Il viaggio in Tibet di Ippolito Desideri (8)
Il viaggio in Tibet di Ippolito Desideri (8)
Gen 11
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Conclusioni
«L’anima tormentata dalla parzialità non conoscerà mai la pace» – scrive Desideri in tibetano. Ed aggiunge: «Parzialità significa attaccamento alla propria religione fino all’avversione verso un’altra religione» [75]. Un messaggio posto in questi termini suona estremamente attuale e mette il sigillo sul suo edificio metodologico basato sulla necessità di conoscere, approfondire e studiare per poter comprendere. Nel 1700, però, l’interpretazione occidentale dell’opera di Desideri fu tutt’altra. Troppo in anticipo sui tempi – come disse Tucci –, potenzialmente scomodo nel procedere della gerarchia romana, che rispettava altri ritmi, ordini e modi.
Tornando indietro di trecento anni, a Roma Desideri conclude con amarezza che doveva essere considerato un pazzo se la sua impresa non fosse stata compiuta per fini religiosi, «ma più tosto a solo fine di sturbar la giurisdizione di Propaganda» [76], come affermato dai cappuccini. Desideri non si dà pace, probabilmente comprende che stava volando troppo in alto, e nella sua seconda difesa ripercorre in un efficacissimo flashback i suoi viaggi:
Per arrivar là a quel terzo Tibet, chi potrà mai concepire quanti viaggi, quanti, e quanto orribili patimenti, e quanti pericoli mi costasse? Non dirò niente delle tempeste incontrate nel Mediterraneo, o nell’Oceano, e de’ disagi d’una lunga navigazione fin’a Goa. Da Goa a Surat: da Surat, per caldi intollerabili dover’attraversar tutto il Mogol da Mezzogiorno a Settentrione. Dover superar torrenti, ghiacci, Caucasi, freddi orribilissimi. Per più mesi, nelle mutazioni di climi, cader gravemente infermo nel viaggio, senza medici, senza medicine, e senza verun conforto. Perder gl’occhi tra le nevi continue. Per due mesi viaggiare a piedi, tra orribilissimi precipizj, che nessun può immaginarseli. Dà 9 Ottobre fin à 4 di Gennaro passar’un rigidissimo deserto pieno di nevi, di ghiacci, di monti penosissimi, e di freddi affatto intollerabili. Per 10 mesi di viaggio da Cascimir fin’a Lhasà, soffrir continua fame, e sete, dormir su’l suolo, a cielo scoperto, fra nevi, e ghiacci, e fra altri disagi atti a metter orrore in chi li leggesse. In somma, patir’un’Inferno di patimenti da non potersi spiegare. [77]
Queste sue ultime parole suonano e risuonano anche a trecento anni dalla sua impresa. Perché un’avventura normale termina con la morte del protagonista e con essa termina anche la sua storia. Al massimo c’è un epilogo dove si tessono le lodi e si decantano i meriti dello scomparso. Ma questa non è una storia normale, per cui occorre un nuovo capitolo. Da Gherardo Nerucci, primo a scovare nel 1875 la Relazione di Desideri, ad oggi, si continua a ricercare e rendere merito al gesuita pistoiese. Il nuovo capitolo da compiere è quello di rendere giustizia alla vita e all’impresa di un grande cercatore, ma soprattutto occorre rendere effettivi e proficui i suoi conseguimenti
per orientare un sistema di valori che privilegi la ricerca appassionata e disinteressata della verità come base sia della realizzazione personale, sia dell’incontro pacifico e armonico di tradizioni e culture diverse, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, come dicono i buddhisti, o, in termini cristiani, per il compimento del disegno di amore originatore della creazione. [78]
All’interno di un’ottica dell’eterogenesi dei fini, Desideri recita un ruolo da protagonista. Non è invece in linea con i suoi tempi, in relazione ai quali il suo metodo palesa una sostanziale discrasia. Muore in solitudine, viene ignorato e dimenticato, ma risorge continuamente e con maggior forza nel trascorrere del tempo. È un uomo multiforme che torna attuale: viaggiatore, esploratore, geografo, etnologo, filosofo, scienziato, antropologo, letterato, storico, certamente religioso, precursore del dialogo e dell’incontro con l’altro. Il tutto condito con onestà, schiettezza, carisma. Personifica l’universalizzazione del sapere, anticipa molte scoperte scientifiche e molti dibattiti storico-religiosi di piena attualità, come ad esempio quello sul buddhismo come religione o non religione.
Luigi Foscolo Benedetto inserisce il suo agire in un orizzonte filosofico platonico:
Lo attirava l’ignoto dei paesi e delle anime; domandava ai vecchi libri il segreto della vita; per lui conquistare voleva dire conoscere e conoscere voleva dire amare… Come tutti quelli che hanno dato uno scopo alla loro vita, che hanno realmente vissuto un loro sogno, il Desideri resta fedele all’idea eroica che ha infiammato la sua giovinezza. Ha agito, prima di parlare. Ed ora parla perché altri riprenda l’opera interrotta e la compia. [79]
Ecco l’effetto di ritorno della sua attività missionaria! Si fa interprete dell’altro per comprenderlo; dalla missione come terra di crisi, riporta in occidente una modalità operativa nuova, orientata con passione ad una sempre più profonda ricerca della verità. È un uomo ligio e scrupoloso nel suo procedere e – come lo definisce Bargiacchi in ogni suo saggio – alfiere del dialogo, dell’incontro pacifico fra tradizioni diverse. Le potenzialità ancora parzialmente inespresse delle opere di Ippolito Desideri possono offrire perciò molte risposte alle necessità socio-politiche contingenti.
Note
[75] MITN 1952-56, V, pp. 39-40.
[76] MITN 1952-56, I, difesa II, punto 38.
[77] MITN 1952-56, I, difesa II, punto 38, ff. 15v.-16r.
[78] BARGIACCHI 2006a, p. 119.
[79] BENEDETTO 1928, p.14.
Bibliografia
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MITN 1952-56
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