Il paradosso di Moore (3)
Il paradosso di Moore (3)
Lug 29[ad#Ret Big]
Una possibile spiegazione
Risolvere il paradosso di Moore significa spiegare che cosa ci sia di strano in esso. Le spiegazioni più comuni del paradosso concordano nel sostenere che, al suo fondo, si annidi una contraddizione. Proviamo a scovarla.
In generale, possiamo dichiarare che le asserzioni implichino o esprimano credenze. Così, se qualcuno asserisce che p, allora implica o esprime la credenza che p. Di conseguenza, affermare ‘p & (io ¬C p)’ equivale ad affermare
(io C p) & (io ¬C p)
che è un’evidente contraddizione. Per tornare al nostro esempio, chiunque affermi ‘Bruce Wayne è Batman’ implica l’enunciato ‘io credo che Bruce Wayne sia Batman’; ma quando aggiunge ‘e io non credo che lo sia’ contraddice la credenza appena espressa.
D’altra parte, in alcuni casi, esprimere la credenza che p è un modo diverso di affermare che p. Così, quando qualcuno sostiene ‘io C p’, è come se sostenesse ‘p’, ossia un’asserzione sul mondo e non su un proprio stato mentale. Analogamente possiamo dire per ‘io C ¬p’. Di conseguenza, l’enunciato ‘p & (io C ¬p)’ si può riscrivere così:
p & ¬p
che, di nuovo, è una contraddizione palese. Ritornando ancora al nostro esempio, quando qualcuno asserisce ‘Bruce Wayne è Batman’ pretende che l’enunciato raffiguri un fatto del mondo; ma se aggiunge ‘e io credo che non lo sia’ ritiene di affermare ancora qualcosa sul mondo (‘Bruce Wayne non è Batman’), che però contraddice la sua precedente asserzione.
In conclusione, una possibile spiegazione dell’assurdità espressa dal paradosso sta nello svelarne una contraddizione implicita. Chi pronuncia un enunciato di Moore afferma e nega contemporaneamente qualcosa: ossia contraddice se stesso, sebbene la forma della contraddizione non sia immediatamente manifesta.
Articolo precedente: Il paradosso di Moore (2)