomicon. Lovecraft racconta che attualmente ce ne sono alcune copie sparse per il mondo, che ad esempio una si troverebbe al British Museum e un’altra alla Bibliothèque nationale de France. Chiunque abbia letto tale libro non ha più vissuto la sua vita come prima: gli sono successe cose misteriose ed orribili. Uno scherzo? Certo si tratta di uno scherzo ben architettato: Lovecraft racconta tutto con la massima serietà, tipica di uno storico, indicando date precise di traduzioni e luoghi in cui ancora oggi si troverebbero le copie di questo libro.

[102] Lovecraft, Howard Philips, Tutti i racconti, Mondadori, Milano, 2015, p. 1268.

[103] Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 48.

[104] Cfr. Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 299.

[105] Cfr. Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 310.

[106] Lovecraft, Howard Phillips, Tutti i racconti, Mondadori, Milano, 2015, p. 1272.

[107] Jean Rouch ha girato un documentario, Les Maîtres fous, su un rito nigeriano. Vi si parla della setta degli Houka, fatta di africani che credono in spiriti tecnologici e praticano degli strani riti con danze basati sulla possessione da parte di questi spiriti con lo scopo di guarire e purificare chi vi partecipa. Quello che accade nel rito è davvero strano, e penso possa essere di qualche interesse per comprendere il concetto deleuziano di “divenire”. Questi soggetti quando sono “posseduti” hanno gli occhi con le pupille fuori dalle orbite, affermano di essere cose che non sono, personaggi particolari o anche mezzi tecnologici. Non imitano gli spiriti tecnologici da cui sono posseduti, non lo sono evidentemente, non è chiaro nemmeno se semplicemente si identifichino con essi. Il tema è molto interessante per la psicologia, la quale afferma che questi casi di “possessione” sarebbero delle specie di trance. La trance comunque è lo stesso stato a cui penso miri uno sciamano. Lo sciamano nel suo stato di trance arriva al contatto con quelli che chiama “spiriti animali”. Questi contatti non sono delle semplici relazioni come quelle che intercorrono tra due soggetti, ma sono spesso descritti come metamorfosi. La metamorfosi potrebbe essere, dopotutto, un tipo di divenire.

[108] Qui va tenuto presente in particolare Castaneda, il quale è spesso citato da Deleuze in Mille piani.

 

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