Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (1)
Sul filo dell’attesa del sacrificio di musikè alla silente ragione. Un breve viaggio nella filosofia della musica di Platone (1)
Apr 22
1. Introduzione
Definita nel Simposio “scienza d’amore per quanto riguarda il ritmo e l’armonia” [1], la musica viene associata, nella cultura greca, alla divinità di Apollo, figlio di Zeus, il dio associato anche alla luce, all’ispirazione poetica, alla sapienza, il dio a cui più spesso i filosofi si sono richiamati, insieme con Atena. Per questo non è casuale se intendiamo, nel presente lavoro, analizzare il significato di musikē in Platone, attraverso la sua relazione con la filosofia.
Innanzitutto una premessa: con questo termine, musikē, intendiamo un fenomeno comprensivo dell’aspetto strumentale, ma anche dell’aspetto vocale e coreutico [2], che include varie e possibili interazioni fra i sensi e la psiychē. Tuttavia, un ruolo non secondario svolge la musica vera e propria, meramente vocale o meramente strumentale [3]. Per fare chiarezza sulle questioni filosofiche, dovremmo – parafrasando Francesco Pelosi – puntare i riflettori sulla musikē, riflettendo su di essa [4]. Infatti la filosofia emergerà solo in un secondo momento, alle spalle della musica, che ne adombra con la sua vivacità, almeno all’inizio, gli iridescenti colori.
2. “La filosofia è la musica più grande”
Differenti sono le componenti di musikē ma tutte si pongono sotto il patrocinio delle Muse, ci ricorda Silvia Gastaldi nel suo saggio Paideia/mithologia [5]. Alle Muse è collegato il predominio dell’armonia nell’universo, e in particolare della musica. Le Muse cantano – dirette da Apollo – e allietano gli dèi: pur presiedendo a tutte le arti, dunque, specificatamente sono musicali e afferiscono alla musica. E, chissà, potrebbero averci messo lo zampino nel sogno che nel Fedone [6] Socrate sostiene di aver avuto, e in seguito al quale confessa di aver interpretato l’invito a “praticare e comporre musica” come un invito a praticare la “musica più grande”, la più alta delle musiche che è la filosofia [7].
Sempre nel Fedone [8] viene confutato che l’anima sia un accordo prodotto dallo strumento del corpo: se infatti lo strumento cedesse, l’anima sarebbe la prima a morire e non sarebbe separabile dal corpo. Inoltre, se davvero costituisse l’accordo prodotto dal corpo, si troverebbe in uno stato di perpetua accordatura. È invece l’anima che produce in sé l’armonia accordata che imprime il corpo. Abbiamo in quest’opera due diverse accezioni della musica: come arte musicale e come filosofia [9]. È tuttavia non solo il Fedone, ma ogni dialogo platonico una danza complessa e articolata di discorsi: in questo senso, ogni dialogo forse costituisce una musikē dell’attività filosofica platonica e socratica.
Note:
[1] Platone, Simposio, cap. XII, 187b-c, in Il Convito, Garzanti, Torino 1981, pp. 206-207, trad. di Nino Marziano.
[2] Cfr. Pelosi F., Plato on Music, Body and Soul, Cambridge University Press 2010, p. 2.
[3] Cfr. Gastaldi S., in Platone, La Repubblica, traduzione e commento a cura di Vegetti M., Vol. II, Bibliopolis, Napoli 1998, p. 342.
[4] Cfr. Pelosi, op. cit., p. 3.
[5] Contenuto in: Platone, La Repubblica, traduzione e commento a cura di Vegetti M., Vol. II, Bibliopolis, Napoli 1998, pp. 333-392.
[6] 60-61b.
[7] Cfr. Pelosi, op. cit., p. 1.
[8] 85e-96a.
[9] Cfr. Pelosi, op. cit., p. 1.
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