Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 2
Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 2
Ott 26
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2. Ogni anima, allora, interiorizzi in primis questo, che essa ha realizzato tutti i viventi insufflando in essi la vita, sia quelli che nutre la terra sia quelli che nutre il mare, sia quelli che son nell’aria sia quelli che son nel cielo, astri divini, essa dunque [ha realizzato] il sole, essa dunque [ha realizzato] questo maestoso |5| cielo, essa l’ha anche adornato, essa dunque permette che giri in modo ordinato, essendo una natura altra dalle cose che adorna e dalle cose che sollecita a muoversi e dalle cose che fa vivere; ed è necessario che sia più preziosa di queste cose, giacché queste si generano e si corrompono quando l’anima le lascia o prodiga il vivere, mentre essa è eternamente per questo: non lascia derelitta se stessa [2]. |10|
Qual è dunque il modo del prodigare il vivere, e nel tutto complessivo e nei singoli? Ragioni in questo modo: un’altra anima, ordunque, ispezioni la grande anima, giacché è divenuta degna d’ispezionare cose non piccole essendosi alienata, nello stato quieto, dall’inganno e dalle cose che han sedotto le altre. Siano dunque per essa quieti |15| non solo il corpo attorniante ed il flusso del corpo, ma anche tutto l’habitat intorno: quieta dunque la terra, quieto dunque il mare e l’aere e lo stesso cielo silenzioso. Pensi dunque che da ogni parte l’anima dall’esterno ‒ come dire? ‒ scorre in esso, il quale è statico, vi s’effonde e da ogni parte vi transita e risplende; |20| come i raggi di sole [3], illuminando una nube buia, la fan splendere, ridando una visione dorata, così anche l’anima, arrivata al corpo del cielo, gli ha dato vita, dunque gli ha dato immortalità, dunque ha svegliato lui che riposava. Egli dunque, mosso d’un movimento eterno dall’anima che lo guida in saggezza, è divenuto un vivente felice, |25| ed il cielo ha avuto dignità quando l’anima vi s’è accasata, giacché era, prima dell’anima, corpo cadavere, terra ed acqua, o meglio, buio di materia e non essere e ciò che gli dèi odiano [4], professa qualcuno. Ordunque, la potenza e la natura di essa potrebbero divenire più appariscenti e più chiare, se qui si pensasse a come attornia e guida, colle |30| sue volontà, il cielo.
Infatti a tutta questa magnitudine, per quanto è grande, ha dato se stessa, ed ogni estensione, sia grande sia piccola, è stata animata, dal momento che il corpo si trova alienato in posizioni diverse l’una dall’altra, ovvero una parte è qui, un’altra invece lì, ed alcune parti esistono in direzioni opposte, altre invece hanno un’altra separazione l’una dall’altra. |35| Ma l’anima non è in questo modo, né, spezzettata, fa vivere ciascuna cosa con una sua parte, tutt’altro: tutte le cose vivono per lei intera, ed è presente tutta quanta dappertutto, assimilatasi al padre che l’ha generata [5] sia conformemente all’unità sia conformemente all’onnipresenza. Ed il cielo, pur essendo plurale e alienato in posizioni alternative, è uno per la potenza di questa, |40| e questo cosmo è un dio a causa di questa. Ordunque, anche il sole è un dio perché animato, e anche gli altri astri, e anche noi ‒ ecco, cadaveri da estromettere più che gli sterchi [6] ‒, se per vero siam qualcosa, a causa di questo. Ordunque, è necessario che la causa, per gli dèi, dell’essere dèi sia un dio più venerabile di essi. Ordunque, anche la nostra [anima] è d’una simil specie e, quando |45| l’ispezioni senza gli elementi aggiunti, assuntala da purificata, troverai la cosa preziosa in sé, che era l’anima, più preziosa, allora, di tutto ciò che è corporeo. Tutte le cose infatti son terra; se anche fossero invece fuoco, che cosa mai sarebbe l’accenditore di esso? E così per tutti quanti i composti effettuati da questi, anche se aggiungessi ad essi acqua ed anche aria. Se inoltre [il corpo] sarà bramabile perché animato, perché |50| rigettando se stessi si brama altro? Ammirando dunque l’anima in un altro, ammiri te stesso.
Note
[2] Platone, Fedro, 245 c 8.
[3] Euripide, Oreste, 1259; Sofocle, Aiace, 877.
[4] Omero, Iliade, XX 65.
[5] L’intelletto.
[6] Eraclito, frammento 96 DK.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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