Temi e protagonisti della filosofia

L’opera “Sullo Spirito Santo” di Basilio Magno

L’opera “Sullo Spirito Santo” di Basilio Magno

Nov 14

 

Articolo precedente: Psyché e pneûma in Talete e Anassimandro di Mileto

 

Basilio di Cesarea (330-379) ricevette dal padre la prima istruzione, continuò poi gli studi a Costantinopoli e Atene divenendo un retore di successo. Dopo il battesimo, entrò in contatto con l’esperienza anacoretica egiziana e ciò segnò la profonda scoperta e lo sviluppo della sua vocazione. La vita in solitudine durò però ben poco. Eusebio, vescovo di Cesarea, verso il 364 lo scelse come collaboratore e lo ordinò presbitero avviandolo a quella carriera ecclesiastica che culminò nel 370 con l’assunzione dell’episcopato. La lotta contro l’eresia fu uno degli scopi principali della sua vita in quanto a Basilio importava soprattutto il raggiungimento dell’unità della Chiesa lacerata, a quel tempo, da un gran proliferare di sette eterodosse.

Uno dei temi più dibattuti nel IV secolo è legato alla definizione della Terza Persona della SS. Trinità. In questa delicata materia Basilio è uno dei punti di riferimento più importanti. Fino a quel momento, le discussioni dogmatiche erano limitate alle Persone del Padre e del Figlio attorno alle quali esistevano però abbondanti riferimenti scritturistici. Quando l’interesse si concentrò sullo Spirito, le testimonianze bibliche erano insufficienti, quindi il ruolo della tradizione divenne preminente.

L’opera Περι του Αγιου Πνευματοσ (Sullo Spirito Santo) datata 375 diviene famosa, assieme a Lettere a Serapione di Atanasio, perché combatte la dottrina eretica dei macedoniani, cioè di coloro che negavano la divinità dello Spirito Santo ritenendolo creatura del Figlio. Lo Spirito, chiarisce Basilio, è intimamente legato al Padre e al Figlio; questo è palesato dal fatto che Esso non è una tra le creature ma è unico, come unici sono il Padre e il Figlio. Lo si chiami Spirito a causa della sua natura incorporea, puramente immateriale e semplice; ma Esso condivide identica natura con le altre due ipostasi.

Il legame veterotestamentario pnêuma-soffio, che attraversa anche la cultura ellenica, è esposto da Basilio nel capitolo dedicato al rapporto tra le tre Persone:

Si dice che lo Spirito Santo è da Dio: non al modo in cui ogni cosa è da Dio, ma come colui che proviene da Dio: non al modo della generazione, come il Figlio, ma come soffio dalla sua bocca. Evidentemente non parlo di bocca corporea, né il soffio è un alito che si dissolve. L’espressione va intesa in modo degno di Dio, per cui questo soffio è sostanza vivente, che ha potere di santificazione. Questo simbolo ci aiuta a capire meglio l’intimità delle Persone, ma il loro modo di esistenza resta indicibile (Basilio, “Sullo Spirito Santo”, 18, 46).

Lo Spirito è in grado di perfezionare le creature; vive senza bisogno di rigenerarsi e rifornisce di vita. Esso perfeziona in maniera particolare gli esseri razionali portando a compimento la loro eminente dignità:

Lo Spirito Santo è sorgente di santificazione e luce intelligibile. Offre a ogni creatura ragionevole se stesso e con se stesso luce e aiuto per la ricerca della verità. Inaccessibile per natura, può essere percepito per sua bontà. Tutto riempie con la propria forza, ma si comunica solo a quelli che ne sono degni. A essi tuttavia egli non si dà in ugual misura, ma si concede in rapporto all’intensità della fede (Basilio, “Sullo Spirito Santo”, 30, 77).

Il rapporto pnêuma-psyché s’inserisce in due importanti filoni di ricerca per il pensiero cristiano del IV secolo. Da un lato abbiamo la ricerca antropologica basata su Genesi 1,26, dove si descrive la creazione dell’uomo; dall’altro l’azione dello Spirito sull’individuo quale fonte di carismi e di divinizzazione dell’essere umano.

La grazia dello Spirito, in colui che l’ha accolta, è perennemente presente anche se non sempre in atto:

[Come] l’arte è in potenza nell’artista, in atto lo è quando egli operi a sua norma. Altrettanto lo Spirito da una parte è sempre presente a chi ne è degno, dall’altra opera secondo la necessità, o in profezie, o in guarigioni, o in altre azioni prodigiose. Come nei corpi ci sono la salute, il calore, o in genere disposizioni passeggere, così spesso è presente lo Spirito nell’anima; ma egli non permane in quelli che per l’instabilità del carattere rifiutano alla leggera la grazia che hanno ricevuto (Basilio, “Sullo Spirito Santo”, 26, 63).

L’esposizione basileiana procede su una linea di sincretismo filosofico per cui, elementi che appaiono molti vicini all’etica stoica, sono espressi con terminologia tipicamente platonica.

Basilio non si limita però a definire lo Αγιου Πνευματοσ e la sua azione nell’interiorità del credente. Da asceta e uomo spirituale approfondisce il legame di unione tra l’anima umana e lo Spirito divino. Esso purifica l’anima dal peccato e la divinizza:

Quanto all’unione dello Spirito con l’anima, essa non consiste in una vicinanza di luogo (come ci si potrebbe avvicinare corporalmente a un essere incorporeo?), ma nello stare lontano dalle passioni che sorgono nell’anima, a causa del suo amore verso la carne che l’allontanano dall’intimità di Dio» (Basilio, “Sullo Spirito Santo”, 9, 23).

L’illuminazione spirituale tocca prima l’anima e il cuore, poi l’intelletto. Le anime portatrici dello Spirito sono riconoscibili in quanto si comportano come corpi trasparenti attraversati dalla luce: esse stesse divengono pienamente spirituali e la grazia traspare in loro.

Basilio rileva anche il fondamentale ruolo dello Αγιου Πνευματοσ presente nell’uomo per la futura risurrezione dei corpi:

Il nostro accesso all’intimità con Dio si compie mediante lo Spirito. Infatti «Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» La risurrezione dai morti è operata dallo Spirito. «Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Basilio, “Sullo Spirito Santo”, 26, 61).

 

Bibliografia

A. BROMBIN, Il respiro dell’anima. Distinzione teologico-filosofica tra anima e spirito, Aracne Editrice, Roma 2014.
 


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