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Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 12

Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 12

Apr 11

 

 

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12. E che cosa vieta che [l’uno] sia pluralità in questo modo, sintantoché è entità singola [: una sostanza unitaria]? Difatti pluralità non [significa] sintesi [: composizioni], tutt’altro: le sue energie [: i suoi atti] son la pluralità. Ma se le sue energie [: i suoi atti] non son entità [: sostanze], ma passa da potenza a energia [: atto], allora non è pluralità, |5| tuttavia è imperfetto prima di attuarsi nell’entità [: nella sostanza]. Se invece la sua entità [: sostanza] è energia [: atto] e la sua energia [: il suo atto] è pluralità, la sua entità [: sostanza] sarà tanta quanta la pluralità. Questo comunque lo concediamo al nous [: all’intelletto], cui davamo anche il pensare se stesso, e non anche al principio di tutte le cose. Prima del plurale, dunque, deve esservi il singolo [: l’uno], da cui |10| anche il plurale deriva; anche in ogni serie numerica, difatti, il singolo [: l’uno] occorre per primo.

Peraltro professano ovviamente questo sulla serie numerica siccome i [numeri] successivi s’esibiscono come sintesi [: composizione], mentre, occupandosi degli essenti, che necessità v’è ormai che anche qui vi sia qualcosa di singolo [: un’unità] da cui derivino i più [: molti]?

Beh, [senza l’uno] i più saranno spontaneità distaccate l’una dall’altra, riuscenti casualmente a oggettivare la sintesi [: composizione], l’una quinci, l’altra quindi.

Ma professeranno altresì che le energie [: gli atti] procedono espletate dal |15| nous [: dall’intelletto] ch’è singolo [: uno], semplice; dunque già si rifanno a un che di semplice, a questo predecessore delle energie [: degli atti]. Dopodiché si rifaranno a delle energie [: degli atti] permanenti eternamente e ne faranno ipostasi eterne; essendo dunque ipostasi, saranno altre [: diverse] da quello da cui sono derivate, giacché quello permane semplice, mentre questo effetto di esso è di per |20| se stesso oggetto plurale ed esiste qual articolazione dipendente da quello. Se difatti questi [atti] fossero stati suscitati all’esistenza dacché quello aveva donde che sia messa in atto una funzione, anche là vi sarebbe pluralità; se invece queste sono le pristine energie [: gli atti primordiali] realizzanti il secondo, si deve realizzare che quello [: l’uno], che permane ostinatamente in se stesso, essendo prima di queste energie [: questi atti], conceda le energie [: gli atti] al secondo ch’è costituito esistente dalle |25| energie [: dagli atti]; siccome altro è esso, altro le energie [: gli atti] che derivano da esso, giacché si son messe in funzione senza ch’esso agisse. Sennò il nous [: l’intelletto] non sarà la pristina energia [: l’atto primordiale]; siccome non è che prima [l’uno] ‒ come dire ‒ desiderò che si generasse il nous [: l’intelletto] e dopo si generò il nous [: l’intelletto], come se il desiderio presentasse la natura di mediatore fra esso e il nous [: l’intelletto] generato; |30| né in generale [l’uno] desiderò, siccome in questa prospettiva si sarebbe presentato imperfetto e il desiderio non avrebbe avuto presente nulla da desiderare; né, ancora, della cosa, aveva questa parte mentre non aveva quest’altra; siccome neppure v’era alcuna esistenza cui fosse relazionabile questa tensione.

Ma è chiaro che, se qualcosa è stato suscitato all’esistenza dopo di lui, è stato suscitato all’esistenza mentre quello rimaneva in sé nella stessa natura [6]. |35| Occorre quindi, affinché qualcos’altro sia suscitato all’esistenza, che quello [: l’uno] rimanga totalmente in quiete di per se stesso; se no, o si susciterà [: si muoverà] prima del suscitarsi [: che ci sia il movimento] e penserà prima del pensare, o la prima energia [: il primo atto] di esso sarà interminato, essendo rimasto solo orientamento [: impulso]. Su che oggetto quindi potrebbe orientarsi come atto non imbroccante alcun oggetto? Se ci rifaremo alla logica, classificheremo l’energia [: l’atto] fluente ‒ come dire? ‒ da lui |40| come luce dal sole come nous [: intelletto] e tutta la natura intelligibile, e lui stesso, ristante sull’acme dell’oggettività intelligibile, regna su questa stessa oggettività non estromettendo da sé quest’esistenza comparsa ‒ o reificheremo un’altra luce prima della luce ‒, lampa dunque, sempre permanendo, sull’oggettività intelligibile. Difatti quel che deriva da lui né si tiene lontano da lui |45| né d’altronde s’identifica con lui né è tale da essere qualificabile come entità [: sostanza] né d’altra parte [è tale da] essere come cieco, bensì, guardando e conoscendo se stesso, è anche il pristino conoscente. Quest’altro [: l’uno] per contro, al modo in cui è al di là dell’oggetto nous [: intelletto], in questo stesso modo è anche al di là della conoscenza, perché come non abbisogna di nulla, in questo modo neanche abbisogna del conoscere, tutt’altro: è nella seconda |50| natura il conoscere. Difatti anche il conoscere è un singolo qualcosa; questo [: l’uno] invece è singolo senza questo «qualcosa»; siccome, se fosse un singolo qualcosa, allora non sarebbe il singolo-stesso [: l’uno-stesso]; siccome questo «stesso» precede questo «qualcosa».

 

Note

[6] Platone, Timeo, 42 e 5-6.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 

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