Plotino, Enneade I 6 [1: Sul bello], 1
Plotino, Enneade I 6 [1: Sul bello], 1
Gen 25
1. Il bello è nella vista perlopiù; è inoltre nell’udito, conformemente alla combinazione delle parole, è dunque anche nella musica, ovvero in tutta la musica nel suo insieme: ed infatti melodie e ritmi sono belli; vi sono, ordunque, anche ‒ transitando dalla sensazione verso l’alto ‒ sia occupazioni |5| sia azioni sia abitudini sia scienze belle, e la bellezza delle virtù [1]. Se, ordunque, v’è qualche bellezza precedente a queste, la cosa stessa l’indicherà.
Che è, ordunque, questo che ha fatto apparire belli anche i corpi e ha fatto sì che l’udito annuisca ai suoni, siccome son belli? E come mai son belle tutte quante le cose che occorrono direttamente nell’anima? E forse, ecco, |10| tutte le cose son belle d’un’unica e della stessa bellezza o altra è la bellezza nel corpo, altra quella in altro? E che cosa mai son queste o questa [bellezza]? Alcune cose, ecco, come i corpi, son belle non per i loro sostrati stessi, bensì per partecipazione, altre son belle in se stesse, come avviene per la natura della virtù. Gli stessi corpi, infatti, paiono ora belli ora invece non |15| belli, come se altro fosse l’essere corpi, altro l’essere belli. Che è quindi questo, questa presenza nei corpi? Per prima cosa, ecco, va ispezionato questo.
Che è quindi ciò che sollecita la vista dei contemplanti e la volge a sé e l’attrae e la fa gioire della contemplazione? Ecco, se troveremo questo, eventualmente |20| potremo servirci di esso a mo’ di gradino così da poter contemplare le altre bellezze [2]. È argomentato, ordunque, da tutti ‒ quasi, diciamo ‒ che la proporzione delle parti le une in relazione alle altre ed in relazione all’intero, coll’aggiunta della piacevolezza di colori [3], produca la bellezza visibile, e sia per le cose visibili sia in generale per tutte le altre l’essere belle sussisterebbe nell’essere proporzionate e misurate; |25| per coloro che sostengono questi argomenti, nulla di semplice sarà bello; dunque rimarrà bello, di necessità, solo quel ch’è composto; dunque l’intero sarà bello per questi stessi argomentatori, le parti singole, invece, esibiranno l’essere belle non di per se stesse, bensì concorrendo alla determinazione dell’intero affinché sia bello; eppure, toh, se per davvero è bello l’intero, anche le parti devono essere belle: ecco, ordunque, non è espressione di |30| parti brutte, tutt’altro: la bellezza deve averle conquistate tutte. Dunque i bei colori, per questi stessi argomentatori, come pure la luce del sole, essendo semplici, non esibendo la bellezza come espressione della proporzione, saranno estromessi dall’essere belli. L’oro, dunque, come potrà esser bello? E di notte, il lampo o gl’astri, perché son belli da guardare? Coi suoni, dunque, s’otterrà |35| lo stesso: il semplice andrà smarrito, anche se un singolo suono, più d’una volta, di quelli inseriti nel bell’intero, è bello anche in se stesso. Quando, ordunque, lo stesso volto, benché permanga la stessa proporzione, pare ora bello ora no, come mai non si dovrebbe argomentare che il bello è altro, ottimo, rispetto alla proporzione, e |40| la proporzione è bella a causa d’altro?
Se. ordunque, venendo anche alle occupazioni ed ai discorsi belli, si vorrà chiamare in causa la proporzione come responsabile [della bellezza] anche di questi oggetti, allora quale proporzione si giudicherà esservi nelle occupazioni o nelle leggi o negli studi o nelle scienze belle [4]? Le teorizzazioni, infatti, come possono essere in proporzione le une colle |45| altre? Se, dunque, lo son perché sono consonanti, vi sarà concordanza nell’argomentare insieme e consonanza anche tra le cattive. Infatti questa: “la temperanza è stoltezza” e questa: “la giustizia è generosa dabbenaggine” son consonanti e corrispondenti ed argomentano concordemente l’una coll’altra [5]. Ebbene, ogni virtù è bellezza dell’anima e bellezza |50| più verace di quelle [bellezze] precedenti; come potrebbe esser altresì proporzionata? Non potrebbe esser infatti proporzionata né come le magnitudini né come i numeri, anche se si presentassero più parti dell’anima. In quale rapporto, infatti, si dovranno fare la composizione o la fusione delle parti o delle teorizzazioni? Ordunque, quale potrebbe mai essere la bellezza dell’intelletto, che rimane isolato?
Note
[1] Cfr. Platone, Ippia maggiore, 297 e ‒ 298 b; Simposio, 210 c.
[2] Cfr. Platone, Simposio, 211 c 3.
[3] Cfr. SVF, III, 278 e 472.
[4] Cfr. Platone, Simposio, 210 c 3-7; 211 c 6.
[5] Cfr. Platone, Repubblica, VIII, 560 d 2-3; I, 348 c 12-13; Gorgia, 491 e 2.
La traduzione dal greco è stata condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
Brano seguente: Plotino, Enneade I 6 [1: Sul bello], 2