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Plotino, Enneade V 6 [24: Sul fatto che quel ch’è al di là dell’essente non pensa e che cos’è il primariamente pensante e che cosa il secondariamente], 1

Plotino, Enneade V 6 [24: Sul fatto che quel ch’è al di là dell’essente non pensa e che cos’è il primariamente pensante e che cosa il secondariamente], 1

Mag 28

 

 

1. Un conto è pensare un altro, mentre un altro conto è pensare se stesso, il che già fugge meglio l’essere due. Ordunque, quel che s’è detto per primo [il pensiero discorsivo che pensa un altro] vuole anch’esso [fuggire l’essere due], ma lo può meno; presso di sé, ecco sì, ha ciò che guarda, eppure [lo ha] essendo altro [diverso] da quello [da ciò che guarda]. Il secondo [l’intelletto] invece non è separato nell’|5|entità [nella sostanza da ciò che pensa], tutt’altro: essendo con se stesso guarda se stesso. Diviene dunque ambedue essendo uno. Pensa dunque meglio, giacché ha [ciò che pensa], e pensa primariamente, giacché il pensante deve essere uno e due. Ed infatti se, ecco, non sarà uno, altro sarà il pensante, altro il pensato ‒ non sarebbe allora primariamente pensante, giacché, assumendo l’intellezione d’altro, non sarà il primariamente pensante, |10| giacché ciò che pensa non l’ha come suo, cosicché neppure [l’ha] come se stesso; o, se l’ha come se stesso, così da pensare in senso proprio, i due saranno uno; bisogna allora ch’ambedue siano uno ‒, e se invece sarà uno, e dunque non sarà due, non avrà alcunché da pensare; cosicché [l’uno] non sarà neppure pensante. Bisogna allora che sia semplice e non-semplice.

Ordunque, si potrebbe afferrare meglio ch’esso è questa talità rivenendo alla vetta a partire dall’|15|anima; qui infatti è più facile dividere e si può vedere più facilmente la duplicità. Se dunque qualcuno porrà una duplice luce, l’una, l’anima, come la inferiore, l’altra, l’intelligibile da parte di essa, come quella ch’è più pura, e poi porrà che la luce che guarda sia uguale alla guardata, non avendo più da dividerle nella differenza farà sì che le due siano una, |20| pensando sì che siano due, eppure riguardandole ormai come una; in questo modo piglierà l’intelletto e l’intelligibile.

Ebbene, noi col ragionamento li abbiamo resi da due uno; comunque, inversamente, da uno sono due, giacché pensa, ponendo se stesso come due, o meglio essendo, giacché pensa, due e, giacché [pensa] se stesso, uno.

 
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 

Brano seguente: Plotino, Enneade V 6 [24: Sul fatto che quel ch’è al di là dell’essente non pensa e che cos’è il primariamente pensante e che cosa il secondariamente], 2

 

 


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