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Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (3)

Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (3)

Mag 06

 

Articolo precedente: Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikē alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (2)

 

4. Damone e l’etica musicale

In seguito, nel III libro della Repubblica, dopo aver citato Damone, teorico dell’educazione musicale ancora vivo mentre la Repubblica veniva redatta, pericleo, Platone si lancia in un discorso che collega il rithmòs al carattere dell’anima:

“Ma almeno questo lo potrai discernere, che la buona e la cattiva grazia dipendono dal buon ritmo o dal cattivo ritmo?”. “Come no?”. “Ma il buon ritmo e il cattivo ritmo tengon dietro, per assimilazione, l’uno alla bella dizione, l’altro a quella opposta, e così anche l’armonico e il disarmonico, se è vero, come si diceva poco fa, che il ritmo e l’armonia dipendono dal discorso, e non il discorso da loro”. […] “Dunque il buon discorso, la buona armonia, la buona grazia e il buon ritmo dipendono da un buon carattere” [1].

È interessante ora quantomeno accennare all’etica musicale di Damone, che in modo molto contingente alla questione della mimesis affermava che la modalità con cui i suoni e i ritmi agiscono sull’anima è «quella della somiglianza: l’anima imita la qualità dei suoni e dei ritmi, capaci pertanto, se armoniosi, di instaurare ordine e autocontrollo, e, se confusi e disordinati, di condurre a una configuazione del tutto opposta» [2].

L’educazione musicale nutre l’anima di cose belle, e induce a biasimare le brutte. Nutre il corpo di grazia, e l’aspetto di bellezza. Rende l’uomo bene educato, padrone di sé, del proprio corpo, della propria anima. Lo tende alla nobiltà di atteggiamento, di gesti e di movenze aggraziate. Così facendo, una volta nella maturità della vita, egli accoglierà con gioia la (silente) ragione [3]. Ragione che rispecchia la perfetta corrispondenza esterno-interno, kalòs kaì agathòs, compiendo l’uomo eticamente. Infatti, in 402d si dice:

Lo spettacolo di un uomo cui tocchino insieme un bel carattere nell’interiorità dell’anima e un aspetto esterno in armonico accordo con esso […] non sarebbe il più bello per chi lo potesse osservare? [4]

 

5. Musikè e amore: cura dell’anima ed erotica del bello, ma con moderazione

Dopo tutto questo non stupisce, allora, la definizione di amore che viene data in 403a, e cioè:

l’amore retto non è per sua natura rivolto, con moderazione e musicale armonia, verso una ben ordinata bellezza?[5],

un sentimento che culmina in quella che Vegetti traduce “erotica del bello” [6]. Ma soffermiamoci un momento sui termini “moderazione” e “musicale armonia”. È la seconda a dare vita alla prima, nell’anima, ma solo se ha gli attributi, necessari, di bellezza e semplicità (ciò viene ribadito anche in 404e). Insomma, viene detto anche esplicitamente, la musica trova il suo compimento nell’amore del bello. Musica è, dunque, “cura dell’anima”, mentre la ginnastica lo è del corpo. Ma ci sono anche dei rischi che la musica presenta, ad esempio la mollezza [7]. Bisogna allora riuscire a instaurare un giusto equilibrio fra ginnastica e musica, di modo da non eccedere nell’uno o nell’altro, ma applicarle secondo la misura più giusta, quella moderazione di cui sopra, che induce alla perfezione musicale e armonica: le due corde dell’anima (quella collerica e quella intellettuale) vanno accordate nella giusta armonia. Anche nel Simposio Erissimaco suggerisce che vi sia solo un amore buono, che è compreso nella sfera della musikē:

Ma quando è questione di usare ritmo e armonia in relazione a persone, componendo, quello che chiamano composizione di canzoni, o usando ciò che è stato composto per mezzo di melodie e misure, ciò che viene chiamato “educazione”, sorge una difficoltà e si richiede la presenza di un buon artista. Infatti, si torna allo stesso punto di prima: che bisogna concedere i propri favori a quelle persone che sono temperanti, e in un modo in cui diverranno più temperanti quei che non lo sono ancora, ed è il loro amore che deve essere apprezzato [8].

In altre parole: la musica produce un’anima bella, buona e temperante. Solo a coloro che possiedono tali caratteristiche bisogna “concedere i propri favori”, solo il loro amore va ricercato. Ed è colui che fa musica che ne crea le potenzialità, che deve “favorire” e “apprezzare” desideri moderati [9]. Ritorna il motivo della temperanza, o moderazione, che nel Simposio è molto probabilmente polemicamente rivolto ad Aristofane allorquando si afferma che il musico deve evitare di abbandonare alla volgarità sé e il suo pubblico [10]. Amore dev’essere cantato[11], musicato, e in maniera bella per essere davvero tale, poiché deve incantare[12]. Più avanti tornerò su quest’ultimo verbo, che Pelosi analizza nel suo saggio Plato on music, body and soul.

 

Note:

[1] Platone, La Repubblica, 400c-400e, Vol II, ed. cit., pp. 115-116.

[2] Gastaldi S., in Platone, La Repubblica, ed. cit., p. 383.

[3] Vedi Platone, La Repubblica, III Libro, 401e-402a.

[4] Platone, La Repubblica, III libro, ed. cit., p. 119. Il grassetto è mio.

[5] Platone, La Repubblica, III libro, ed. cit., p. 120. Il grassetto è mio.

[6] Ivi, p. 121.

[7] Vedi 410d.

[8] Platone, Simposio, 187c8-d7, in: Rowe Christopher, Il Simposio di Platone. Cinque lezioni con un contributo sul Fedone e una breve discussione, a cura di Maurizio Migliori, Academia Verlag, Auflage 1998, p. 29.

[9] Cfr. Rowe, op. cit., p. 30.

[10] Cfr. Ivi, p. 31.

[11] Il corsivo è mio.

[12] Il corsivo è mio.

 

Articolo successivo: Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikē alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (4)

 

 


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