Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 8
Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 8
Mag 11
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8. Non è possibile che sia movimento né prendendo in complesso tutti i movimenti e creandone uno solo da questi, né prendendo quello regolare: ciascuno di questi due detti movimenti è infatti nel tempo. Se, dunque, un qualche movimento non fosse nel tempo, sarebbe ancor più lungi dall’[5]essere tempo, siccome altro è quello in cui è il movimento, altro è il movimento stesso. E contro altri ragionamenti che son argomentati e furono argomentati basterà argomentare questo: che il movimento può sia posare sia interrompersi, il tempo invece no. Se dunque qualcuno argomentasse che il movimento del tutto (1) non s’interrompe, argomenteremmo che d’altronde anche questo, se [10] si parla del moto della rivoluzione (2), è in un qualche tempo: esso torna allo stesso punto non nel tempo in cui s’è effettuata metà rivoluzione, sicché l’uno sarebbe metà, l’altro, invece, il doppio, eppure ciascuno dei due è movimento del tutto, sia l’uno che arriva allo stesso punto a partire dallo stesso punto sia l’altro che arriva alla metà. Ordunque, l’argomentare che il movimento della sfera più esterna è il più rapido ed il più veloce [15] testimonia a favore dell’argomento che il suo movimento è altro dal tempo. È la più veloce, infatti, di tutte perché è chiaro che esaurisce, in un tempo minore, una distanza maggiore; le altre, invece, son più lente giacché in più tempo percorrono parte di essa. [20]
Allora, se il tempo non è neppure il movimento della sfera, giammai, ecco, sarebbe la sfera stessa, che fu sospettata d’essere il tempo per effetto del muoversi.
Ed allora sarebbe qualcosa del movimento? Se, ebbene, è estensione, per prima cosa non ve n’è una identica d’ogni movimento e nemmeno di quelli dello stesso insieme specifico: il movimento, infatti, è più veloce [25] e più lento, anche quello locale. Ed ambedue le estensioni sarebbero da misurarsi con un’unità altra da esse, che più correttamente si potrebbe appellare tempo. Di quale dei due, dunque, il tempo è l’estensione? o meglio: di quale di essi, essendovene infiniti? Se, dunque, lo fosse di quello regolare, non sarebbe tale neppure di ogni movimento regolare: questi, infatti, son una pluralità [30], cosicché vi saranno anche più tempi assieme. Se, invece, fosse l’estensione di quello del tutto e l’estensione ch’è nel movimento stesso, allora che altro sarebbe se non il movimento? Orbene, ha un tot, dunque o questo tot sarà misurato dallo spazio, giacché quello che ha attraversato è un tot e questa sarà l’estensione: questo tuttavia non [35] è tempo ma spazio; oppure il movimento stesso avrà l’estensione grazie alla continuità e perché non posa subito, ma è sempre occupato. Ma questa sarebbe la molta quantità del movimento; e se qualcuno, riguardo ad esso, mostrasse ch’è molto, come quando, per esempio, qualcuno dice che il caldo è molto, indi né [40] compare né si propizia il tempo, ma movimento ancora ed ancora, come se fosse acqua fluente ancora ed ancora, e l’estensione osservata in esso. E l’ancora ed ancora sarà un numero, come due o tre, mentre l’estensione sarà estensione della dimensione. In questo modo quindi sarà la molteplicità del movimento, come, ad esempio, il numero dieci, o come [45] l’estensione comparente, come dire?, sulla massa del movimento, che non esibisce il concetto di tempo, ma sarà questo tot generato nel tempo, o il tempo non sarà dappertutto, ma nel movimento-sostrato, e segue ancora la conclusione proveniente dal giudicare il tempo movimento: l’estensione, infatti, non è esterna al movimento, ma [50] è movimento non istantaneo. (Il non istantaneo, ordunque, rispetto all’istantaneo è nel tempo.) Il non istantaneo in che si distingue dall’istantaneo? Forse nell’esser nel tempo, cosicché il movimento esteso e la sua estensione sono non il tempo stesso, ma nel tempo. Se, dunque, qualcuno giudicasse il tempo l’estensione del movimento ‒ non quella del movimento stesso, [55] ma ciò lungo cui il movimento stesso esibisce l’estensione quasi procedendo con lui ‒ non direbbe, ordunque, che cos’è questo. È chiaro, ecco, che questo è il tempo in cui s’è ingenerato il movimento. Questo, tuttavia, era ciò che dal principio il ragionamento cercava, cioè che cos’è il tempo; quindi nasce un’occorrenza simile ed identica a quella in cui [60] qualcuno, interrogato su che cos’è il tempo, lo definisse estensione del movimento nel tempo. Che cos’è, ordunque, quest’estensione che chiami tempo ponendola all’esterno dell’estensione propria del movimento? Ed ecco ancora: colui che pone l’estensione nel movimento stesso sarà in aporia nel porre l’estensione della quiete. [65] Qualcosa, infatti, può muoversi tanto quanto qualcos’altro può stazionare e si potrebbe dire che il tempo di ciascuno dei due è lo stesso, benché sia chiaro che è altro da entrambi. Che cos’è quindi e che natura ha questa estensione? Perché ovviamente non può esser spaziale, giacché anche questo, ecco, è esterno (3).
Note
(1) Tutto: universo.
(2) Della rivoluzione del cielo.
(3) Al moto ed alla quiete.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Oxford 1064-82 (1964, pp. 337-361).
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