Ontologia dell’arte IV (seconda parte): La moglie di Cézanne
Ontologia dell’arte IV (seconda parte): La moglie di Cézanne
Nov 12[ad#Ret Big]
Filosofia dell’arte
Post Precedente: Ontologia dell’arte IV (prima parte): Embodied Meanings
Primo: saziamo la vista con un capolavoro, il Ritratto di Madame Cézanne (di Cézanne, ovviamente) [Fig.1]:
Secondo: ricordiamo che negli anni Quaranta il critico Erle Loran ha creato un grafico del dipinto in cui sono evidenziate le linee di composizione seguite dal pittore francese. Come afferma Danto:
È esattamente ciò che un diagramma dovrebbe essere, con tanto di frecce, linee tratteggiate, aree con iscrizioni; e rivela bene quelle variazioni nella direzione e nella struttura del quadro che Loran intendeva esplicitare.[1]
Terzo: negli anni ’60 Roy Lichtenstein, il celebre artista Pop, ha ‘plagiato’ il diagramma di Loran, trasfigurandolo in un’opera d’arte [Fig. 2]:
Il diagramma di Loran è una semplice sistema rappresentazionale analogico con un valore semantico (è a proposito (aboutness) del dipinto di Cézanne). L’opera di Lichtenstein è sia un sistema rappresentazionale (è a proposito del diagramma di Loran) che un’opera d’arte. Cosa distingue il primo caso dal secondo (sebbene le due rappresentazioni siano identiche dal punto di vista percettivo)? Se ci limitassimo alle considerazioni esposte nel post precedente, non avremmo ancora alcuna condizione che distingua il diagramma di Loran dall’opera di Lichtenstein: entrambe le rappresentazioni sono portatrici di significato, necessitano di un’interpretazione e sia Loran che Lichtenstein sono posizionati nel giusto contesto storico-culturale.[2] Secondo Danto, tuttavia, c’è un’enorme differenza: il significato dell’opera di Lichtenstein è incarnato (embodied) nella rappresentazione, mentre quello di Loran no. Qual è il significato di questa oscura affermazione? Lasciamoci, innanzitutto guidare dalla bellissima interpretazione del quadro di Lichtenstein fornitaci da Danto:
Il diagramma di Loran è a proposito di un dipinto specifico e riguarda i suoi volumi e vettori. Il dipinto di Lichtenstein è a proposito del modo in cui Cézanne ha dipinto sua moglie: è a proposito della moglie di Cézanne, in quanto vista da Cézanne. È importante e interessante mostrare il mondo, così come appariva a Cézanne, come un mondo fatto di aree coperte di iscrizioni, di frecce, di rettangoli e di linee tratteggiate: nella famosa conversazione con Émile Bernard, Cézanne parla della natura come di un insieme di cubi, coni e sfere, una sorta di visione pitagorica delle forme ultime della realtà […]. Non molti anni dopo queste speculazioni geometriche, i cubisti cominciarono a dipingere il mondo proprio in questi termini. Ma, allora, che idea singolarmente appropriata quella di applicare questa visione geometrizzante alla moglie di Cézanne, trattata come se fosse un problema di logica euclidea! [3]
Se partiamo dall’assunto che la forma diagrammatica sia un medium che ci permette di fare molte cose (statistiche, elaborazioni di dati, schematizzazione di rappresentazioni, etc.), allora Loran la impiega in maniera ‘trasparente’, mentre Lichtenstein in maniera ‘opaca’. Loran usa strumentalmente la forma ‘diagramma’ per i propri scopi, per indicare cioè i vettori cezanniani, ma non gli interessa più di tanto sfruttarne le caratteristiche interne (l’astrazione dal concreto, la stilizzazione del dato, la linearità e geometria della presentazione). Loran presenta con un diagramma i risultati delle proprie ricerche, ma il suo diagramma non è anche a proposito della forma diagrammatica, non si riferisce riflessivamente ai tratti salienti del medium impiegato. In questo senso il medium è ‘trasparante’: nel diagramma di Loran c’è, ma è come se fosse invisibile. In breve, il disegno di Loran è sì un diagramma, ma non si sforza di esibirsi qua diagramma. La storia è completamente differente con il dipinto di Lichtenstein: la forma diagrammatica è essenziale nella presentazione dell’opera, perché serve a richiamare le tendenze astratte e formalizzanti di Cézanne. Se Lichtenstein si fosse servito di uno schizzo o di un acquarello o di una statua, il risultato sarebbe stato incomprensibile o, per lo meno, scarso: non si sarebbe capito il riferimento alle teorie e alle opinioni di Cézanne. Nell’opera di Lichtenstein, dunque, il medium è ‘opaco’, ossia l’opera, oltre ad essere a proposito del dipinto di Cézanne e del diagramma di Loran, è anche a proposito del medium impiegato. Il medium è esibito come tratto essenziale; l’opera vi si riferisce. Viceversa, il significato è incorporato (embodied) nel supporto mediale e materiale con cui ci viene presentato. Parafrasando Danto: una rappresentazione si limita a presentare un significato, mentre un’opera d’arte presenta sia il significato sia il modo in cui il significato ci viene presentato.
In questo post e nel precedente abbiamo cercato di mostrare perché Danto consideri le opere d’arte degli embodied meaning. Nel prossimo riallacceremo queste osservazioni con il precedente post su Kant, la metafora e le idee estetiche.
Note:
[1] A. C. Danto, La trasfigurazione del banale. Una filosofia dell’arte, a cura di S.Velotti, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 172.
[2] L’idea di cercare le differenze tra un diagramma e un dipinto era già stata presentata – pur con risultati differenti da quelli di Danto – in un famoso testo di Nelson Goodman: N. Goodman, I linguaggi dell’arte, trad. it. F. Brioschi, Il Saggiatore, Milano 2008, pp. 198-sgg.
[3] Danto, La trasfigurazione del banale, cit., p. 173.
Aspetto con interesse il prossimo post, ho letto Danto e ciò che si è proposto di spiegare è il punto che mi è rimasto oscuro.
Cara Laura,
ho dovuto prendermi una piccola pausa a causa della consegna della tesi di dottorato e del mio lavoro che, in questo periodo, è decisamente faticoso.
Conto di pubblicare qualcosa prima di Natale e di tornare alla consueta cadenza a partire da Gennaio.
Grazie per l’interesse che rivolgi ai miei post,
Un saluto,
Davide.