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Filosofia della storia dell’arte V: Danto e l’arte di finire

Filosofia della storia dell’arte V: Danto e l’arte di finire

Giu 02

Filosofia dell’arte

Post precedente: Filosofia della storia dell’arte V: Pluralismi

Come si fa a finire una storia? La domanda è apparentemente semplice, ma, in realtà, rende insonni tutti gli scrittori di narrativa. Una delle prime regole che si imparano in un corso di scrittura è: partite dalla fine. Se si conosce la conclusione – l’evento o gli eventi che mettono capo alla narrazione – allora l’incipit e l’elaborazione della storia si svilupperanno, più o meno da sé. L’abbiamo visto citando le ‘narrative sentence’ – che, in nuce, racchiudono l’idea di narrazione: una storia necessita, per essere raccontata di un telos proprio, esplicito o implicito. Può essere il classico ‘e vissero tutti felici e contenti’ – che chiude la narrazione riportando l’evento narrato nell’alveo del tempo quotidiano, estinguendo l’eccezionalità che ha convinto il narratore a ritenerlo sufficientemente interessante da condividerlo con altri – o può essere un finale aperto – che, si badi bene, è pur sempre una fine, solo che è prolungata nell’immaginazione del lettore o dello spettatore. In linea di massima, ma senza completezza, la fine di una storia si può ottenere in tre modi:

– il sistema più classico è ‘esaurire’ la storia, portarla a compimento. Per esaurire la storia, bisogna conoscerne la fine e le conclusioni sopraelencate si classificano come ‘esaurimenti’. La stessa Apocalisse biblica è un esempio di come una storia – la storia della redenzione del genere umano – si possa esaurire in un finale prestabilito.

– si può anche ‘razionalizzare’ la storia, mostrando che dietro un apparente caos disordinato di eventi e informazioni c’è in realtà uno schema ben preciso. La filosofia della storia di Vico ed Hegel, il positivismo di Comte, il Marxismo e le varie teologie della storia a cui questi sistemi si ispirano (si veda Gioacchino da Fiore) sono esempi di ‘razionalizzazione’. Se si pensa alla natura come ad un ‘libro’ – una metafora molto in voga nel Cinquecento, secolo in cui nasce la scienza moderna – anche la fisica è una razionalizzazione della storia della Natura.

– si può ‘sostituire’ una storia con un’altra. In questo caso una storia non finisce semplicemente, ma cade nel dimenticatoio, sorpassata da una sua ricostruzione più fedele o più in sintonia con i tempi. A livello microscopico si può parlare di adattamento, più che di sostituzione: il Faust di Marlowe è diverso da quello di Goethe che, a sua volta, ha una storia differente rispetto a quello ideato da Mann. Ognuno di questi autori adatta la narrazione a seconda dello Zeitgeist della propria epoca, probabilmente credendo che il proprio finale sia più autentico del precedente che va a sostituire. A livello macroscopico, quando la narrazione non riguarda solo i protagonisti di un libro, ma gli elementi fondanti della società occidentale, si trapassa nel mito e nella sostituzione. Pensiamo al mito dell’anima; un mito che muta paradigma con il passare dei secoli: alla storia di un soffio naturale si sostituisce poi la narrazione di un nucleo immortale e a quest’ultima il raccontino della ghiandola pineale. Al giorno d’oggi questa storia non si racconta quasi più e alla ‘sostituzione’ è stata preferita la ‘razionalizzazione’ psicologica.

Se cercassimo di inserire in questo breve inventario la storia dell’arte (la storia del concetto di ‘arte’), è facile notare che nei posts precedenti abbiamo assistito a una serie di ‘sostituzioni’: al racconto di Vasari è stato sostituito quello di Greenberg e a quest’ultimo quello dei pluralisti. L’idea sviluppata da Danto in Dopo la fine dell’arte è più ambiziosa: la storia dell’arte si è, a un certo punto, esaurita e la narrazione non rientra più nel definiens del concetto di ‘arte’.[1] Come ciò sia possibile, lo vedremo nel prossimo post in cui tratteremo del difficile rapporto tra la filosofia di Danto e l’arte concettuale.

Note:

[1] A. C. Danto, Dopo la fine dell’arte. L’arte contemporanea e il confine della storia, trad. it. Nicoletta Poo, Bruno Mondadori, Milano 2008.


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