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La fisica stoica V. Provvidenza

La fisica stoica V. Provvidenza

Mar 20

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Gli stoici assegnano alla provvidenza (pronoia) una funzione più sistematica che teologica. Giacché infatti il logos produce ogni cosa come unica, perfetta e finalizzata in sé, ma anche come coordinata con le altre nell’armoniosa struttura razionale del cosmo, ecco che tale passaggio cruciale da teleologia individuale a cosmologia universale non può rimanere una soluzione immediata, ma è giustificato ricorrendo appunto alla provvidenza.

Dato il radicale olismo della natura, nessun ente, per ininfluente o inflazionistico che appaia, ha un comportamento ecologicamente caotico o chiuso: la qualità, la determinatezza degli individui è non solo tolta ma anche istituita dalla connessione coll’intero cosmo, la quale a sua volta è orchestrata dal logos provvidente. Detto altrimenti, siccome il cosmo stoico non è un eden fissistico di essenze quiete ma un organismo unitario in evoluzione, la salute del mondo non può essere compromessa dal comportamento canceroso neanche di una singola cellula, che, per quanto minuscola, possa contagiare l’intero grazie alla connettività universale. Questo brillante giro di pensieri si coagula nel concetto di provvidenza.

Ora, l’accordo tra universale e individuale, intelligibile e sensibile, forma e contenuto, secondo teorie estetiche da sempre influenti, è raggiunto dall’arte. È interessante quindi che la natura-logos-dio sia definita da Zenone un fuoco artefice che procede con metodo più raffinato e meno fallibile della mano di qualsiasi artista umano alla creazione e al mantenimento dei suoi prodotti nel giusto limite, contenendone gli appetiti violenti e irrazionali all’interno delle direttive dello sviluppo universale.

Il fine di ciascun ente è un bene anche per il cosmo solo fintantoché è utile agli altri enti, ma quando i due beni non coincidono più, il logos trasforma l’individuo (eufemismo: lo uccide (il fuoco lascia il corpo, donde la morte per assideramento ontologico), ma dipende (non dai punti di vista, bensì) dal punto di vista o dalla mancanza del punto di vista) prima che la persistenza diventi parassitaria e destabilizzante: ubi maior

Al che, cose di poco animo e animali subumani si sottomettono ai decreti della provvidenza senza opporsi, ma anche senza essere riflessivamente coscienti delle ragioni universali di ciò che tocca loro in sorte. Gli animali razionali (cioè, parrebbe, gli uomini), invece, sono liberi, nel senso non che possono fare quello che vogliono bensì che possono saggiamente accettare il sacrificio del loro bene egoistico a quello comune nella misura in cui posseggono la scienza dei legami universali, coi quali s’identificano più che col loro piccolo io, o pretendere stoltamente di mantenere la loro continuità personal-corporea a detrimento della natura, magari con mezzucci tecnici (in contrasto con la theoria puramente disinteressata e impersonale del saggio di prima). Ma così, lungi dal salvarsi, finiscono male come un cane col guinzaglio appeso a un carro che invece di stare al passo del veicolo tergiversa o si pianta testardo (e poi decollato).


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1 comment

  1. L’equilibrio universale, inteso nella sua totalità, è sempre dato dalla somma dei disequilibri parziali da cui è composto. Valendo la norma che vuole essere ogni totalità più della somma delle sue parti, bisogna dire che questo equilibrio totale costituisce la Provvidenza per la quale ogni elemento di questo ordine universale tende a riequilibrarsi cercando di armonizzarsi ai princìpi universali ordinatori. Lo fa attraverso il movimento, allo stesso modo di un passo mosso che cerca e prepara il passo che seguirà.

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