Temi e protagonisti della filosofia

Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (6)

Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (6)

Mag 17

 

Articolo precedente: Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikē alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (5)

 

9. Corpo e anima attraverso musikè: plasmazione e incantesimo

Tornando al rapporto fra il corpo e l’anima in Platone, la musica è, forse, riguardo ad esso l’unico valido punto di vista poiché è, a tutti gli effetti, un’esperienza nella quale i due si intersecano e si compenetrano: il contenuto dei sensi e il contenuto dell’intelletto si fondono mediante il corpo per giungere all’anima [1]. Due sembrano essere, per Pelosi, le modalità che ben descrivono in Platone l’interazione tra anima e corpo attraverso la dinamica musicale: una prima, fisica, azione che “modella” l’anima:

sono soprattutto il ritmo e l’armonia che vengono interiorizzati nell’anima e la possiedono con la maggior forza, recando con sé la grazia e plasmandola [2]

e una seconda, magica, azione che getta sull’anima una specie di “incantesimo” musicale [3], riscontrabile ad esempio in questo passo:

quando dunque uno consente alla musica di incantarlo con i suoi flauti e di inondare l’anima attraverso le orecchie, quasi fossero un imbuto, con quelle armonie dolci e molli e lamentose […] e passa la vita intera canticchiando motivi con aria beata, costui dapprima se ha in sé qualcosa di collerico, lo addolisce come il ferro e lo rende utile da inutile e duro che era – ma poi, se continua senza smettere e anzi cede all’incanto, lo fa ormai fondere e liquefare. [4].

Riguardo al potere incantatorio della musica, notiamo che anche nel Protagora le parole dell’omonimo sofista sono paragonate alla musica di Orfeo [5] e nel Fedro si connota Trasimaco anche attraverso la sua capacità di affascinare con incantesimi. Occorre aggiungere, afferma Gastaldi nel suo saggio La mimesis e l’anima, che «anche il filosofo è in grado, secondo Platone, di attribuire alle sue parole un potere altrettanto coinvolgente. Basti leggere, al riguardo, l’elogio che Alcibiade fa di Socrate nel Simposio: i suoi discorsi esercitano un fascino ancora maggiore delle melodie di Marsia, sebbene non siano accompagnati da strumenti musicali, e provocano uno stato di possessione […] l’equiparazione tra il logos e l’incantesimo è sancita poi dalle Leggi, in cui gli interventi del legislatore […] sono assimilati agli incantesimi» [6].

10. Il filosofo come il perfetto accordo di vita, parole, azioni. Le conclusioni

Siamo partiti all’inizio di questo breve excursus con l’intento di fare un’analisi – del tutto incompleta e qui appena abbozzata – del significato della musica in Platone, di modo da far emergere, in seconda battuta, la filosofia che essa nasconde nel rapporto fra il corpo e l’anima. Per molti aspetti, sembra che siamo ancora in attesa: ci troviamo lungo un crinale sul quale possiamo vedere due distinte prospettive. Una, la prospettiva che sacrifica la musica alla ragione, per forza di cose silenziosa, senza suono. L’altra, che non la sacrifica, ma anzi ne fa la chiave di lettura dell’uomo.

Ebbene, a mio parere Platone propende per la prima, anche se non va fino in fondo, non compie fino alla fine il sacrificio che ci si aspettava. L’attesa dura ancora. E tuttavia, nell’indugiare, scopriamo dinanzi a noi un orizzonte nuovo, che compenetra le due prospettive e ci dà, forse, il sigillo del rapporto fra anima e corpo, il sigillo della filosofia. Come abbiamo accennato all’inizio, la musica è “scienza d’amore”, e perciò prendendo ancora a prestito le parole del Simposio, mi accingo a trarre le conclusioni del mio ragionamento.

Eraclito […]. “L’unità in sé discorde” dice, “con se stessa s’accorda, come l’armonia dell’arco e della lira” […] l’armonia […] forse voleva dire che essa nasce da elementi prima discordanti, l’acuto e il grave, per esempio, che si sono poi accordati per virtù della musica. In verità, l’armonia è consonanza e la consonanza è accordo; non è possibile, ora, che vi sia accordo da cose discordi finché restino tali, come impossibile è che vi sia armonia quando gli elementi discordanti non abbiano trovato il loro accordo; così come il ritmo, del resto, che risulta dal veloce e dal lento prima discordi tra loro ma poi armonizzati insieme. E l’accordo fra tutti gli elementi […] è dato dalla musica che produce, quindi, tra loro, reciproca armonia e corrispondenza. [7]

Elementi discordanti sono l’anima e il corpo. Elementi discordanti che l’armonia dovrebbe accordare, come ricorda Eraclito. Ma l’armonia, afferma Platone, è consonanza. Potremmo dire noi: è coerenza. La coerenza è quella, armoniosa, del filosofo che parla, agisce e vive in modo musicale, consonante. L’unica sua dissonanza avverrà “sul filo dell’attesa” della morte, che è poi il filo dell’attesa del sacrificio della musica alla ragione. Andrea Tagliapietra, nella sua Introduzione al Fedone, ci dice: «nella versione musicale de La mort de Socrate Erik Satie faceva succedere alla continuità regolare degli accordi […] un’unica stridente dissonanza: proprio in corrispondenza del sussulto di Socrate un “do naturale” si scontrava con un “do diesis”. Allora, quest’incrinatura, questa nota dissonante che la musica inventa sul fallimento di ogni parola, rimane sospesa nell’aria come sul filo dell’attesa, sentinella avanzata di fronte al mistero della morte» [8].

È questo il sigillo finale della filosofia, il sigillo di Socrate, che tuttavia è anche il sigillo di Platone, se si presta fede a un aneddoto, conservato dalla tradizione dell’antica Accademia sulla morte del suo fondatore, che narra: «negli anni della disfatta ateniese per mano di Filippo il Macedone, Platone, ormai vecchio e malato, ricevette la visita di un misterioso viaggiatore caldeo. Al calar della notte, secondo l’uso pitagorico, una donna tracia intonò, con il flauto, un’apposita melodia per scacciare la febbre. Ma a un tratto la flautista sbagliò il tempo e il filosofo si volse verso l’ospite per lanciargli un’occhiata di disappunto. Allora il Caldeo lodò i greci per la sua sensibilità nei confronti della musica. Il giorno seguente Platone morì» [9].

 

Note:

[1] Cfr. Pelosi, op. cit., p. 9.

[2] Platone, La Repubblica, III libro, 401e, ed. cit., p. 117. Il grassetto è mio.

[3] Cfr. Pelosi, op. cit., pp. 10-11.

[4] Platone, La Repubblica, III libro, 411a-b, ed. cit., p. 135. I grassetti sono miei.

[5] 315 a-b

[6] Gastaldi S., La mimesis e l’anima, in: Platone, La Repubblica, traduzione e commento a cura di Vegetti M., Vol. VII, Bibliopolis, Napoli 2007, p. 118.

[7] Platone, Il Convito, cap. XII, trad. di Nino Marziano, Garzanti, Torino 1981, pp. 206-207.

[8] Tagliapietra A., Introduzione, in Platone, Fedone, trad. it., di Andrea Tagliapietra, Feltrinelli, Milano 2004, p. 53.

[9] Ivi, p. 54.

 

Articolo iniziale: Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikē alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (1)


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply