La proposta neuro-computazionale di Paul Churchland
La proposta neuro-computazionale di Paul Churchland
Giu 15Oggi pubblichiamo il primo articolo di Andrea Pollastri. Studente di filosofia presso l’Università degli Studi di Parma, si è laureato con una tesi dal titolo Intelligenza artificiale e filosofia della mente. Andrea inizia la sua collaborazione con una serie di articoli sulla filosofia della mente di Churchland. Ringraziandolo per il contributo, gli diamo il benvenuto tra i collaboratori del blog.
Nel corso di questi articoli intendo riassumere e commentare il primo capitolo di La natura della mente e la struttura della scienza: una prospettiva neurocomputazionale di Churchland (1) intitolato Il materialismo eliminativo e gli atteggiamenti proposizionali. Nel farlo seguirò la struttura ed i contenuti del testo, suddiviso in cinque paragrafi, di cui darò ora un breve sommario. Nelle prime due sezioni l’autore intende mostrare come la psicologia del senso comune (che da ora indicherò con Psc) sia una teoria empirica che, al pari di altre teorie, può risultare falsa o sostituibile, al comparire di una teoria migliore. Nel terzo e quarto paragrafo la critica alla Psc viene sviluppata, gli argomenti in sua difesa proposti dall’approccio funzionalista (di cui parlerò in seguito) vengono discussi e l’autore accusa tale approccio di miopia e spirito conservatore. (2) Nell’ultimo paragrafo l’autore presenta tre scenari alternativi in cui le scienze cognitive non fanno uso della Psc prima di concludere, ribadendo la tesi principale del capitolo.
La tesi di questo capitolo si può così riassumere. Gli atteggiamenti proposizionali della psicologia del senso comune non costituiscono una barriera insuperabile al progresso delle neuroscienze. Al contrario, non solo è di principio più che possibile mettere da parte la psicologia del senso comune, ma questa messa da parte rappresenta uno dei più affascinanti compiti teorici che oggi possiamo immaginare. (3)
Stando a queste parole, la messa in discussione della Psc è lo scopo principale del testo; sarà quindi necessario, prima di esaminare le ragioni della sua critica, definire di cosa si tratti e quali siano le sue caratteristiche nell’approccio ai fenomeni mentali. (4) Prenderò in considerazione due definizioni di questa teoria, la prima proposta da Churchland, la seconda da Fodor.
Comprendiamo gli altri – come di fatto facciamo – perché condividiamo con essi un controllo implicito di un corpo integrato di conoscenze riguardanti le relazioni legisimili che sussistono tra le circostanze esterne, gli stati interni e il comportamento esplicito. Data la sua natura e le sue funzioni, è giusto chiamare questo corpo di conoscenze «psicologia del senso comune». (5)
Common sense psychology works so well it disappears. It’s like those mythical Rolls Royce cars whose engines are sealed when they leave the factory; only it’s better because they aren’t mythical. Someone I don’t know phones me at my office in New York from—as it might be—Arizona. ‘Would you like to lecture here next Tuesday?’ are the words he utters. ‘Yes thank you. I’ll be at your airport on the 3 p.m. flight’ are the words that I reply. That’s all that happens, but it’s more than enough; the rest of the burden of predicting behavior—of bridging the gap between utterances and actions—is routinely taken up by the theory. And the theory works so well that several days later (or weeks later, or months later, or years later; you can vary the example to taste) and several thousand miles away, there I am at the airport and there he is to meet me. Or if I don’t turn up, it’s less likely that the theory failed than that something went wrong with the airline. … The theory from which we get this extraordinary predictive power is just good old common sense belief/desire psychology. … If we could do that well with predicting the weather, no one would ever get his feet wet; and yet the etiology of the weather must surely be child’s play compared with the causes of behavior. (6)
Poiché si tratta di due definizioni molto diverse, sarà utile integrarle per utilizzare l’esposizione di Fodor e chiarire termini come ‘corpo integrato di conoscenze’ e ‘relazioni legisimili’ il cui significato può non essere chiaro ad una prima lettura. L’esempio della telefonata può essere un buon punto di partenza: è possibile per due persone mettersi d’accordo con un breve colloquio perché riescono a prevedere le proprie reciproche azioni; data l’intenzione d’incontrarsi entrambi si aspettano che l’altro agisca di conseguenza. Questo insieme di aspettative, di supposizioni, è ciò che Churchland indica con ‘relazioni legisimili’; c’è una logica condivisa fra le persone, un sapere che non è accademico eppure stabile, comprovato dall’esperienza che ognuno matura dalla più tenera età. (7)
I sostenitori della Psc di cui l’autore considera gli argomenti (8) ritengono che questa logica abbia forma proposizionale. Ciò significa che a comporre questo ‘corpo integrato di conoscenze’ concorrono, da un lato, quelli che in filosofia prendono il nome di atteggiamenti proposizionali (9) e, dall’altro lato, dei rapporti affini a quelli di congiunzione, implicazione etc. che si instaurano fra proposizioni nella logica del primo ordine. (10) Churchland ritiene che un approccio proposizionale non sia capace di descrivere l’insieme dei fenomeni mentali: gli scarsi risultati di questo metodo dovrebbero, a suo avviso, indurre a valutare con attenzione l’alternativa proposta dalle neuroscienze.
Il materialismo eliminativo è la tesi secondo la quale la concezione che comunemente abbiamo dei fenomeni psicologici costituisce una teoria radicalmente falsa – una teoria così manchevole che sia i suoi princìpi sia la sua ontologia finiranno per essere soppiantati, invece di essere progressivamente ridotti, una volta che le neuroscienze saranno state completamente sviluppate. La nostra reciproca comprensione e perfino la nostra introspezione potranno allora esser ricostituite all’interno della cornice concettuale delle neuroscienze, ovvero di una teoria che, secondo quanto possiamo attenderci, sarà di gran lunga più potente della psicologia del senso comune che verrà a sostituire e, in generale, più sostanzialmente integrata con la scienza fisica. (11)
Il quadro concettuale fornito dalle neuroscienze può sostituire le conoscenze sulla mente formulate in termini proposizionali dalla Psc con concetti più potenti ed organicamente integrati con le scienze. A tale scopo è opportuno sviluppare le nostre conoscenze su fisiologia e funzionamento dell’organo preposto al pensiero: questo studio potrà dirci tutto quanto è necessario sapere sui fenomeni mentali. La tesi irrinunciabile dell’eliminativismo è quindi a favore di un fisicalismo (12) in cui i concetti psicologici non trovano spazio e lo studio della mente trova espressione nei termini e nei metodi delle scienze, frutto della cui ricerca sono quantificazioni e leggi causali.
Nei prossimi articoli considererò le argomentazioni presentate da Churchland a favore di questa tesi seguendo (con qualche eccezione) l’ordine espositivo del capitolo.
NOTE
(1) Churchland P., (1992), in bibliografia.
(2) Churchland P., (1992), pag. 43.
(3) Churchland P., (1992), pag 56.
(4) Con il termine ‘fenomeno mentale’ indico un qualsiasi stato psichico vissuto da un soggetto. Mi sembra questo il termine più appropriato da usare: ‘pensiero’ potrebbe essere limitato alla sola sfera cosciente mentre ‘stato mentale’ non sembra tenere conto del flusso che caratterizza la nostra coscienza. Parlando dei fenomeni mentali in prima persona utilizzerò in seguito anche il termine ‘vissuti’, che mi sembra sufficientemente chiaro e breve per i miei scopi.
(5) Churchland P., (1992), pag. 31.
(6) «La filosofia del senso comune funziona cosi bene da passare inosservata. Come le mitiche Rolls Royce, i cui motori sono sigillati quando lasciano la fabbrica; solo sono meglio perché non sono un mito. Qualcuno che non conosco mi telefona nel mio ufficio a New York, probabilmente dall’Arizona. “Le piacerebbe tenere una conferenza qui martedì prossimo?”, sono le parole che lui pronuncia. “Sì, grazie. Arriverò all’aeroporto della sua città nel pomeriggio con il volo delle tre”, sono le parole con cui io rispondo. Questo è tutto ciò che accade, ma è sufficiente; il restante fardello del predire un comportamento – del colmare lo spazio tra parole e azioni – è abitualmente preso in carico dalla teoria. E la teoria funziona così bene che diversi giorni dopo (o settimane dopo o mesi dopo o anni dopo; si possono scegliere come varianti all’esempio) e a parecchie miglia di distanza, io sono lì, all’aeroporto e c’è anche il mio interlocutore ad attendermi. Diversamente, nel caso non mi presentassi all’appuntamento, è molto meno possibile che sia stata la teoria a fallire che non ci sia stato qualche problema con la compagnia aerea… La teoria da cui ricaviamo questo straordinario potere predittivo non è altro che la vecchia psicologia del senso comune (belief /desire psychology). Se fossimo così bravi con le previsioni del tempo, nessuno si bagnerebbe più i piedi; eppure, l’eziologia del tempo atmosferico deve di certo essere un gioco da ragazzi in confronto alle cause del comportamento.» Fodor (1987) in bibliografia, pag. 3-4 (traduzione mia). Il passo è stato tratto da http://www.iep.utm.edu/fodor/ consultato il 6 gennaio 2013.
(7) Crane (2001), pag. 1, dedica una riflessione alla natura non accademica di questo sapere. «Alcuni dei modi in cui pensiamo a noi stessi non sono in senso stretto scientifici. Ci concepiamo come creature coscienti e razionali, dotate di uno sguardo o una prospettiva sul mondo e di bisogni, impegni, emozioni e valori. […] Quando dico che tale concezione non è scientifica intendo questo: se si tratta di un sapere, non è un sapere specialistico. Non è un sapere che richieda un addestramento specifico o un livello particolare di intelligenza o di istruzione. […] Alcuni filosofi chiamano questa concezione Folk psychology, “psicologia popolare” spesso sottintendendo un’opposizione con una psicologia più scientifica.»
(8) Churchland discute posizioni attribuite a Hilary Putnam, Jerry Fodor e Daniel Dennett.
(9) Con atteggiamenti proposizionali si indicano enunciati della forma “X crede che p” in cui ad X corrisponde una persona ed a p una proposizione. La letteratura in merito è molto vasta; fra i problemi più discussi ci sono quelli riguardo alla semantica della proposizione p ed al valore di verità dell’atteggiamento proposizionale. I contesti psicologici hanno dato filo da torcere ai logici, perché in essi semantica e valori di verità degli enunciati si sono mostrati più difficili da stabilire. Enunciati equivalenti dal punto di vista semantico come “Cicerone denunciò Catilina” e “Tullio denunciò Catilina”, in cui Cicerone e Tullio indicano la stessa persona, possono produrre valori di verità diversi se inseriti in un atteggiamento proposizionale. X potrebbe non sapere che Cicerone e Tullio sono sinonimi e pertanto “X crede che Cicerone denunciò Catilina” potrebbe essere vero, mentre “X crede che Tullio denunciò Catilina” falso.
(10) Linguaggi che utilizzano la logica del primo ordine sono ad esempio linguaggi composti da enunciati p, q, r, predicati R, A, costanti logiche ¬, →,↔, ˄, ˅ e quantificatori.
(11) Churchland P., (1992), pag. 29.
(12) Con fisicalismo intendo la tesi metafisica secondo cui il mondo è composto esclusivamente di elementi fisici.
BIBLIOGRAFIA (IN ORDINE ALFABETICO)
- Churchland P., (1992), La natura della mente e la struttura della scienza: una prospettiva neurocomputazionale, Il Mulino, Bologna.
- Crane T., (2001), Fenomeni mentali, un’introduzione alla filosofia della mente, Raffaello Cortina, Milano.
- Fodor J., (1990), Psicosemantica. Il problema del significato nella filosofia della mente, Il Mulino, Bologna.
- Jackson F., (1986), What Mary didn’t know, tratto da The Journal of Philosophy, Volume 83, Issue 5.
- Wittgenstein L., (1980), Osservazioni sulla filosofia della psicologia, Adelphi edizioni, Milano.
Articolo seguente: Churchland. Perché la psicologia del senso comune è una teoria