Temi e protagonisti della filosofia

Un desiderio “neutro”. Gilles Deleuze e la macchina

Un desiderio “neutro”. Gilles Deleuze e la macchina

Gen 17

 
Gilles Deleuze ha dedicato molto spazio, nelle proprie opere, alla spiegazione del suo concetto di macchina. Come in Logica del Senso, così nei due volumi di Capitalismo e Schizofrenia, L’Anti-Edipo e Mille Piani, e, ancora, nel saggio dedicato a Franz Kafka (Kafka – Per una letteratura minore), Deleuze fa spesso e volentieri ricorso a questa nozione così particolare e, al tempo stesso, fondamentale nell’evolversi del suo pensiero.

Innanzitutto, è proprio L’Anti-Edipo a rappresentare l’occasione più importante per intraprendere una riflessione su questo tema; vuoi perché si tratta dell’opera che ha reso celebri Deleuze e il suo collaboratore Felix Guattari nel panorama filosofico-culturale di quegli anni, vuoi perché contiene una maggior problematizzazione del ruolo e delle funzioni della macchina.

Partendo dal presupposto che l’opera propone una forte critica alla psicoanalisi nelle sue declinazioni più strettamente e fedelmente freudiane (a partire, cioè, dalla produzione teorica di Melanie Klein e, in parte, di Jacques Lacan), Deleuze pare concentrarsi sulla volontà di dare un nuovo volto al Desiderio.

Sul tema, si ricorderà, è stato scritta un’infinità di volumi, a partire dall’antichissimo motivo (addirittura pre-platonico) del desiderio come mancanza. Ma nessuno prima di Deleuze sembra essere riuscito a liberare questa forza da un Soggetto che la contiene in sé: infatti, se Freud concepisce la libido come un’energia pulsionale interna all’individuo che scorre dal basso verso l’alto (dalla profondità della vita inconscia alla cosciente e superficiale attrazione fisica), Deleuze rovescia completamente questo movimento, questa dialettica profondità-superficie, affermando che il desiderio è un flusso proveniente dall’esterno, prodotto da “macchine desideranti”, che s’inscrive sulla superficie di corpi del tutto particolari – corpi che sono privati delle proprie funzioni interne, corpi vuoti, passivi, assolutamente ricettivi: corpi senza organi.

Si è detto che il desiderio è prodotto da una macchina: ma che cos’è propriamente questa macchina desiderante?

Per Deleuze, desiderare significa mettere in relazione qualcosa con qualcos’altro, qualcuno con qualcun’altro. La macchina è ciò che impone la costruzione di queste relazioni: un insieme di norme, comportamenti, regolamenti – un’idea che per certi versi ricorda da vicino il concetto di “dispositivo” elaborato da Michel Foucault qualche anno prima. A ciò, però, Deleuze aggiunge una componente fondamentale: l’idea del “flusso”, dell’energia che scorre nel movimento, nei tagli che queste macchine comportano. Nella catena di montaggio scorre un flusso di energia che si estrinseca nella ripetizione e nell’automatismo.

«On n’echappe pas de – à la machine» [1] ricorda Carmelo Bene nel suo primo intervento al Maurizio Costanzo Show, rievocando il contenuto di quel saggio deleuziano dedicato a Kafka: non si fugge mai dall’intervento della macchina, dal momento che la si ritrova nel lavoro, nell’istruzione, nelle relazioni sociali e familiari, fin tanto nell’entusiasmo. «Soprattutto nell’entusiasmo».

La macchina ha un inevitabile effetto spersonalizzante, che riduce ogni pretesa o eccesso di soggettivismo a grado zero. Non si prova desiderio, lo si riceve, e, in questo senso, si è quasi costretti a provarlo. Deleuze, in questo modo, annichilisce qualsiasi tentativo di platonico sentimentalismo e, parimenti, di freudiano cinismo. La mancanza e la pulsione sono due facce della stessa medaglia: la traduzione sul corpo dell’individuo del lavorio della macchina.

La macchina è onnipresente nella letteratura: punto di riferimento imprescindibile nella riflessione di Deleuze, la Recherche di Marcel Proust è una grandiosa macchina letteraria, «unica e identica storia infinitamente variata» [2], una voluminosa costruzione di corpi molecolari, nebulose, flussi, forze, movimenti. Come un ragno tesse la propria tela con minuzia e attenzione, così il Narratore toglie i propri personaggi dalla nebulosa che li contiene, ne delinea momentaneamente i caratteri, salvo poi rigettarli immediatamente nella confusione e nel buio.

Letteratura, teatro (ricordiamo la “macchina attoriale” nel teatro di Carmelo Bene, su cui Deleuze indugia volentieri in Un manifesto di meno), poesia, non meno della vita quotidiana, sono campi in cui la macchina fa sentire tutto il suo peso sull’individuo. Dove risiede allora la soluzione? Nell’abbandono.

 

Note

[1] L’intervento televisivo di Bene, intitolato Uno contro tutti, risale al 1994 ed è attualmente disponibile in versione integrale su YouTube.

[2] G. Deleuze, F. Guattari, L’Anti-Edipo. Capitalismo e Schizofrenia, 1972, Einaudi, Torino, 2002, p. 74.

 

Riferimenti bibliografici

  • G. DELEUZE, Logica del senso, 1969, Feltrinelli, Milano, 2002;
  • G. DELEUZE, F. GUATTARI, L’Anti-Edipo. Capitalismo e Schizofrenia, 1972, Einaudi, Torino, 2002;
  • G. DELEUZE, F. GUATTARI, Kafka – Per una letteratura minore, 1975, Quodlibet, Macerata, 2010;
  • G. DELEUZE, C. BENE, Sovrapposizioni, 1979, Quodlibet, Macerata, 2002.

 

 


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