La dimensione dell’amicizia in Simone Weil
La dimensione dell’amicizia in Simone Weil
Dic 26
Simone Weil nella sua opera più composita, Attesa di Dio, analizza l’amicizia, andando alla ricerca del suo significato autentico. Essa viene presentata come un amore personale e umano, assolutamente puro, dove si racchiude un riflesso dell’amore divino.
La preferenza verso un dato essere umano è una cosa ben diversa dalla carità, perché quest’ultima è indiscriminata. La carità, inoltre, è a disposizione di tutti gli esseri umani in pari misura. Invece la preferenza personale, definita dall’autrice accordata, verso un altro essere umano può essere di due specie. O si cerca nell’altro un certo bene oppure si ha bisogno di lui. Ci si volge verso qualcosa o perché vi si cerca un bene appunto, oppure perché non se ne può fare a meno. A volte questi due generi possono coincidere, ma il più delle volte tali movimenti sono distinti e indipendenti. Tra cercare un bene in un essere umano e volergli bene non vi è alcuna contraddizione, e quando il movente che ci spinge verso un altro uomo è solo la ricerca di un bene, non vi sono le condizioni adatte perché si realizzi un’amicizia, perché essa deve essere pura armonia, una unione di contrari. Quando un essere umano è in qualche modo necessario non si può volere il suo bene; dove regna la necessità vi sono dominio e costrizioni. Quando l’attaccamento di un essere umano ad un altro si fonda solo sul bisogno è una cosa atroce. Poche cose al mondo possono raggiungere un simile grado di orrore. L’amicizia richiede una certa reciprocità e non solo: in essa deve sussistere un principio di uguaglianza, che miri a preservare la facoltà del libero consenso in se stessi e nell’altro. Quando qualcuno desidera subordinare a sé un altro essere umano o accetta di subordinarsi a lui non vi è alcuna traccia di amicizia. Nella disuguaglianza infatti non può esserci amicizia. Non appena la necessità si imponga, anche solo per un attimo, sul desiderio di preservare nell’uno e nell’altro la facoltà del libero consenso, un sentimento di amicizia viene comunque macchiato. Quindi questo dimostra come nelle cose umane la necessità rappresenti un principio di impurità. Gli amici accettano pienamente di essere due e non uno. Solo con Dio l’uomo ha il diritto di desiderare un’unione diretta. L’amicizia è quel miracolo grazie al quale l’uomo accetta di guardare alla dovuta distanza e di riconoscere che in tale sentimento ad essere coinvolte sono due creature autonome e distinte. L’amicizia pura, inoltre, non racchiude soltanto l’affetto, ma anche una completa indifferenza, non intacca neanche l’imparzialità reciproca. Pur trattandosi di un rapporto fra due persone, vi è comunque qualcosa di impersonale:
L’amicizia possiede qualcosa di universale. Consiste nell’amare un essere umano come si vorrebbe poter amare, in particolare ciascun componente del genere umano. Come un geometra guarda una particolare figura triangolare per dedurre le proprietà universali del triangolo, così colui che sa amare dirige su un particolare essere umano un amore universale. Il consenso a preservare l’autonomia in se stessi e in altri è per essenza qualcosa di universale. [1]
L’amicizia risiede soltanto dove la distanza venga mantenuta e rispettata. Quando Cristo diceva ai suoi apostoli di amarsi l’un l’altro, non alludeva ad una forma di attaccamento. Gli apostoli erano legati da una comunanza di pensieri, di vita, di abitudini, Cristo dice loro di trasformare quei legami in pura amicizia, per far sì che le interazioni fra gli interessati non si tramutassero in attaccamenti impuri o in odio. Non solo:
in aggiunta ai comandamenti dell’amore verso il prossimo e dell’amore di Dio, si può pensare che nell’amicizia pura, come nella carità verso il prossimo, si racchiuda qualcosa di analogo ad un sacramento. [2]
Note
[1] S. Weil, Attesa di Dio, Adelphi, Milano 2008, pp. 156-161.
[2] Ivi, p.162.