L’anima e il corpo nel “De resurrectione mortuorum” di Tertulliano
L’anima e il corpo nel “De resurrectione mortuorum” di Tertulliano
Gen 09
Tertulliano (160-240) nacque da genitori pagani a Cartagine, dove visse sempre. Di formazione storico-giuridica, la sua conversione fu certamente segnata dalle testimonianze di martiri che conobbe. Apologista rigorosissimo e formidabile polemista contro gli eretici, si riconosce in lui il fondatore della teologia occidentale. Primo teologo in lingua latina, utilizza una sintassi complessa e la sua polemica diviene sovente satira nei confronti dell’avversario.
Il De resurrectione mortuorum è un ampio trattato avvincente per densità di contenuti e per maestria formale delle argomentazioni bibliche e razionali. Tertulliano vi sostiene la fondatezza della speranza cristiana nella risurrezione della carne e asserisce che i corpi risorti conserveranno la medesima sostanza del corpo mortale acquisendo però integrità e incorruttibilità.
In considerazione del fatto che si stavano già diffondendo parecchi movimenti ereticali, egli è consapevole della delicatezza e complessità dell’argomento: «è più difficile credere nella resurrezione della carne che nell’esistenza di un unico Dio» (De resurrectione mortuorum, II, 8).
Tertulliano affronta il tema della resurrezione elencando i titoli di merito che il corpo destinato al martirio dovrebbe possedere per entrare nella vita eterna. In quest’ottica scrive che il corpo non è responsabile del male allo stesso modo dell’anima. Senza dubbio è la debolezza della carne che ci impedisce di entrare in paradiso, ma essa non è intrinsecamente malvagia. Essa è strumento dell’anima non diversamente da qualunque altro oggetto di cui l’uomo si serve. Condannare il corpo significa dunque condannare la realtà meno colpevole in quanto ha commesso il peccato solamente dopo ordine superiore. Dell’anima, dice Tertulliano, difendiamo l’immortalità ed evidenziamo altrettanto facilmente il venir meno della carne, ma dobbiamo anche poi sostenere che con la resurrezione lo stesso corpo viene ricostituito. Di conseguenza Tertulliano rivendica per il corpo il diritto di partecipare alla resurrezione e alla salvezza eterna in quanto compagno inseparabile dell’anima in ogni circostanza. Inoltre, essendo stato plasmato dalla mano di Dio stesso, gli è propria una natura superiore che lo differenzia dal resto del creato (cfr. De resurrectione mortuorum, V, 6).
Assumendo quest’atteggiamento Tertulliano si pose in esplicito contrasto con buona parte della cultura a lui contemporanea. Basti pensare alla forte istanza di condanna del matrimonio − quale momento di dissolutezza e opera carnale − sostenuta non solo da scrittori di tendenze eretiche (Taziano), ma anche da molti altri che si muovevano all’interno dell’ortodossa dottrina (Atenagora, Clemente di Alessandria). Il fatto è che la cultura della tarda antichità era percorsa da forti motivi di ascesi che condannavano il corpo e in genere tutta la realtà materiale. Tertulliano fu quello che noi oggi definiremmo un anticonformista.
Intorno al 180, il filosofo pagano Celso scrisse nella sua opera Alethès lógos (Discorso vero) che i cristiani erano caduti in contraddizione proprio a causa della dottrina sulla resurrezione: parlando del corpo essi cedono alla materialità che tanto vorrebbero evitare. Tertulliano attraverso questo trattato sulla resurrezione della carne rispose a Celso. Egli distinse la realtà fisica del corpo dalle opere che questo può compiere. Ciò consente tra l’altro di affermare che Cristo ha assunto carne umana ma non peccatrice.
Tertulliano sostiene che con la parola “uomo” si indica in primis la sua carne. L’uomo, plasmato dalla polvere del suolo, riceve in seconda istanza dal creatore uno specifico rûaḥ ossia quel “soffio di vita” che lo distingue dagli animali. Anche per questo motivo la carne merita la salvezza.
La resurrezione allora garantisce non solo l’identità umana ma diventa anche espressione dell’unicità divina: «Proprio questa dottrina difende l’unicità di Dio: come, infatti, l’unicità viene scossa quando si nega la resurrezione della carne, così essa viene confermata quando la si rivendica» (De resurrectione mortuorum, II, 11).
Bibliografia
- A. BROMBIN, Il respiro dell’anima. Distinzione teologico-filosofica tra anima e spirito, Aracne Editrice, Roma 2014.
- TERTULLIANO, La resurrezione della carne, C. Moreschini (a cura di), UTET, Torino 1999 (2° ed.).