Testimonianze filosofiche su Anassagora (7)
Testimonianze filosofiche su Anassagora (7)
Set 20
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Diels-Kranz 59 A 46
Aristot. De gen. et corr. 314a 18: Egli fa degli omeomeri elementi [ta homoiomerē stoikheia tithēsi], come osso e carne, e tra le altre cose quelle la parte delle quali è sinonimo di ciascuna cosa [tōn allōn, hōn hekastou sunōnumon to meros estin].
Lanza A 46
Aristot. De gen. et corr. 314a 24: I seguaci di Anassagora ed i seguaci di Empedocle paiono argomentare [legontes] oppositivamente [enantiōs]: costui infatti afferma che fuoco ed acqua ed aria e terra sono quattro elementi ed elementi semplici [hapla] piuttosto che [mallon ē] carne ed osso e gli omeomeri cotali [ta toiauta tōn homoiomerōn], quelli invece affermano che questi sono semplici ed elementi [tauta men hapla kai stoikheia], mentre terra e fuoco ed acqua ed aria son sintetici [suntheta]: la panspermia infatti sarebbe loro [panspermian gar einai toutōn].
Aet. I 3, 5: Il clazomenio Anassagora di Egesibulo asserì che principi degli enti son le omeomerie [arkhas tōn ontōn tas homoiomereias apephēnato]. Gli sembrava infatti che fosse assolutamente inspiegabile [aporōtaton] come qualcosa possa generarsi dal niente o corrompersi nel niente [pōs ek tou mē ontos dunatai ti ginesthai ē phtheiresthai eis to mē on]. Ingeriamo, ecco, cibo semplice e d’una sola specie [monoeidē], pane ed acqua, eppure di questo si nutrono capello, vene, arterie, carne, nervi, ossa e le parti lasciate da dire. Avvenendo quindi questi fatti, bisogna concordare che nel cibo ingerito vi sono tutte le essenze, e per effetto delle essenze tutte le cose aumentano [toutōn oun gignomenōn homologēteon hoti en tē(i) trophē(i) tē(i) prospheromenē(i) panta esti ta onta, kai ek tōn ontōn panta auxetai]. Quindi in quel cibo vi sono parti generative per il sangue [moria aimatos genētika] e per i nervi e per le ossa e per le altre cose, parti che sono visibili colla ragione [ēn logō(i) theōrēta]. Non si deve infatti ridurre tutto alla sensazione, che cioè [panta epi tēn aisthēsin anagein, hoti] il pane e l’acqua costruiscono [kataskeuazei] queste cose, ma in queste vi sono parti visibili colla ragione. Dall’essere quindi le parti nel cibo simili [homoia] alle cose generande [tois gennōmenois] le chiamò omeomerie e le dichiarò principi degli enti [arkhas tōn ontōn apephēnato], e dichiarò materia [hulēn] le omeomerie, causa efficiente, invece, l’intelletto ordinante la disposizione di tutte le cose [to de poioun aition noun ton panta diataxamenon]. Inizia dunque così: «Insieme tutti i khrēmata erano, l’intelletto dunque li discriminò e ne ordinò la disposizione [homou panta khrēmata ēn, nous de auta diekrine kai diekosmēse]», dicendo khrēmata le cose [ta pragmata]; è quindi da indicare [apodeikteon] perché aggiunse alla materia l’artefice [hoti tē(i) hulē(i) ton tekhnitēn prosezeuxen].
Lanza A 47
Plato, Leges, 966 D: ATENIESE: Una cosa è ciò che argomentavamo per quel che riguarda l’anima, cioè che è la più antica e più divina di tutte le cose il cui movimento, dopo aver ricevuto la generazione, apportò un’essenza eternamente fluente; un’altra cosa è quel che pertiene al moto ‒ siccome si attiene ad un ordine [to peri tēn phoran, hōs ekhei taxeōs] ‒ degli astri e di quant’altre cose delle quali è padrone l’intelletto che ha disposto in ordine il tutto [hosōn allōn enkratēs nous estin to pan diakekosmēkōs]. Ecco, vedendo queste cose non scioccamente né volgarmente, non c’è stato mai nessuno degli uomini così per natura ateo da non provare il contrario dell’aspettativa dei più. Questi infatti pensano che coloro che intraprendono tali studi di astronomia e delle altre arti con questa necessarie divengano atei, avendo osservato che per quanto è possibile le cose si generano per necessità ma non per pensieri d’una volontà determinata a pervenire ai beni [katheōrakotas hōs hoion te gignomena anankais pragmat’ all’ ou dianoiais boulēseōs agathōn peri teloumenōn]. CLINIA: Dunque questa faccenda come dovrebbe stare invece? ATENIESE: Come ho detto, adesso si esibisce tutto il contrario di quando i pensatori le pensavano inanimate [apsukha auta hoi dianoumenoi dienounto]. L’ammirazione [thaumata] comunque anche allora s’insinuava per esse, e si sospettava la dottrina adesso realmente creduta da quanti attingevano l’esattezza in queste discipline, cioè che giammai enti inanimati con così tanta esattezza avrebbero potuto usare mirabili calcoli, non possedendo intelletto [to nun ontōs dedogmenon, hosoi tēs akribeias autōn hēptonto, hopōs mēpot’ an apsukha onta houtōs eis akribeian thaumastois logismois an ekhrēto, noun mē kektēmena]; ed alcuni osavano arrischiarsi proprio, ecco, in questo anche allora, dicendo che era l’intelletto quel che aveva disposto ordinatamente tutto quanto in cielo [legontes hōs nous eiē ho diakekosmēkōs panth’osa kat’ ouranon]. Questi stessi viceversa sbagliandosi sulla natura dell’anima, cioè sul suo essere più antica dei corpi, pensando invece che fosse più giovane [hoi de autoi palin hamartanontes psukhēs phuseōs hoti presbuteran eiē sōmatōn, dianoēthentes de hōs neōteran], distorsero ancora [anetrepsan palin] per così dire tutto quanto [hapanth’], ma molto di più sé stessi: ed infatti tutto quel che si presentava agli occhi, tutte le cose che si muovevano in cielo, apparvero loro essere colme [panta autois ephanē, ta kat’ ouranon pheromena, mesta einai] di pietre e di terra e di molti altri corpi inanimati dispensanti le cause a tutto il cosmo [apsukhōn sōmatōn dianemontōn tas aitias pantos tou kosmou]. Questo era quello che allora fece sì che molte accuse d’ateismo e molto dispetto toccassero a tali discipline, e che dunque arrivasse anche, ecco, il ludibrio dei poeti, che rappresentano i filosofi come cagne abbaianti invano e dicono anche altre insulsaggini; adesso invece, come s’è detto, si esibisce tutto il contrario.
Diels-Kranz 59 A 47
Aristot. Metaph. 985a 18: Anassagora usa l’intelletto come macchina per la costruzione del cosmo [mēkhanē(i) khrētai tō(i) nō(i) pros tēn kosmopoian] e quando si trovi in impasse nel dire per quale causa qualcosa è di necessità [aporēsē(i) dia tin’ aitian ex anankēs esti], allora lo trae in scena [parelkei], negli altri casi invece spiega gli avvenimenti con tutte le restanti cause piuttosto che coll’intelletto [en de tois allois panta mallon aitiatai tōn gignomenōn ē noun].
Simpl. Phys. 327, 26: Ed Anassagora, tralasciando l’intelletto [ton noun easas], come afferma Eudemo, connette la maggior parte degli avvenimenti facendoli derivare gli uni dagli altri [kai automatizōn ta polla sunistēsi].
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