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Porfirio, Contro Boeto Sull’anima (4)

Porfirio, Contro Boeto Sull’anima (4)

Mar 18

Articolo precedente: Porfirio, Contro Boeto Sull’anima (3)

Eusebio, Preparazione evangelica, XV 11, 4: Dunque tutti quanti gli altri proferimenti verbalizzati da altri per quanto concerne l’anima ci recano vergogna. Come, ecco, non è vergognoso il ragionamento che fa dell’anima l’entelechia di un corpo fisico organico? Come, dunque, non è carica di vergogna la lettura che la indica come un soffio che ha un qualche modo d’essere o un fuoco intellettuale acceso o temprato per opera del raffreddamento e come dalla tempra dell’aria e l’opinione che fa di essa un aggregato di atomi oppure professa in generale che essa è generata dal corpo? Dunque, proprio questo ragionamento di empi egli nelle Leggi disse essere empio. Tutti questi ragionamenti dunque sono pieni di vergogna. Nessuno d’altronde, professa, si vergognerebbe di chi la definisce essenza semovente.

Eusebio, Preparazione evangelica, XV 16, 1-2: Dunque, dopo aver vocato Dio fuoco intellettuale, non esitano a lasciarlo eterno e ad allegare che tutto distrugge e divora come se fosse un fuoco tale e quale a quello conosciuto da noi e a delegittimare Aristotele che si oppone all’affermazione che l’etere emerge da un fuoco di questo genere. Dunque, alla domanda su come tale fuoco permanga allegano la risposta che non è un fuoco alternativo, ma dopo averlo vocato in questo modo e aver preteso di fidarsi dei loro giudizi, accoppiano questa fede illogica con l’osservazione che è anche eterno, pur rifacendosi all’enunciato che il corpo etereo in parte si spegne e s’accende. D’altra parte, perché si dovrebbe proseguire più in là in quest’itinerario protestando contro la cecità di costoro verso la loro proposta e protestando contro la loro faciloneria e il loro disprezzo per le lezioni degli antichi?

Simplicio, Commentario al De Anima 247, 23-26: A ragione, infatti, Aristotele ha aggiunto «eterno», come Platone, nel Fedone, ha aggiunto «indistruttibile», perché non pensiamo, come Boeto, che l’anima, giacché principio infondente la vita, è immortale, giacché non rimane essa stessa a subire la morte in occasione dell’arrivo di questa, ma che perisce per esito del distanziamento dal vivente in occasione dell’arrivo della morte.

Articolo iniziale: Porfirio, Contro Boeto Sull’anima (1)


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