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LOGICA FORMALE 29: REGOLA DI INTRODUZIONE DELLA NEGAZIONE

LOGICA FORMALE 29: REGOLA DI INTRODUZIONE DELLA NEGAZIONE

Giu 20

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Oggi cercherò di essere formale: salve. Aprite il vostro libro di logica formale alla pagine 284 e non fissate la smagliatura sulle mie calze a rete! Ora ripetete con me: “the conditional is on the table”…
La regola di introduzione della negazione “I¬” dice che, assunta una qualsiasi formula “α”, se possiamo derivare da questa una contraddizione, ovvero se possiamo ottenere da “α” sia una formula “β” che “¬β”, allora possiamo negare la formula di partenza e cioè ottenere “¬α” e alla fine scaricare senza rammarico la formula di partenza “α”.
Abbiamo così delineato una dimostrazione che si avvarrà di almeno tre premesse cioè la formula di partenza “α” e le due formule contraddittorie “β” e “¬β” derivabili da “α”.
Questo tipo di procedimento è chiamato in latino reductio ad absurdum e, come ci ricorda il buon Berto, su questa procedura si basava la confutazione dialettica di Socrate. Si sa, che Socrate dicesse di sé: “so di non sapere”, ma questo dimostra la conoscenza che la contraddizione è sempre falsa. Infatti Socrate per far cadere in fallo le tesi del suo interlocutore di turno le assumeva provvisoriamente come valide e poi mostrava come da queste si potesse dedurre una contraddizione, col risultato di confutare le tesi avversarie. Ora, Hegel non sarebbe del tutto d’accordo, ma anche questa è un’altra storia.
Adesso consideriamo l’esempio di Berto:

P → Q, P → ¬Q ᅡ ¬P

(1)    1               P→Q            Ass
(2)    2               P→¬Q        Ass
(3)    3               P                  Ass
(4)    1, 3           Q                 1, 3, E→
(5)    2, 3          ¬Q               2, 3, E→
(6)    1, 2           ¬P               3, 4, 5, I¬

Come detto precedentemente questa dimostrazione altro non dice che se da una formula è derivabile una contraddizione (“Q” e “¬Q” in questo caso) allora possiamo derivare la negazione o la contraddittoria della formula iniziale, mostrando così l’inconsistenza della formula iniziale.
Con questa nuova legge introdotta oggi possiamo dimostrare anche il seguente teorema:

LEGGE DI AUTOCONTRADDIZIONE

ᅡ (α → ¬α) → ¬α

(1)    1              α→¬α        Ass
(2)    2             α                   Ass
(3)    1, 2        ¬α                1, 2, E→
(4)    1             ¬α                2, 2, 3, I¬
(5)                    (α→¬α)     1, 4, I→

Alla riga “4” la formula “I¬” si applica due volte sulla riga “2” intendendo “α” sia come la formula iniziale, sia come la formula che si vuole negare insieme a “¬α” per ottenere le tre premesse necessaria all’applicazione di “I¬” cioè “α” come formula iniziale, ancora “α” come formula della contraddizione derivata da “α”, quindi “¬α” come contraddittoria del secondo “α” (che di fatto è anche il primo). Questo si fa poiché è implicito che ogni formula segue da se stessa, cioè obbedisce al principio di autoidentità. La legge di auto contraddizione è anche chiamata reductio ad absurdum e dichiara che se una formula implica la sua negazione, essa va senz’altro negata come contraddittoria.
Altro schema dimostrabile con la legge odierna è il modus tollendo tollens o per gli amici modus tollens:

α → β, ¬β ᅡ ¬α

che ora dedurrò senza libro sotto i vostri occhi attenti e senza carte nelle maniche o cani meccanici:

(1)    1    α → β        Ass
(2)    2    α        Ass
(3)    1, 2    β        1, 2, E→
(4)    4    ¬β        Ass
(5)    5    ¬α        1, 2, 4, I¬

Significa brevemente che negando il conseguente di un condizionale si può togliere, ossia negare, antecedente nella conclusione del ragionamento.

Da cui il teorema corrispondente che si ottiene con l’applicazione di due passi di “I→”:

LEGGE DI CONTRAPPOSIZIONE (DEBOLE)

ᅡ (α → β) → (¬β → ¬α)

Osserviamo con questo teorema che la negazione inverte le relazioni di implicazione: cioè se “α” implica “β”, allora la negazione di “β” implica la negazione di “α”.

Se trovate degli errori vado nella stessa cella di Lele Mora, alla prossima!


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