Plotino, Enneade V 8 [31: Sulla bellezza intelligibile], 1
Plotino, Enneade V 8 [31: Sulla bellezza intelligibile], 1
Ott 25
1. Giacché professiamo che colui che s’è trovato alla contemplazione del cosmo intelligibile e ha compreso la bellezza del non-latente nous [: del vero intelletto], proprio questi potrà ammettere nell’intelligenza anche il padre di questo e colui ch’è al di là del nous [: dell’intelletto], sperimentiamo il vedere e l’evocare per noi |5| stessi, così come si è qualificati per evocare tali cose, come qualcuno potrebbe contemplare la bellezza del nous [: dell’intelletto] e di quel cosmo.
Poste l’una accanto all’altra, siano dunque, se vuoi, <due> pietre nella lor massa, l’una aritmica e impartecipe della tecnica, l’altra invece già vinta dalla tecnica a [divenire] scultura d’un dio od anche d’un qualche |10| umano, se d’un dio d’una Grazia o d’una qualche Musa, se d’un umano non d’uno qualunque, tutt’altro: d’uno che la tecnica abbia realizzato qual esito di tutte le esistenze belle; orbene, quella ch’è germinata nella bellezza d’un eidos [: di una forma] può parere bella non a causa dell’essere pietra ‒ siccome [se così fosse] allora anche l’altra sarebbe similmente [bella] ‒, tutt’altro: a partire dall’eidos [: dalla forma], che la tecnica ha iniettato. |15| Ordunque, questo eidos [: questa forma] non l’aveva la materia, tutt’altro: era nell’inventore intelligente anche prima d’arrivar alla pietra; era dunque nel demiurgo non in quanto occhi o mani erano suoi, tutt’altro: giacché partecipava della tecnica. Era allora, questa bellezza inerente alla tecnica, più amena in pieno; siccome quella [bellezza], l’inerente alla tecnica, non arrivò alla pietra, |20| tutt’altro: mentre quella permane, l’altra, derivata da lei, è inferiore a lei; inoltre, né questa è rimasta pura in essa [: nella pietra] né [rimase] quale volle [l’artista], bensì quanto la pietra ha ceduto alla tecnica. Se dunque la tecnica realizza questo che tal quale a ciò che [essa] è ed ha ‒ realizza dunque la bellezza conformemente al logos [: forma razionale] di ciò che realizza ‒, è bella meglio e più non-latentemente [: veramente], |25| avendo la bellezza della tecnica, migliore eccome e più bella di quanto [non sia quella realizzata] nell’esterno. E difatti, di quanto uscendo alla volta della materia s’estende, d’altrettanto divien più astenica di quel che rimane nel singolo [: nell’uno]. Siccome si distanzia da se stesso tutto ciò che sta diviso, se è vigore, nel vigore, se è calore, nel calore, se è in generale potenza, nella potenza, se è bellezza, |30| nella bellezza. E tutto quel che per primo realizza conformemente a se stesso deve essere più esimio del realizzato; siccome non è la mancanza d’armonia musicale che fa il musico, bensì la musica, e quella nel sensibile [la fa] quella ch’è prima di questo [: del sensibile]. Se dunque qualcuno stima indegne le tecniche giacché realizzano imitando la natura, per prima cosa va professato che anche le nature imitano altre cose. Inoltre occorre |35| avvedersi che non imitano semplicemente quel che si guarda, bensì risalgono ai logoi [: alle forme razionali], da cui fu estrinsecata la natura. Inoltre [occorre sapere] sia che realizzano più cose da se stesse sia che fanno aggiunte a chi è derelitto in qualcosa, siccome hanno la bellezza; giacché anche Fidia realizzò il Giove non obbedendo a nessun sensibile, tutt’altro: assumendolo quale |40| sarebbe stato [1], se Giove avesse consentito ad apparire a noi, attraverso gl’occhi.
Note
[1] Aristotele, Poetica, 9, 1451 a 37; 1451 b 5.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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