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Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 2

Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 2

Set 03

 

 

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2. Non si deve allora né cercare gli intelligibili all’esterno [dell’intelletto] né giudicare che nell’intelletto vi sono i tipi [: le impronte] degli essenti né, astraendoli dalla non-latenza [: verità], ridurre gli intelligibili a inconoscibilità e insussistenza ed eziandio eliminare l’intelletto stesso. Tutt’altro: se per davvero |5| si deve esigere l’introduzione sia della conoscenza sia della non-latenza [: verità] e serbare gli essenti e la conoscenza del che cos’è ciascuno, non già di che quale [: qualità] sia ciascuno, giacché abbiamo un idolo [: un’immagine] e un segno di esso, ma non abbiamo le cose stesse e altresì non siamo con esse e non ci confondiamo con esse, all’intelletto non-latente [: verace] van dati tutti gli enti, giacché in questo modo avrà visto [: conoscerà], ovvero |10| avrà visto non-latentemente [: conoscerà veracemente], e non oblierà nella latenza né andrà in peregrinazione cercando, e la non-latenza [: verità] sarà in lui e sarà sede per gli essenti e vivranno e penseranno. I quali dunque devono tutti sussistere nelle pertinenze della natura più beata; o [: altrimenti] dove sarà quel ch’è stimabile e onorabile?

Sì, difatti in questo modo [l’intelletto] non abbisogna né di dimostrazione né di fede [: convinzione] che indichino che è in questa condizione |15| ‒ siccome lui stesso è in questa condizione e lui stesso è illuminato [: chiaro] a se stesso ‒ e se qualcosa è prima di lui [: dell’intelletto], che esce da esso, e se qualcosa è dopo di quello [: dopo ciò che precede l’intelletto], che è lui stesso [: l’intelletto] ‒ e nessuno è più fiducioso [: certo] per lui per quanto riguarda lui ‒ e che là [l’intelletto] è questo, e ontologicamente.

Sicché anche la non-latenza ontologica [: verità reale] non è consonante con altro bensì con se stessa, e null’altro [: nulla di diverso] enuncia oltre se stessa, tutt’altro: |20| ciò che enuncia, anche è, e ciò che è, questo anche l’enuncia.

Chi quindi potrebbe confutarla? E da dove deriverebbe la confutazione? Giacché la confutazione offerta va a identificarsi colla voce precedente e, anche se la si rechi come altro [: qualcosa di diverso], è trasferita alla voce che ha enunciato dall’inizio, ed è assimilata come una [con lei]; siccome non potresti trovare altro di più non-latente [: vero] del non-latente [: vero].

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 

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