Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 9
Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 9
Mar 21
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9. La psiche [: l’anima] quindi, come sembra, ovvero la parte più divina della psiche [: dell’anima], deve visionarla colui che si propone d’esser avveduto su [: di conoscere] che cos’è il nous [: l’intelletto]. Questo potrebbe generarsi forse anche per questa via, se astrai per prima cosa il corpo dall’umano e, manifestamente, da te stesso, dopodiché anche la psiche [: l’anima] che plasma |5| questo [corpo] e ancor meglio la sensibilità, i desideri dunque e i fumi [: le ire] e le altre sciocchezze di questo conio, tali che annuiscono al mortale, e anche del tutto. Dunque la reliquia [: ciò che resta] di essa è questo, ciò che abbiam professato esser icona del nous [: immagine dell’intelletto] serbante qualche luce di lui, come per il sole oltre la sfera della sua magnitudine v’è la lampa intorno a essa, |10| emessa da essa. Quindi per quanto riguarda la luce del sole non v’è alcuno che concederebbe che sia occorrente di per se stessa attorno al sole stesso, da cui s’è originata e intorno a cui permanette, dunque procedendo eternamente [: sempre] nel suo itinerario d’esistenza altra [: diversa] da quel che, altro [: diverso], è prima di essa, sino ad arrivare a noi, ovvero sull’oggetto terra, tutt’altro: tutta [la luce], anche quella attorno al sole stesso, l’identificherà in altro, al fine di non concedere un’estensione |15| vuota di corpo dopo il sole.
Ordunque, la psiche [: l’anima] emessa dal nous [: dall’intelletto] e germinata quale luce attorno a esso permane articolazione attaccata ad esso e non è in altro bensì attorno a lui, né v’è luogo per essa; siccome non v’è neanche per quello. Ondepercui la luce del sole è nell’aria, mentre la psiche [: l’anima] stessa, ch’è tale, è pura, sicché può esser guardata occorrente di per se stessa e da |20| essa stessa e da un’altra cotale.
E bisogna ch’essa sillogizzi per quanto riguarda il nous [: l’intelletto], ispezionandone a partire da se stessa di che qualità sia, mentre il nous [: l’intelletto] [conosce] se stesso non sillogizzando per quanto lo riguarda; siccome è presente eternamente a sé, mentre noi lo siam allorché ci volgiamo a lui; siccome è parcellizzata la nostra vita e le vite son più [: molte], mentre egli non abbisogna per nulla d’un’altra vita o d’altre [vite], |25| tutt’altro: quelle che abilita le abilita per altri, non per se stesso; siccome né abbisogna degli inferiori né abilita per sé l’inferiore, avendo il tutto, né [si concede] le tracce avendo gli enti pristini, o meglio non avendoli bensì essendo egli stesso questi.
Se dunque qualcuno non può avere tale psiche [: anima] pensante puramente, assuma la doxastica [: quella opinante], |30| dopodiché rivenga all’eminenza a partire da questa. Se dunque [non può raggiungere] neanche questo, ascolti la sensibilità, recante gli eidē [: le forme] in modo più plateale, la sensibilità che occorre di per se stessa assieme alle sue potenze e quella ch’è già in mezzo agli eidē [: alle forme]. Se dunque qualcuno vuole, venendo in basso transiti anche su quella generativa, sino anche agli oggetti che realizza; indi di qui rivenga all’eminenza, dagli |35| eidē estremi [: dalle forme ultime] a ritroso sin agli eidē estremi [: alle forme ultime], o meglio sin ai pristini.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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