Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (3)
Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (3)
Feb 13Articolo precedente: Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (2)
1.3 Realismo diretto
Pur riconoscendo la relazionalità tra pensiero umano, linguaggio, segni e oggetti del mondo, Putnam non si assume il compito di indagare la dinamica intrinseca a ciascun sapere, l’incontro tra il conoscente che formula la teoria e il conosciuto che pone limiti epistemologici alla stessa teoria, fondando la relazione educativa.
Il realismo interno, pur riconoscendo la complessa problematicità che caratterizza l’oggettività, rimane sostanzialmente indifferente rispetto alla relazione ragione‐creatività, quindi rispetto alle imponderabili successioni formative/trasformative, che concorrono in primis a disvelare il lato più propriamente umano della soggettività, l’identità umana che rende ciascun individuo un essere unico e irripetibile.
A metà degli anni Novanta, Putnam comincia a ripensare e ridimensionare anche il suo realismo interno, considerandolo un fuorviante tentativo di sostituire l’inintelligibile del realismo metafisico. Le tesi del realismo metafisico non vanno solo negate – come faceva il realismo interno – perché la negazione di asserzioni inintelligibili è a sua volta inintelligibile.
In Sense, Nonsense and the Senses (1994), Putnam si mette alla ricerca di un modo per ottenere una maniera ragionevole per render conto dell’esperienza, provando a rispondere alla fondamentale domanda della filosofia della percezione: In che modo percepiamo il mondo?, tentando di imboccare una “terza via” tra la metafisica reazionaria e il relativismo irresponsabile. Molti dei problemi filosofici per Putnam sarebbero causati da un’idea di percezione, affermatasi col pensiero moderno e poi implicitamente adottata anche dalle emergenti scienze cognitive, basata sul postulato di una qualche entità intermedia. Sia il realismo metafisico che quello interno hanno questo punto debole, di ritenere che la percezione comporti un’interfaccia tra la mente e gli oggetti esterni che percepiamo; interfaccia che è supposta consistere di “impressioni”.
Putnam ritiene necessario un ritorno alla percezione diretta, non mediata, che rinunci all’idea di interfaccia. La nuova forma di realismo che sviluppa è il realismo diretto, che insiste sull’idea che le cose esterne possono essere esperite (e non solo nel senso circolare di causare esperienze, intese come modificazioni della nostra soggettività).
Anche i concetti di verità, sia del realismo metafisico (verità come corrispondenza) sia del realismo interno (verità come interna a un linguaggio), risultano oscuri e problematici. La verità è una relazione rappresentazionale fra le espressioni del linguaggio degli utenti e una realtà largamente non-linguistica. È una nozione che coinvolge il mondo, come lo sono le nozioni di credenze e pensiero, intrecciate con le nostre abitudini pratiche di azione nel mondo in cui viviamo, sia sociale che naturale.
Questa nozione di verità è descritta come pragmatista, non nel senso di appartenenza a una teoria rivale delle altre, ma nel senso dello spirito pluralistico del pragmatismo: tutte quelle posizioni catturano qualcosa di genuino ma nessuna coglie l’intima natura della verità.
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