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La filosofia politica di Gilles Deleuze (17)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (17)

Ott 06

 

 

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17. Da dove nasce lo Stato?

In Mille piani si trova un saggio che si intitola “L’apparato di cattura”, ne L’Anti-Edipo invece un capitolo molto denso dal titolo “Selvaggi, barbari e civilizzati”; entrambi hanno in primo luogo lo Stato come oggetto di indagine. Da dove hanno origine le cose è sempre stata una domanda della filosofia, ma questa domanda presuppone che le cose abbiano un’origine. Da quando ci si è posti la domanda su cosa venisse prima, si è finiti per cadere nel discorso della gallina e dell’uovo. Anche la psicoanalisi, presupponendo sempre il padre in origine nell’Edipo, è come se avesse risposto, al pari di Aristotele: viene prima la gallina. La filosofia politica si è trovata di fronte all’interrogativo sulla nascita dello Stato ed ha tentato una possibile risposta. Il contrattualismo è una risposta-tipo: gli uomini nel conflitto originario dello stato di natura comprendono con ragione che conviene loro superare quello stato perché nessuno ne trae vantaggio in quanto, come io posso fare del male agli altri, così gli altri possono farlo a me e questo costituisce uno stato di continua incertezza e paura. Allora gli uomini fanno un patto tra loro per passare allo stato civile rinunciando tutti insieme al diritto naturale proprio per generare una società dove siano realmente difesi i diritti di tutti. Deleuze non è assolutamente un contrattualista; in parte ne ho già parlato prima quando discutevo il rapporto Deleuze-Hume. Allora da dove ha origine lo Stato? Deleuze dice che ogni tentativo di spiegare l’origine dello Stato finisce sempre per essere tautologico, perché lo presuppone sempre. Deleuze in diversi passi parla chiaramente di Ur-Staat, cioè di Stato originario, in quanto lo Stato è sempre all’origine e non viene mai definitivamente superato. Tuttavia in certi passi Deleuze dice che lo Stato nasce all’improvviso, nasce con uno scopo di monopolio, di gestione e di burocrazia. Deleuze sostiene la teoria dello Stato idraulico di Wittfogel: lo Stato sorgerebbe con l’intento di gestire e monopolizzare le acque, allorquando per diversi villaggi sorge il problema dell’approvvigionamento delle acque e della gestione dei flussi d’acqua (l’irrigazione, portare l’acqua dove non c’è e così via). È chiaro che in questa situazione lo Stato assume il monopolio dell’acqua e si occupa della sua distribuzione nel territorio. Lo Stato si installa sui cacciatori e i raccoglitori per imporre un modo più sedentario di vita: l’agricoltura, l’allevamento e tutta una determinata divisione del lavoro.

I sedentari contro i nomadi, una differenza che esiste da sempre come lo Stato:

Non tutto è Stato, proprio perché ci furono Stati sempre e dappertutto. [75]

La lotta tra i nomadi e lo Stato è originaria, è una lotta di possesso. Nel mezzo sta un oggetto di interesse comune: la macchina da guerra. Il contrattualismo, in particolare nella versione di Hobbes, considera la guerra antecedente allo Stato. Qui non si dice che c’è qualcosa prima dello Stato: Deleuze dice che la macchina da guerra è esteriore rispetto allo Stato. Quando la macchina da guerra è con i nomadi, essa è mobilitata contro lo Stato, ma la guerra è la sua ultima opzione. Quando invece la macchina da guerra viene catturata dallo Stato, viene istituzionalizzata e si trasforma nell’esercito, nel qual caso la macchina da guerra ha come primo scopo la guerra stessa, guerra prima contro i nomadi che contro gli altri Stati.

Dietro tutto questo ci sono due modelli che già in una tradizione che va da Nietzsche a Jünger sono ben distinti: il guerriero e il soldato. L’esercito segue una distribuzione geometrica: il soldato, membro dell’esercito, è un uomo disciplinato e uniformato, i suoi movimenti sono la cadenza della marcia, la ripetizione dell’uguale. La macchina da guerra nomade, invece, non ha uno schema preciso: tutti i suoi guerrieri si redistribuiscono sul campo di battaglia in modo caotico, cioè seguono una distribuzione nomadica e diabolica [76]. L’elemento discriminante tra il soldato e il guerriero, oltre a questi modelli, è l’arte marziale. Le arti marziali appartengono ai guerrieri; esse insegnano la violenza, il combattimento e ad usare le armi contro il nemico. Nello stesso tempo le arti marziali insegnano la saggezza e la saggezza non consiste solo nel sapere come si usano la violenza, le armi e nel saper combattere, ma nel far uso di queste capacità il meno possibile e solo quando non si ha altra alternativa. In questo caso potremmo immaginarci gli indiani d’America contro gli inglesi colonialisti per avere una qualche idea dell’arte della guerra dei nomadi. Il caso più evidente, però, è Gengis Khan, che infatti rappresenta l’esempio classico di Deleuze: il nomade per eccellenza. Gengis Khan contro lo Stato cinese: lui lo abolisce e non cessa di avanzare con i suoi guerrieri senza ricostituire un nuovo Stato, resistendo più a lungo possibile a una tentazione di questo tipo e descrivendo un solo movimento di deterritorializzazione assoluta che ha generato quello che noi conosciamo come il più grande impero mai visto nella storia.

Proprio all’inizio del saggio L’apparato di cattura si riporta la tesi di Dumézil sui due poli dello Stato: l’imperatore mago e il re-prete. Tutto il problema dello Stato è la cattura della macchina da guerra, una cattura magica. La teoria di Deleuze e Guattari oppone la macchina all’apparato: macchina è la macchina da guerra, ma questa è catturata perché c’è un apparato di cattura, il quale è lo Stato. E come un mito o una storia nordica vengono presentati i due poli: il dio Odino (imperatore) cattura e lega il grande lupo (macchina da guerra), il lupo si oppone e Tyr (re-prete) offre in pegno la sua mano nella bocca del lupo per convincerlo, come facesse un patto con lui, di modo che il lupo si faccia catturare e sappia che in ogni caso può sempre strappargli via la mano.

Da qui vengono due modelli di Stato:

  1. lo Stato imperiale e dispotico, il grande significante e la sucordificazione dei lignaggi;
  2. lo Stato capitalista caratterizzato da assiomatiche di flussi decodificati.

 

Note

[75] Gilles Deleuze, Félix Guattari, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 512.

[76] Diabolico/nomadico contro il sedentario/geometrico sono delle opposizioni che vanno capite perché sono la base di tutta la contrapposizione che concepiscono Deleuze e Guattari tra il modello dei nomadi e quello dello Stato. Il nomadismo prevede un movimento continuo: non ci sono punti fissi, tutto non cessa mai di spostarsi. È il movimento browniano: in termo-dinamica, quando un fluido si trova in equilibrio si potrebbe pensare che le particelle del fluido siano ferme, invece compiono una serie di movimenti del tutto disordinati che si oppongono alla stessa gravità. Se potessimo immaginare una stanza con tante palline che rimbalzano e non cessano mai di muoversi, avremmo una distribuzione nomadica. La schizofrenia in questa lettura sarebbe caratterizzata da una distribuzione nomadica. Il contrario di questo è la geometria, lo spazio euclideo dove gli oggetti sono fissanti secondo punti precisi. Parlo di una realtà dove tutto si trova già distribuito secondo posizionamenti precisi.

 

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