Temi e protagonisti della filosofia

La logica stoica. II. Suddivisione

La logica stoica. II. Suddivisione

Dic 29

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Come gli epicurei, gli stoici, su spunto accademico, tripartiscono la filosofia in logica, dotata di primato metodologico-gnoseologico, fisica, dotata di primato ontologico, ed etica, dotata di primato assiologico (di valore). Quello precedente è l’ordine di trattazione secondo il fondatore Zenone e il rifondatore Crisippo: nell’esposizione la logica sta al primo posto.

Zenone è autore di una Logica (ovviamente perduta) ed è il primo a usare il termine “logica” in senso tecnico. Egli bipartisce prearistotelicamente la logica in dialettica e retorica. Il discorso (logos), infatti, ha due possibilità: o è conciso e argomenta stringentemente (pugno chiuso) o è continuo e persuade diffondendosi con espressione forbita (mano aperta con le dita distese); tertium non datur.

Da parte sua Crisippo introduce nella dialettica il nuovo settore della grammatica. Ora, questa non è un aneddoto trascurabile (per la serie: “la grammatica lasciamola alle elementari, noi studiamo filosofia al liceo, all’università o nell’otium del libero cultore!”): le fonti aristoteliche e stoiche della grammatica greca e romana interessano molto Heidegger a motivo della concettualità veicolatavi, plasmatrice inavvertita di categorizzazioni ormai tanto ovvie da essere date per scontate ma nient’affatto neutre, innocue o sondate in tutta la loro ricchezza implicita (vedi per esempio Introduzione alla metafisica).

La logica stoica, in quanto fondazione gnoseologica di un sistema dogmatico, implica però anche una canonica (dottrina dei canoni o criteri di verità). Alcuni stoici staccano la canonica a mo’ di premessa dell’insegnamento: la parte più “formale” della dialettica sarà lo squisito dessert e non il sostanzioso primo. La correttezza sintattica è infatti subordinata alla verità semantica, cosicché il calcolo proposizionale dischiuso dai nostri autori, pur essendo strutturalmente astraibile (come sanno a loro spese gli studenti del corso di logica base, caduti dal paradiso della filastrocca di opinioni all’inferno della sfilza di dimostrazioni), storicamente è stato elaborato dagli stoici con lo scopo eteronomo di difendere una gnoseologia, e quindi un’ontologia, molto ben determinate sul terreno più ampio di ciò che gli avversari non possono negare in quanto legge universale del pensiero o regola meccanicamente eseguibile. Un uso strumentale, come direbbero i nostri bravi politici.

Per scontentare pure qualcun altro, bisogna anche tener conto che in questa logica imbastardita colla gnoseologia s’infiltrano considerazioni di psicologia cognitiva, che a sua volta non deve configgere, al pari della gnoseologia, col materialismo della fisica. Così si bada alle mediazioni soggettive che processano il contenuto rappresentazionale elaborandolo e travasandolo da una facoltà all’altra molto più che ai caratteri intrinseci di tale contenuto, studiati brillantemente da Aristotele. Man mano che ci si stacca dall’input sensoriale verso l’output intellettuale si perde il contatto col corporeo, di modo che si deve stare attenti a non decostruire il materialismo per via gnoseologica. E’ chiaro che tutto ciò pesa sulla finezza e sull’autonomia dell’analisi; in effetti, il pregio o il limite delle filosofie antiche, aristotelismo e ricerca scientifica particolare a parte, sta nel non distinguere diversi piani di discorso, o nel non dar loro pari dignità, rispetto a quello ontologico come si usa oggi che un materialista in sede di ontologia non ha certo orrore dei numeri perché non li ha mai incrociati per via.

Più di duemila anni dopo, Kant, che simpatizzava soprattutto per l’etica stoica, distingueva ancora, nella logica generale, una logica formale e una trascendentale (gnoseo-logica), si scusava per lo stile poco lavorato e censurava accanitamente le pretese metafisiche del canone.


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