Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 6
Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 6
Nov 23
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6. Come dunque guarda e che cosa, e come in generale è stato costituito ed è nato uscendo da quello, così da guardare? Adesso infatti l’anima ha sì afferrato la necessità dell’essere di questi enti, eppure anela [a chiarire] questo [problema] dibattuto anche dai sapienti antichi: come uscendo da quest’uno, ch’è tale |5| quale argomentiamo che l’uno sia, ha avuto sussistenza una realtà qualsiasi, sia essa pluralità, diade o numero, ma quello [l’uno] non è rimasto in se stesso, tutt’altro: uscendone è scaturita una pluralità tanto grande che si guarda negli essenti; valorizziamo dunque l’esigenza di ricondurla a lui.
In questo modo quindi si ragioni, dopo aver chiamato dio stesso non con un discorso a voce alta, |10| tutt’altro: coll’anima tendendo noi stessi verso la preghiera a lui, noi che possiamo pregare in questo modo, da soli a solo. Il contemplante allora deve ‒ mentre egli [il dio] è in se stesso nell’interno come in un tempio rimanendo quieto al di là di tutte le cose nel lor insieme ‒ contemplare le statue [15] che già stanno volte come all’esterno, o meglio la statua che |15| per prima è apparsa [16], apparsa in questo modo: per tutto quel che si muove deve esservi qualcosa verso cui si muove; se invece per quello non v’è nulla, non poniamo ch’esso si muova, d’altronde, se qualcosa si genera dopo di lui, è necessario si sia generato giacché quello [l’uno] sempre s’è rivolto a sé.
Sia fuor dai piedi, ordunque, per noi la generazione |20| nel tempo quando argomentiamo il ragionamento sugli enti eternamente essenti: quando, dunque, col ragionamento adattiamo ad essi la generazione per ridare ad essi causalità ed ordine, non bisogna professare che quel che quindi nasce da là si generi giacché [quel che genera] s’è mosso; se infatti qualcosa si generasse giacché lui s’è mosso, allora il generato si genererebbe per terzo a partire da quello, dopo il movimento, |25| e non per secondo. Quindi, se vi è qualcosa di secondo dopo di lui, la sua esistenza deve suscitarsi mentre quello è immobile e non annuisce né vuole né in generale si muove. Come quindi e che cosa si deve pensare per quanto riguarda quello, che rimane [in sé]? V’è un irraggiamento emesso da lui, sì, emesso da lui che comunque rimane [in sé], come [avviene] per il sole: lo splendore intorno a lui gli corre come |30| intorno, generato eternamente da lui che rimane [in sé]. E tutti gli essenti, sinché permangono, donano emettendo dalla loro essenza, emettendo dalla potenza presente [in loro], una realtà, articolazione dipendente da essi, sussistente necessariamente, la quale, attorno ad essi, [è emessa] verso l’esterno di essi, essendo immagine come degli archetipi dai quali è nata; il fuoco, orbene, [dona] il calore presso di esso; |35| anche la neve non ha il freddo solo dentro; tutte quante le sostanze odorose, dunque, testimoniano questo al meglio; sinché infatti sono, qualcosa esce da esse proiettato intorno ad esse, una sostanza di cui gode colui ch’è accostato ad esse.
Ordunque, tutte quante le cose ormai perfette generano; quel ch’è invece sempre perfetto sempre ed in eterno genera; genera dunque un inferiore a sé. Che cosa quindi bisogna argomentare per |40| quanto concerne il perfettissimo? Nulla deriva da lui se non le realtà massime dopo di lui. Massimo, dunque, dopo di lui è intelletto e realtà seconda; ed infatti l’intelletto guarda quello ed abbisogna di lui solo; quello invece [non abbisogna] per nulla di questo; ed il generato da quel ch’è migliore dell’intelletto è intelletto, e l’intelletto è migliore di tutti gl’enti nel lor insieme, giacché gli altri son dopo di lui; |45| come anche l’anima è ragionamento espresso ed un qualche atto dell’intelletto, al modo in cui lui stesso [l’intelletto] lo è di quello [dell’uno].
D’altronde il ragionamento dell’anima è oscuro ‒ infatti è come un’immagine dell’intelletto ‒, per questo deve anche guardare all’intelletto; l’intelletto, dunque, allo stesso modo [deve guardare] a quello [17], affinché sia intelletto. Lo guarda dunque, non perché siano separati, ma perché è dopo di lui ed in mezzo non v’è nulla, come neppure tra anima ed intelletto. |50| Ognuno, ordunque, anela al genitore e lo ama, ed al meglio quando siano soli il genitore ed il generato; quando dunque il genitore sia anche l’ottimo, di necessità [il generato] è con lui, cosicché rimangono separati sol dall’alterità.
Note
[15] Gli intelligibili.
[16] L’intelletto in generale.
[17] L’uno.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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