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PROPRIETA’ DEI QUANTIFICATORI 2, “LA VENDETTA ESISTENZIALE”

PROPRIETA’ DEI QUANTIFICATORI 2, “LA VENDETTA ESISTENZIALE”

Set 19

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Dopo aver sorbito un bicchiere colmo di arido dolore e risentimento per tutta l’attesa di un nuovo post logico in queste ultime due settimane, ritorna, come i brufoli sulla fronte di voi bellissimi giovani che mi leggete ( e di voi bellissimi non-più-giovani con la fronte liscia e scapelluta come la mia) l’appuntamento così atteso con la logica del primo ordine. Leggendo le lettere che in molti mi spedite, con affetto, oggi vorrei rispondere a quella di Giovanni che mi chiede se bevo e se Deva esiste veramente o è un personaggio finzionale sostituibile con una qualsiasi variabile libera come “x”. La mia risposta è che Deva esiste veramente ed è un cane femmina di razza purissima, così pura da essere l’unica del suo preciso blending genomico. Basta però divagare!
Analizziamo i rapporti fra i quantificatori e gli operatori logici di congiunzione e disgiunzione, sempre seguendo il libro di Berto. Valgono le seguenti equivalenze:

ᅡ ∀x (α ⋀ β) ↔ ∀xα ⋀ ∀xβ
ᅡ ∀x (α ⋁ β) ↔ ∀xα ⋁ ∀xβ

Per dire la verità abbastanza intuitive. Vale anche il seguente teorema:

ᅡ ∃x (α ⋀ β) → ∃xα ⋀ ∃xβ

(1)     1      ∃x(α⋀β)                                             Ass
(2)     2       α⋀β                                                     Ass
(3)     2       α                                                            2, E⋀
(4)     2       ∃xα                                                     3, I∃
(5)     2        β                                                           2, E⋀
(6)     2       ∃xβ                                                     5, I∃
(7)     2       ∃xα⋀∃xβ                                        4, 6, I⋀
(8)      1       ∃xα⋀∃xβ                                        1, 2, 7, E∃
(9)                ∃x (α ⋀ β) → ∃xα ⋀ ∃xβ         1, 8, I→

Questo teorema è valido mentre non è valida l’applicazione inversa in cui si scambiano le due parti della formula prima e dopo il condizionale. Infatti, come ci ricorda Berto, il fatto che vi sia un numero che è pari e un numero che è dispari non implica che vi sia un numero che è sia par che dispari. Alla riga “8” possiamo verificare che le regole per l’applicazione di “E∃” sono rispettate ed “x” non compare libera né in “∃xα” né in “∃xβ”, nemmeno in altre assunzioni utilizzate per derivare la formula dal disgiunto tipo.
È inoltre valido il seguente teorema:

ᅡ∀xα ⋁ ∀xβ → ∀x (α ⋁ β)

(1)    1         ∀xα ⋁ ∀xβ                     Ass
(2)    2        ∀xα                                    Ass
(3)    2          α                                         2, E∀
(4)    2          α ⋁ β                                 3, I⋁
(5)    2         ∀x(α⋁β)                          4, I∀
(6)    6         ∀xβ                                   Ass
(7)    6          β                                         6, E∀
(8)    6          α⋁β                                    7, I⋁
(9)    6           ∀x(α⋁β)                        8, I∀
(10)  1           ∀x(α⋁β)                        1, 2, 5, 6, 9, E⋁
(11)                ∀xα ⋁ ∀xβ → ∀x (α ⋁ β)           1, 10, I→

Mentre non è valida l’applicazione inversa ottenibile scambiando le parti di formula prima e dopo il condizionale, cioè: il fatto che tutti i numeri siano o pari o dispari, non implica che tutti i numeri siano pari o che tutti i numeri siano dispari. Anche in questo esempio, l’applicazione di “I∀” implica che le premesse da cui dipende l’applicazione della regola contengono assunzioni in cui “x” non compare libera.
Per quanto riguarda i rapporti fra quantificatori e condizionale, abbiamo inoltre altri due teoremi validi:

∀x(α→β)ᅡ∀xα→∀xβ

∃xα→∃xβᅡ∃x(α→β)

Sono tornato!


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