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La metafilosofia: una meta filosofica

La metafilosofia: una meta filosofica

Mar 04

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Dall’affermazione sulla molteplicità di filosofie discende un secondo corollario, riguardante la natura della filosofia. Abbiamo visto che è possibile applicare la filosofia ad altri saperi, assumendoli come oggetti della riflessione filosofica. Ora, domandare che cosa sia la filosofia, significa assumere come oggetto la filosofia stessa. Ebbene, in questo caso che cosa stiamo facendo?

Se ci atteniamo alla nostra modesta definizione di filosofia, allora discutere in modo razionale che cosa sia la filosofia, quali siano i suoi metodi e i suoi scopi, quali i suoi compiti e i suoi limiti, e che cosa la differenzi da altre forme di conoscenza, significa filosofare. Così, la filosofia avrebbe questa strana caratteristica: mentre non sembra possibile fare chimica della chimica o medicina della medicina, è possibile fare filosofia della filosofia, o metafilosofia.

La filosofia è uno dei pochissimi ambiti intellettuali in cui la discussione e la discussione sulla discussione appartengono allo stesso campo. […] Nel caso della filosofia, sia essa sia la discussione su di essa sono filosofia. Perciò fare metafilosofia è fare filosofia, anche se a un livello diverso (metalivello).

L’annotazione, avanzata da G. Boniolo nel volume Il limite e il ribelle (2003, p. 163), è senz’altro condivisibile, a patto che, come si premura di ricordare l’autore, la discussione obbedisca a certe condizioni. La metafilosofia, infatti, è la riflessione razionale su che cosa sia la filosofia; riflettere razionalmente sulla filosofia significa ancora fare filosofia, sebbene portandosi su un altro livello. (Senza dubbio, avrete già intravisto una miriade di problemi far capolino da queste affermazioni, ma al momento li tralasciamo per tornarci magari in altre occasioni.)

Di conseguenza, rammentando il primo corollario, il filosofo appare un tizio davvero singolare, se paragonato ad altre categorie di persone. Da un lato, egli non fa eccezione quando riflette in modo razionale sulla propria disciplina, perché fa filosofia come tutti gli altri; ma, dall’altro lato e nello stesso tempo, egli fa eccezione, dato che, quando riflette in modo razionale sulla propria disciplina, continua a operare in quella disciplina, diversamente dagli altri.

La storia della filosofia è contrassegnata sia da molte filosofie, sia da differenti metafilosofie, perché pressoché ciascun filosofo ha cercato di capire, e giustificare, la propria attività. Sembra difficile, infatti, se non impossibile, decidere di filosofare senza porsi il problema di che cosa significhi filosofare e avervi risposto, almeno intuitivamente o implicitamente.

È ciò che capita, presto o tardi, a qualunque studente di filosofia che, interrogato su quale sia la sua materia di studio, si sente replicare, nel migliore dei casi: «E che roba è?». Tale replica ha un pregio: invita a esprimere ciò che, altrimenti, rimarrebbe inespresso. Sotto questo aspetto, il “grande” filosofo del passato non è molto diverso dall’odierno studente di filosofia: entrambi, prima o poi, si chiedono che cosa sia quella disciplina di cui si occupano. Con la differenza, non trascurabile, che lo studente ha la fortuna di poter imparare da tutti i grandi filosofi vissuti prima di lui.

Proprio in situazioni come questa la filosofia interseca la sua storia.

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5 comments

  1. Non è un vantaggio l’essere costretti, all’interno di un disquisire attraverso l’argomentare, a un ambito che rappresenterebbe, in definitiva, solo un mordersi la coda. Logica vuole che quando si voglia considerare la sfera del mentale senza essere preda di pregiudizi culturali, sia necessario farlo al di fuori delle costrizioni a cui la sfera psichica obbliga. Per fare questo è necessaria una consapevolezza che sappia oltrepassare le limitazioni inerenti a un raziocinio che si accontenta dei propri limiti conoscitivi, derivati dal non sapersi chiedere quali sono i princìpi di ordine universale dai quali procedere, validi per l’universo intero e che ordinano, legiferando come assi fissi, la realtà del mutamento. Questo è precisamente il dominio della metafisica, ma non è a disposizione di tutti, come lo è la cultura. La consapevolezza dei princìpi universali non deriva dalle opere e neppure dal grado di intelligenza individuale, ma consiste in un’apertura interiore operata dall’Assoluto, attraverso un maestro che ha vissuto la stessa esperienza, in una catena ininterrotta di trasmissioni spirituali che affonda le proprie radici al di sopra della durata temporale. La metafisica è la consapevolezza che non è sottomessa al tempo, ed è una consapevolezza assoluta. È anche la realtà ineffabile più falsificata che c’è.

    • Stefano Corsi

      L’interesse di questi articoli è rivolto a pratiche intersoggettive e razionali, esaminate nel loro ambito di competenza – quindi entro certi limiti. Altri tipi di pratiche, a carattere privato e/o non razionale, per quanto importanti nell’esistenza di ciascuna persona, non sono oggetto di quell’interesse.

  2. Assolutamente d’accordo.

    Volendo proseguire la “formalizzazione”, potremmo definire (una certa) filosofia come “discorso sulle basi di una disciplina”: essendo la filosofia una disciplina, il predicato diadico può avere le due incognite uguali.

    Così, (un po’) come parole in italiano e frasi ellittiche, essa denota se stessa.

    Alla prossima, ciao 🙂

    • Stefano Corsi

      Magari in un prossimo post andremo più a fondo sul tema “metafilosofia”, che mi sembra interessante e ricco di spunti. A presto!

  3. Sovra-razionale non significa irrazionale, ma è la comprensione che la logica attraverso la quale il ragionare procede non include la verità nella sua totalità e non la può comprendere perché la logica è effetto della Verità, non il contrario. La razionalità, per rispettare se stessa, non dovrebbe essere un sistematico avanzare verso la soddisfazione forzata dei propri presupposti, ma avrebbe il dovere di chiedersi in quale dominio può regnare e in quale altro no. Il senso dell’Eterno appartiene a una dimensione intellettuale che supera la durata temporale e le limitazioni spaziali. Non è, l’illuminazione interiore, una realtà privata, ma è una Realtà di ordine sovra individuale e universale che dimora nella possibilità di ogni individuo, e solo il tempo sarà giudice del momento opportuno a che ognuno possa essere pronto ad aprire gli occhi di un’interiorità che costituisce, per tutti, la stessa universalità potenziale. Da questa centralità deriva la possibilità di vedere la Verità attraverso la lente dei suoi princìpi costituenti. Il risveglio spirituale, l’iniziazione, è conosciuto da tutte le tradizioni del pianeta, e il solo fatto di dormire ancora non concede il diritto di escludere la sussistenza di possibilità solo perché non le si è ancora sperimentate.

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