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LOGICA FORMALE -22-: REGOLA DI INTRODUZIONE DEL CONDIZIONALE

LOGICA FORMALE -22-: REGOLA DI INTRODUZIONE DEL CONDIZIONALE

Mag 02

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La situazione si fa complicata: sto perdendo lettori… E fra poco sarò costretto a mezzacci che il mio cane non approverebbe! Come inserire foto rubate da pirateschi teleobiettivi immortalanti operatori logici nudi mentre si fanno la doccia o mentre si accoppiano su costose lontane spiagge isolane in esotiche stringhe simboliche. La logica è dura, lo capisco, come il cuore dell’uomo che non deve chiedere mai … ma se chiedesse, allora introdurrebbe un condizionale.
E come potrebbe? Senza conoscere la regola per l’introduzione del condizionale nella deduzione naturale? Questa è la terza regola d’inferenza che introduciamo nel nostro minicorso di logica (prima regola era la regola d’assunzione, seconda regola quella di eliminazione del condizionale). Se non vi ho fatto ridere meglio, perché vi toccherà piangere post per post mentre vi arrampicate sulla deduzione naturale vi farò sputare quel poco senso logico che avete nascosto dentro le budella, vi farò odiare di essere esseri razionali! E ora dieci flessioni mentre cantate le tavole di verità degli operatori logici elementari!
Il buon Berto scrive:

In generale, se a un certo passo di una dimostrazione una formula β dipende da una formula α come assunzione, l’introduzione del condizionale consente di concludere α→β. Questo condizionale dipenderà da tutte le assunzioni rimanenti, ma non da α; α sarà cioè per l’appunto una assunzione scaricata […]

Quindi con poca fantasia (ahimè! morirò in un molteplice identico stampo in plexiglass)  copiamo il di Berto argomento schematico, a volte chiamato anche argomento ipotetico puro poiché formato solo da condizionali. Ricordiamo che in questo caso ogni lettera greca è intesa come una metavariabile:
α→β, β→ɣ ᅡ α→ɣ
Silenzio in sala, procediamo quindi con la dimostrazione formale schematica, (“dottor Emmerterghefundus mi passi l’accrappatore numero quindici!”):
(1)  1                     α→β          Ass
(2)  2                    β→ɣ          Ass
(3)  3                    α                 Ass
(4)  1, 3               β                 1, 3, E→
(5)  1, 2, 3           ɣ                2, 4, E→
(6)  1, 2               α→ɣ          3, 5, I→
Nelle righe “1” e “2” abbiamo le due premesse del nostro argomento iniziale e le assumiamo tramite la regola di assunzione “Ass” che ci permette di assumere qualsiasi premessa di cui sentiamo struggente bisogno nella nostra dimostrazione. Nella riga “3” invece assumiamo “α” che è la premessa del condizionale “α→ɣ” che è la conclusione del nostro argomento a cui vogliamo arrivare. La riga “4” in cui figura “β” viene fuori grazie all’eliminazione del condizionale “E→”, appuntamento scorso, secondo la quale dato un condizionale e la sua premessa, si può dedurne direttamente la conclusione. Abbiamo quindi che la riga “4” dipende dal condizionale riga “1” cioè “α→β” e da riga “3” cioè “β” quindi da un condizionale e dalla sua premessa, possiamo quindi applicare la regola d’inferenza per l’eliminazione del condizionale e trovare “β”.
OK, adesso viene il difficile se siete stanchi e sconsolati e non avete accanto una voce amica sul letto vicino a voi che con pelle di pesca vi indichi perché la riga “5” si scrive così. Infatti nella colonna delle assunzioni (cioè quella subito a desta del numero di riga fra parentesi) si legge che la riga “5” dipende dalle assunzioni delle righe “1”, “2” e “3” mentre nella colonna tutta a destra in cui c’è scritto “2, 4, E→” e che chiameremo colonna de “che diavolo è successo?” vediamo che è applicata la regola per l’eliminazione del condizionale sulle righe “2” e “4”. Nella riga “2” abbiamo il condizionale “β→ɣ”, mentre nella riga “4” introduciamo la premessa di quest’ultimo condizionale cioè “β”. Guardando nella colonna delle assunzioni vediamo che la riga “2” dipende solo da se stessa, mentre la riga “4” dipende già da “1” e da “3”, il risultato è che la riga “5” dipende a cascata da tutte le assunzioni già implicate nei righi che abbiamo utilizzato per l’ultima eliminazione del condizionale quindi da “1”, “2” e “3”.
Il nostro obiettivo è dire che “β” cioè una qualche conclusione risulta da “α1,…αn” cioè, barbaramente, che “β” non è campato in aria ma ha un qualche fondamento.

Il nostro obiettivo è dire che (ad esempio) “δ” cioè una qualche conclusione risulta da (ad esempio) “ω1,…, ωn” cioè, barbaramente, che “δ” non è campato in aria ma ha un qualche fondamento.  Formalmente quello che facciamo è dire che: data una formula del tutto generica “δ” esisterà una premessa “[ω]” del tutto ipotetica, secondo cui si può derivare in qualsiasi momento “ω→δ”. Le implicazioni di questo tipo di assunzione sono in realtà molto interessanti ma siccome vi vedo sbadigliare stando qui cercherò di parlarvene la prossima volta.
Tornando perciò alla nostra dimostrazione passiamo alla riga “6” che dipende sicuramente dalle due premesse del ragionamento e cioè dalle righe “1” e “2” e una volta svincolata “ɣ”, attraverso i passaggi precedenti, vi applichiamo la regola di introduzione del condizionale: “I→” al fine di rendere “ɣ” la conseguenza logica di un argomento. Creiamo cioè la possibilità di una premessa “α” (che guarda caso è stata introdotta alla riga “3”) la quale sia condizione del darsi di “ɣ”.

Era meglio il corso di cucina? Assumiamolo. Ora per la prossima volta portatemi la dimostrazione formale.


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1 comment

  1. martina orlandi

    la foto degli operatori logici nudi che si fanno la doccia la voglio pur’io!!! 🙂

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