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Testimonianze filosofiche su Anassagora (1)

Testimonianze filosofiche su Anassagora (1)

Ago 30

 

 

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Diels-Kranz 59 A 1

Diogenes Laertius, De vita et placitis philosophorum, II 6-16: (6) Anassagora figlio di Egesibulo o di Eubulo di Clazomene. Costui fu discepolo di Anassimene, e per primo stabilì un intelletto per la materia [tēi hulē(i) noun epestēsen], iniziando così il suo scritto, che è redatto [hērmeneumenon] gradevolmente e solennemente: «Tutte le cose erano insieme; poi, giunto l’intelletto, le ordinò [panta khrēmata ēn homou; eita nous elthōn auta diekosmēsen]» [fr. 17 Schaubach; cfr. DK 59 B 1]. Perciò fu chiamato anche Intelletto, e Timone nei Silli parla così su di lui [fr. 24 Diels]:
E dicono che v’è Anassagora, robusto eroe,
Intelletto, giacché egli avea un intelletto che subitamente destatosi
congiunse strettamente insieme tutte le cose, precedentemente turbate.
Costui era distinto per nobiltà di nascita e ricchezza, ma anche per generosità: egli, ecco, cedette ai parenti tutto il patrimonio. (7) Accusato da essi di non occuparsene, disse infatti: «Perché quindi non ve ne occupate voi?», e finalmente s’appartò e fu assorbito per lo più dallo studio della fisica [tēn tōn phusikōn theōrian] senza darsi pensiero della politica. Ed una volta a colui che gli disse: «Non ti cale per nulla della patria?», rispose: «Taci, a me, ecco, cale eccome della patria» indicando il cielo.

Si dice dunque che al tempo della spedizione di Serse avesse vent’anni e che ne visse settantadue. Afferma dunque Apollodoro nella Cronologia che egli nacque durante la settantesima olimpiade [500-497] e che morì il primo anno dell’ottantottesima [428]. Iniziò dunque a filosofare quando ad Atene era arconte Callia [480], quand’aveva vent’anni, come afferma Demetrio Falereo nella Lista degli arconti; dicono anche che ivi egli trascorse trent’anni.

(8) Costui disse che il sole è massa di ferro infuocato [fr. 24 Schaubach], più grande anche del Peloponneso (altri dicono Tantalo), mentre la luna ha insediamenti, ma anche creste e forre [cfr. DK 59 B 4]. Disse che principi, ordunque, son le omeomerie: come, infatti, l’oro è costituito [sunestanai] dalle [ek tōn] cosiddette pagliuzze, così dai piccoli corpi omeomeri si è conglomerato il tutto [ek tōn homoiomerōn mikrōn sōmatōn to pan sunkekristhai]. E l’intelletto è principio del movimento [noun men arkhēn kinēseōs], mentre dei corpi i gravi [tōn de sōmatōn ta men barea] occupano [episkhein] lo spazio in basso [ton katō topon], <come la terra>, i leggeri, invece, quello in alto [ta de koupha ton anō], come il fuoco, mentre acqua ed aria il mezzo [to meson]. Così, ecco che sulla terra, che è piatta, il mare ha depositato, essendo stati fatti evaporare dal sole i liquidi. (9) Gli astri invece dapprincipio eran mossi secondo la forma di una cupola, sicché il polo che appariva sempre era la perpendicolare sulla terra, poi invece assunsero l’inclinazione. E la via lattea è un riflesso della luce [degli] astri non offuscati <dal> sole. Le comete, dunque, sono un conglomerato di pianeti emettenti fiamme, e le stelle cadenti son scagliate come scintille dall’aria. I venti si generano quando l’aria è assottigliata dal sole. I tuoni son collisione di nubi, i fulmini sfregamento di nubi, il sisma ritorno dell’aria sulla terra. Gli animali si generano dall’elemento umido, caldo e terroso, poi l’uno dall’altro, e maschi dalla parte destra, femmine, invece, dalla sinistra.

(10) Affermano dunque che egli abbia predetto la caduta della pietra avvenuta ad Egospotami, e disse che essa era caduta dal sole. Di qui anche Euripide, che fu suo discepolo, appellò il sole palla dorata nel Fetonte. E dicon pure che, recatosi ad Olimpia, si sedette avvolto in una pelle, come se stesse per piovere, e così avvenne. E a colui che gli domandò se i monti di Lampsaco sarebbero mai divenuti mare, affermano che disse: «Se, ecco, il tempo non mancherà». Richiesto una volta per che scopo fosse nato, «Per l’osservazione [eis theōrian]», disse, «di sole e luna e cielo». A colui che gli disse: «Sei stato privato degli Ateniesi», «Beh, no», rispose, «ma loro di me». Vedendo il sepolcro di Mausolo disse: «Un sepolcro dispendioso è immagine d’una sostanza pietrificata». (11) Contro chi mal sopportava di morire in esilio, «Dappertutto», disse, «è simile la discesa all’Ade» [cfr. DK 59 A 34a]. Sembra dunque che per primo, conforme a quanto afferma Favorino nella Varia Storia, abbia dimostrato [apophēnasthai] che la poesia di Omero è pertinente alla virtù ed alla giustizia [peri aretēs kai dikaiosunēs]; dunque Metrodoro di Lampsaco, che gli fu discepolo e che avrebbe studiato [spoudasai] per primo l’indagine fisica [peri tēn phusikēn pragmateian] del poeta, estese di più questa trattazione [tou logou]. Per primo dunque Anassagora editò anche un libro in prosa. Afferma dunque Sileno nel primo libro delle Storie che durante l’arcontato di Demilo una pietra cadde dal cielo; (12) Anassagora dunque disse che l’intero cielo è composto di pietre; per il violento [tē(i) sphodra(i)] movimento vorticoso [peridinēsei], dunque, si raccoglierebbero e, sollevate, ricadrebbero [sunestanai kai anethenta katenekhthēsesthai]. Per quanto concerne il suo processo, dunque, si dicono cose differenti. Sozione, ecco, nella Successione dei filosofi afferma che egli, subendo l’accusa da parte di Cleone, fu processato per empietà [asebeias krithēnai], perché aveva definito [elege] il sole ferro infuocato; essendo intervenuto dunque in sua difesa il discepolo Pericle, fu multato di cinque talenti ed esiliato. Satiro, invece, nelle Vite, afferma che fu citato in giudizio da Tucidide, che era del partito politico antipericleo, e non solo per empietà, ma anche per medismo, e fu condannato a morte in contumacia. (13) Ed allorquando gli furono riportati entrambi gli annunci, quello della condanna e quello della morte dei figli, per quanto riguarda la condanna disse ciò: «La natura ha già condannato sia loro sia me [kakeinōn kamou palai hē phusis katepsēphisato]», mentre per quanto riguarda i figli ciò: «Sapevo d’averli generati mortali [ē(i)dein autous thnētous genēsas]» (alcuni riferiscono invece questo a Solone, altri a Senofonte). Che li abbia dunque anche sepolti lui con le proprie mani l’afferma Demetrio Falereo nel De senectute. Ermippo invece afferma nelle Vite che fu richiuso in carcere per esser ucciso. Pericle dunque, presentatosi in pubblico, domandò se avessero qualcosa su cui richiamarlo per come viveva; dunque, quand’ebbero risposto: «Nulla», «Eppure io», disse, «sono discepolo di costui; non uccidete quindi quest’uomo sobillati dalle calunnie, ma, fidandovi di me, rilasciatelo». E fu rilasciato; non tollerando però l’affronto si suicidò. (14) Ieronimo, nel secondo libro dei Ricordi sparsi, afferma che Pericle lo fece comparire in tribunale sfibrato e smagrito dalla malattia, sicché fu assolto per pietà più che per regolare giudizio. Ebbene, tali son le notizie pertinenti al suo processo. Sembra dunque che avesse come un’avversione anche per Democrito, essendo stato rifiutato alla sua scuola. Ed alla fine, ritiratosi a Lampsaco, vi perì. E quando i capi della città gli domandarono che cosa volesse fosse fatto in suo onore, disse di concedere ai fanciulli una vacanza ogni anno nel mese in cui morì. E la consuetudine è conservata anche adesso. (15) Dunque, morto, i Lampsaceni lo seppellirono con grandi onori e posero l’iscrizione:
Qui, il più della verità sin al termine avendo percorso
del celeste cosmo, giace Anassagora.
V’è anche un nostro epigramma dedicato a lui:
Il sole massa di ferro infuocato una volta disse
e per questo stava per morire Anassagora;
ma l’amico Pericle lo salvò, egli però se
ne uscì dalla vita, colla placidezza della sapienza.
Ci son stati dunque altri tre Anassagora, dei quali il primo era il retore isocrateo, il secondo uno scultore che Antigono menziona, l’altro un grammatico zenodoteo.

 

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