Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (1)
Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (1)
Nov 26
1. Introduzione: il grande ritorno di Eraclito
Ma Eraclito avrà ragione in eterno nell’affermare che l’essere è una vuota finzione. Il mondo “apparente” è l’unico mondo: il “mondo vero” è solo un’aggiunta mendace… [1]
Eraclito è tornato sulla scena della filosofia. Un filosofo sembra averlo rimesso in gioco più di un secolo fa; il suo nome: Friedrich Nietzsche. Sicuramente Nietzsche è stato un protagonista nella storia della filosofia perché ha portato alla luce un pensiero completamente nuovo, un pensiero che rompeva con tutti gli schemi, una riflessione estremamente originale che ha segnato molta della filosofia del Novecento: Heidegger, Gadamer, Löwith, Deleuze, Foucault, Battaille, persino filosofi ebrei come Landauer e Martin Buber. Quelli che ho citato sono solo alcuni dei nomi dei filosofi che hanno percepito in Nietzsche una svolta radicale; certamente ve ne sono altri, ma dovremmo chiederci piuttosto da cosa sia dipeso tutto questo. Uno dei temi di questo articolo è l’importanza avuta da Eraclito nella formazione del pensiero radicalmente nuovo di cui Nietzsche si è fatto portatore. È come se, al termine di una lunga tradizione idealista che contrapponeva un mondo del dover essere statico come mondo vero e un divenire come pura apparenza [2], fosse rimasta solo l’apparenza. È così che si esprime Nietzsche in Crepuscolo degli idoli: il mondo reale è divenuto una favola; questa è la morte di Dio e tutta la filosofia di Nietzsche è dedicata alla comprensione delle conseguenze che derivano da questo fatto. Comunque è lo stesso Nietzsche, sempre in quello scritto, a dirci che già Eraclito aveva riconosciuto nel mondo apparente l’unico mondo esistente. Questa affermazione non significa che bisogna pensare come assolutamente reale lo stato di cose che si offre immediatamente ai nostri sensi; questo è certo l’unico mondo che possiamo esperire, ma questo mondo è destinato a mutare incessantemente: non c’è nulla di permanente ed ogni cosa che vediamo si riduce, nell’ottica di Nietzsche, ad interpretazione.
Un secondo tema, forse molto più importante del primo, va qui affrontato: sembra che in Nietzsche non si possa parlare di permanenza delle cose o degli enti, visto che tutti divengono, salvo poi ritornare eternamente. Questo porta con sé l’idea di un’essenza temporale delle cose, di un essere completamente temporale secondo la prospettiva per la quale qualcosa “è” solo in quanto ritornerà. Questa essenza temporale, che deve essere riferita anche all’uomo e alla sua anima, è uno dei temi forse più importanti di un certo filone del Novecento che attraversa molti filosofi famosi: Bergson, James, Husserl, Heidegger, Bachelard, Deleuze. Il tema principale di Eraclito è il divenire; proprio esso va visto come l’argomento che ritorna ad essere al centro dell’attenzione. Il divenire viene anche pensato come parte integrante dell’anima, come accade ad esempio in Bergson. Esso è diventato il fatto della coscienza, il vissuto, un perno per tornare ad una filosofia che ricomincia ad interessarsi della vita. Dopo tutto la fenomenologia di Husserl adopera molto la logica, ma essa parte sempre dai vissuti, dalle esperienze pre-categoriali, dagli atti intenzionali della coscienza e quindi dal mondo della vita. Eraclito parla di divenire, come se vi fosse un solo divenire o un solo tempo per ogni ente. Nel Novecento, invece, anche grazie alle scoperte in fisica di Einstein sulla relatività, si comincia a parlare di durata, in particolare di durata come fenomeno della coscienza. Quest’ultima idea si può riassumere in questo modo: noi percepiamo la realtà come successione di eventi, non perché così è, ma perché noi duriamo; noi siamo essenzialmente temporali. Inoltre non c’è un solo tempo, ma molti tempi. Questo studio userà Eraclito come filo conduttore sul tema per mostrare come i cinque protagonisti citati si riallaccino idealmente ad Eraclito, ad una filosofia dimenticata che ritorna.
Note
[1] Nietzsche, Friedrich, Opere complete. Crepuscolo degli idoli, Adelphi, Milano, 2014, vol. VI***, p. 66.
[2] Forse questa tradizione potrebbe avere come antenato, ancora prima di Platone, proprio Parmenide. Il parricidio di Parmenide acquisisce un nuovo senso perché si riconosce Parmenide come padre rispetto alla filosofia di Platone.
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