Temi e protagonisti della filosofia

La logica stoica VIII. Retorica (e varie amenità triviali)

La logica stoica VIII. Retorica (e varie amenità triviali)

Feb 23

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Per gli stoici, come abbiamo visto, la retorica è, assieme alla dialettica, uno dei due settori fondamentali della logica. Esse infatti differiscono non tanto per il contenuto, quanto per la forma. Tuttavia, c’è una differenza anche riguardo all’accesso epistemico al contenuto: mentre la dialettica se lo procaccia autonomamente, la retorica lo mutua da essa e si limita a conferirgli una bella forma, atta a convincere l’uditorio. Condizione necessaria per divulgare in modo ornato la verità ad un pubblico silenzioso è insomma saper dimostrarla anche in modo stringato e rigoroso dialogando serratamente con l’avversario. Elementi dell’orazione sono: invenzione (nel senso di reperimento) degli argomenti, loro espressione verbale, disposizione e vivace rappresentazione; le parti sono: proemio, rassegna dei dati, confutazione delle tesi avversarie ed epilogo (riassuntivo, non emozionale: la retorica deve far leva sul logos, non sui pathe).

L’approccio stoico alla logica, certo criticabile dai punti di vista sistematico e concettuale, dai punti di vista storico e didattico godrà di enorme fortuna: nella tarda antichità e nel medioevo, vi si conformerà il curriculum studiorum previsto dal trivio, tripartito in grammatica (resa indipendente da Crisippo), dialettica e retorica. Facciamo solo due esempi, di epoca tardoantica e di ambiente africano, tra quelli che hanno avuto ricadute maggiori per la storia della cultura.

Agostino, mentre maturava la sua conversione al cristianesimo, aveva in animo di esporre in compendi le discipline liberali nel quadro dell’osmosi tra nuova religione ed elementi ad essa funzionali della cultura classica già propugnata nell’oriente greco dai padri cappadoci. Siamo incerti sul manuale di grammatica, ma ci resta il De dialectica (vedi Agostino, Tutti i dialoghi, a cura di Giovanni Catapano). In seguito abbandonò il progetto per motivi teoretici: man mano che conquistava gli spazi dell’interiorità, dischiusi dalla versione paolina del cristianesimo, perdeva fiducia nell’adeguatezza ontologica del linguaggio e nella fecondità spirituale delle rigide tassonomie della cultura formale (vedi il De magistro).

Ora, un’introspezione priva di conseguenze effettuali era perlopiù estranea all’esternalismo della cultura antica, nata dalla messa in forma poetica, ad opera di Omero, del ricordo di una frenetica società tribale basata sull’etica della vergogna: quel che sei è quello che si dice di te, che il più delle volte, ma non sempre, veicola quel che mostri di saper fare davanti agli altri, in primis uccidendo chi è fuori dal branco (‒ Ma io non volevo, non sapevo, non era mia intenzione! ‒ Questi sono fantasmi: ciò che fai ti rivela, si spande in fama e muove catene di eventi che dovrete subire tu e la tua comunità). L’uomo è insomma un animale socialmente braccato. Dalla sublimazione di quest’ossessiva ansia da prestazione matura l’agonismo greco, la volontà di potenza e superamento di sé e degli altri in tutti i campi: la miglior difesa contro il pubblico biasimo è l’attacco pratico-poietico, il darsi da fare (o il controllare i media in modo che ti facciano apparire un eroe anche se sei un tersite inutile e dannoso), ma il vero colpo di genio sarà la neutralizzazione teoretica dell’esuberanza oncogenetica delle imprevedibili soggettività altrui nelle strutture impersonali dell’essere (filosofia). A reintrodurre la persona in questo novello cosmo irenico penserà infine il cristianesimo. Dalla giungla performativa della competizione alla comunità d’amore il salto è notevole. Come poi dalla comunità d’amore sia nata l’alienante economia di mercato lo si analizzi in sedi più ingaggiate (ma il pugno chiuso c’è già qui).

Grammatica, dialettica e retorica figurano inoltre tra i regali di nozze portati da Mercurio a Filologia secondo l’enciclopedia allegorica (De nuptiis Mercurii et Philologiae) di Marziano Capella. Si noti il crocevia: il grande oratore Agostino vuol traghettare la crème dei classici nel catechismo del cristiano dotto, ma l’avvocato pagano Marziano perora la superiorità culturale degli auctores latini contro gli umili piscatores galilei.

Visto che siamo in tema, ecco, con se e ma e controfattuali, una conclusione patetica nonché gonfia, colla quale dunque trasgrediamo i precetti stoici. Ah, se solo il dogmatismo della filosofia ateniese del III secolo si fosse imbevuto del coevo costruttivismo della matematica alessandrina, il consumismo della parassitaria romanitas non avrebbe ucciso sul nascere la scienza occidentale tagliando e dirottando (intenzionalmente) sui bisogni subordinati i finanziamenti al e bruciando (accidentalmente…) i supporti del sapere. Il tribunale della ragione, non già nelle reumatiche prussiche nebbie sibbene sotto il cocente sol greco dell’avvenir non avvenuto, avrebbe vegliato senza pastoie burocratiche ma con plasticità strutturale sul sicuro corso della ricerca inesausta nel contenuto eppur finalmente stabilita saldamente nella forma, quantunque in generale.


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1 comment

  1. Sean F. Boloais

    “la neutralizzazione teoretica dell’esuberanza oncogenetica delle imprevedibili soggettività altrui nelle strutture impersonali dell’essere (filosofia)”
    XD
    geniale!

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