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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (23)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (23)

Feb 18

 

 

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23. Eraclito in Deleuze: il divenire folle

 

La Logica del senso di Gilles Deleuze comincia con la serie “Sul puro divenire”. L’oggetto è il divenire “puro”; la Logica del senso è la logica del divenire. Essa è fondata su paradossi, al contrario della logica tradizionale. Ci sono due grandi intuizioni sul divenire in quest’opera: in primo luogo Deleuze ha capito che il divenire va inteso come puro, quindi non come semplice divenire delle cose; esso è pura virtualità: tutto è possibile, proprio perché il divenire è come un dado che rotola senza dare un risultato [73]; la seconda intuizione sul divenire consiste nell’aver capito che il divenire funziona per opposti che si danno simultaneamente. Sul primo punto va osservato quanto segue: quello che noi vediamo ora non è che il risultato di un divenire, quindi parlare di divenire delle cose vorrebbe dire assumere le cose prima del divenire, invece le cose che vediamo sono solo un suo risultato. Quando parliamo di uno stato di cose non facciamo altro che isolare nel flusso del divenire un momento in cui gli enti si danno a noi in un certo modo, tuttavia considerando il divenire puro non sono gli stati di cose che si danno a noi, ma una pura virtualità. Il primo Deleuze cerca di evitare il concetto di possibilità in quanto giudica la possibilità come ancora troppo astratta; lo stesso Bergson condivide questo punto di vista. Tuttavia ne L’anti-Edipo compare effettivamente il concetto di possibilità, quando Deleuze, al contrario di Lacan, dice che nel Reale tutto è possibile [74]. Il secondo punto andrà molto più discusso. Il divenire, dice Deleuze, consiste in un’affermazione simultanea di opposti, esso è l’Aiôn, il tempo virtuale che divide il presente simultaneamente in passato e futuro. Deleuze, come spiegherò meglio più avanti, prende questo concetto di tempo direttamente dagli stoici; esso ha anche uno scopo ben preciso: risolvere il problema del presente nel tempo. Qui Deleuze condivide la prospettiva di Bergson sulla durata e sul presente che è sempre già passato. Il presente, secondo Aiôn, si divide sempre simultaneamente in passato e futuro, il che significa che ogni cosa è nello stesso tempo già accaduta e deve ancora accadere. Questa struttura con opposti che si danno simultaneamente è la struttura del divenire e del senso. Il senso, dice Deleuze, è sempre doppio: attivo-passivo, passato-futuro, ecc. L’esempio carrolliano è: “i gatti mangiano i pipistrelli” e “i pipistrelli sono mangiati dai gatti”. Deleuze in questo caso si ispira ai paradossi di Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie. Deleuze afferma infatti:

Quando dico “Alice cresce”, voglio anche dire che diventa più grande di quanto non fosse. Ma voglio anche dire che diventa più piccola di quanto non sia ora. Senza dubbio, non è nello stesso tempo che Alice sia più grande e più piccola. Ma è nello stesso tempo che lo diventa. [75]

Osservando Alice più alta di prima diremmo senza errore che è più alta; il che sarebbe corretto logicamente, ma ciò è uno stato di cose. Lo stesso vale per quando diventa più piccola. Il divenire tuttavia è un processo, quella “simultaneità che schiva il presente”, per usare la definizione di Deleuze. Questo significa che nel divenire Alice diventa simultaneamente piccola e grande. Sono gli stati di cose, o i fatti, come diceva lo stesso Wittgenstein, ad essere oggetto delle proposizioni logiche e se vediamo che uno stato di cose sussiste, perché corrisponde a fatti, diremo certamente che la proposizione afferma o nega qualcosa di vero. Ad esempio possiamo dire: “Alice si è allungata”. La logica aristotelica ci dice che questa proposizione è vera solo se Alice si è effettivamente allungata; non avrebbe tuttavia senso in questa logica dire che Alice si è allungata e rimpicciolita, a meno che non lo si intenda in due momenti diversi. Come ho detto per Bergson, la durata reale non è la mera successione degli eventi, è qualcosa di continuo. La logica di Deleuze, volendo cogliere il divenire puro, ammette ciò che per la logica tradizionale sarebbe scorretto, ovvero che due mutazioni opposte dello stesso ente avvengano simultaneamente [76], ma dal punto di vista del divenire e non degli stati di cose. Il divenire e gli stati di cose sono alla base dell’opposizione generale esaminata in Logica del senso assieme a Aiôn e Kronos, corpi ed eventi, cause ed effetti. È vero che Deleuze non cita Eraclito, tuttavia fa riferimento agli stoici, e gli stoici sono dei grandi interpreti di Eraclito. Il divenire puro è il tema centrale in Eraclito, ciò che distingue Eraclito da Parmenide deve essere proprio il problema della logica. Se Parmenide afferma che il divenire è un’illusione lo fa perché esso mescola l’essere con il non essere, cioè è contraddittorio. Zenone di Elea arriva anche a negare la morte perché pensare di morire da vivi significherebbe che si vive e si muore allo stesso tempo, ma questo è contraddittorio [77] e anche qui si mescolano l’essere e il non essere. È da notare come proprio in questa prima serie Deleuze faccia riferimento al Cratilo di Platone per evidenziare il problema del divenire nella filosofia di Platone e cominciare a costruire una filosofia anti-platonica. Cratilo era un seguace di Eraclito, forse uno dei più noti. In questo dialogo si cita la famosa affermazione di Eraclito secondo la quale non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. Al termine del dialogo si lascia non risolto un importante problema della filosofia: se assolutamente tutto muti o se ci siano delle essenze eterne rispetto al divenire e quindi questo divenire sia solo apparente. Il Cratilo ha come oggetto di discussione il linguaggio: Cratilo e Socrate convengono entrambi sul fatto che i nomi devono adeguarsi alla natura delle cose, dal che ha origine il problema espresso precedentemente. Deleuze si accorge, anche a partire da questo dialogo, che il vero problema di Platone è il divenire. La filosofia platonica è caratterizzata da un dualismo che oppone una realtà delle qualità fisse, delle cose permanenti, a una realtà del divenire folle, del senza misura, di ciò che “schiva il presente”. Da un lato sono poste le copie delle idee e dall’altro un divenire folle che non vuole assomigliare in alcun modo alle idee.

Proprio nel Cratilo Socrate afferma che dal simile deve derivare il simile, quindi dal bello nasce il bello e da un cavallo nasce un cavallo, ma se da un cavallo nascesse un vitello, questo sarebbe un mostro. Rispetto alle belle immagini delle idee quella di Deleuze è una filosofia dei mostri [78]. La filosofia di Platone e quella di Deleuze rappresentano due immagini diverse dell’univocità dell’essere o dell’Uno. In Platone tutto l’essere molteplice viene ricondotto a pochi enti definiti come le idee, le quali successivamente rimandano ad un’altra unità che è quella dell’idea del bene. In Deleuze l’Uno è il divenire e la sua univocità è il fatto che nel divenire tutto è connesso; l’essere unico del divenire è l’espressione, l’evento.

Secondo me Deleuze elabora un concetto originale di divenire, il quale cancella ogni idea di divenire contraddittorio. Prendiamo un esempio semplice: un oggetto muta di colore, per esempio cessa di essere blu. Se partiamo dallo stato di cose in cui l’oggetto è blu e pensiamo il divenire come un passaggio ad un altro stato di cose in cui l’oggetto è non blu, è ovvio che penseremo che il divenire è contraddittorio, infatti penseremo che vi sia un momento tra i due in cui l’oggetto è sia blu che non blu. Questo momento sarebbe un altro stato di cose intermedio tra i due. L’idea di Deleuze secondo me è questa: c’è un puro virtuale, come puro divenire e processo, del tutto indifferente alle opposizioni, indifferente per esempio all’opposizione blu e non blu, il quale ha due attualizzazioni diverse, in momenti diversi del tempo: una nell’oggetto blu; un’altra nell’oggetto non-blu.

 

Note

[73] In effetti un dado a sei facce che rotola senza dare risultati tiene aperte queste sei possibilità, le quali prese per se stesse potrebbero costituire degli stati di cose possibili.

[74] Qui per Reale si intende la frattura del soggetto, la separazione del desiderio dal suo oggetto, quel vuoto in cui il desiderio ruota attorno al suo oggetto secondo l’immagine lacaniana. Lacan afferma che il Reale è impossibile proprio per via di questa frattura.

[75] Deleuze, Gilles, Logica del senso, Feltrinelli, Milano, 2009, p. 9.

[76] Molte delle cose che dico, secondo me, potrebbero spiegare l’abisso che separa la logica tradizionale dalla Scienza della logica di Hegel. Hegel afferma la contraddizione: la sintesi della dialettica hegeliana avviene tra opposti. Tutto diventa comprensibile se si pensa che Hegel, anche lui, cercava di comprendere il divenire e il divenire in Hegel è contraddittorio. La logica tradizionale afferma che il vero oggetto delle proposizioni sono gli stati di cose, ma questi stessi stati di cose che costituiscono il mondo non sono certo immutabili. Si noti che Hegel comincia a dubitare del realismo partendo dalla constatazione del divenire. È famoso l’esempio hegeliano, figurante nella Fenomenologia dello spirito, che afferma che, se noi ci scriviamo su un foglio uno stato di cose attuale, quando il giorno dopo lo guardiamo, questo è cambiato. Per esempio se abbiamo scritto sul foglio che è notte ed è così, il giorno dopo, riguardando il foglio a mezzogiorno, vedremo che non è più così e quindi l’affermazione è falsa. La logica tradizionale si riferisce a stati di cose, mentre altre logiche come quella di Hegel e quella di Deleuze vorrebbero cercare di capire il divenire.

[77] È famoso il paradosso del gatto di Schrödinger nel quale si afferma l’impossibilità di determinare se un gatto in una scatola sia morto oppure vivo se non rifacendosi alla pura osservazione. Secondo l’esperimento un atomo avrebbe dovuto decadere per azionare un sistema con un martelletto che avrebbe rotto una fiala di cianuro uccidendo il gatto che si trovava in una scatola contenete tale meccanismo, ma in una parte separata di essa. Tutto dipende dal sapere se l’atomo decade oppure no… Il vero problema del gatto non è sapere se l’atomo decade o non decade, ma concerne piuttosto il paradosso che questi due fatti potrebbero avvenire entrambi; per questo ci si pone il problema delle condizioni del gatto in quello stato. Questo accade perché si pensa che non è possibile che il gatto sia sia vivo che morto e solo una volta aperta la scatola si può sapere se il gatto è vivo o morto (stato di cose). Questo esperimento mentale è legato alla difficoltà del fisico nel determinare la posizione futura di una particella non appena essa cambia. Una volta che sia stata osservata la risposta è data, ma prima? La logica di Deleuze ci spiega che secondo il divenire un gatto può essere davvero vivo e morto. Deleuze parla di divenire, ma quando un atomo decade o una particella si sposta di cosa d’altro si sta parlando? Se le cose stanno così, si può pensare di poter applicare quello che dice Deleuze sul divenire al caso del paradosso del gatto. Secondo gli stati di cose il gatto è vivo o morto, ma secondo il divenire è diverso. Epicuro affermava che noi non potremo mai incontrare la morte perché se siamo morti la morte è già venuta e se siamo vivi deve ancora venire; questi sono due stati di cose, ma secondo il divenire vita e morte si sovrappongono, nel senso che nel morire noi siamo simultaneamente già morti e ancora vivi. Richard Feynmann sul tema del moto della particella quando non viene osservata si dimostra in questo senso piuttosto deleuziano: infatti afferma che la particella in un momento in cui non è osservata prende più direzioni simultaneamente. In fondo il virtuale di Deleuze è indifferente alle opposizioni.

[78] Geoffroy Saint-Hilaire è un biologo che spesso Deleuze cita; egli lo considera un anticipatore della genetica. Saint-Hilaire sostiene che un animale che perde i caratteri principali della sua specie e acquisisce quelli di un’altra è un mostro. Saint-Hilaire studiava le ossa degli animali cercando dei rapporti ideali tra gli ossicini con l’obbiettivo di cogliere le essenze in essi. Un grado di sviluppo di un animale deve corrispondere ad un’attualizzazione di una di queste essenze. Saint-Hilaire è convinto della possibilità di passare da una specie all’altra; per questo il mostro sta all’origine di una nuova specie. Ad esempio Saint-Hilaire credeva che gli uccelli potessero provenire dai rettili. Questa idea dell’isomorfismo delle specie Deleuze la descrive come un solo Animale astratto e in sé che attraversa le varie specie.

 

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