Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 8
Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 8
Apr 05
Brano precedente: Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 7
8. Per quel che concerne dunque i suoi dolori, quando siano forti, sinché può soffrirli li soffrirà [22]; se invece soverchiano, l’estrometteranno. Neanche nel dolore sarà da commiserare, tutt’altro: il lume domiciliato in lui sarà quale fiamma in una lanterna quando esternamente |5| spira vento nel pieno d’una bufera, anche d’inverno [23].
Se, altrimenti, non fosse consapevole o il dolore s’estendesse sollevandosi tanto da rinforzarsi sin al limite, pur non uccidendolo? Ebbene, se s’estendesse, delibererà su che cosa bisogna fare: infatti non sarà tolta l’autodeterminazione in questi casi. Bisogna, ordunque, avvedersi che |10| nessuna di tali cose appare al virtuoso quale appare agli altri e che nessuna arriva sin dentro di lui, né le altre né le dolorose v’arrivano.
E quando i dolori son per gli altri? Ecco, [la compassione] sarebbe una debolezza della nostra anima. E n’è prova questo: quando consideriamo un vantaggio che latitino per noi e |15| ci facciamo l’opinione che sia un vantaggio che, se si generano, lo facciano quando noi siam morti, e così c’aspettiamo che a non provare dolore siamo noi stessi, non loro. Questa, ordunque, è la nostra debolezza, che si deve togliere perfettamente, non si deve lasciarla tranquilla e paventare che si generi, tutt’altro. Se invece qualcuno argomentasse in questo modo, che è per natura che noi c’addoloriamo in occasione delle |20| sfortune dei familiari, noti che non tutti fan in questo modo e che è compito della virtù attivare la natura comunemente condivisa verso quel ch’è migliore e più bello, oltre ciò che compiono i più: più bello, ordunque, è il non cedere alle cose che son ritenute dalla natura comunemente condivisa essere terribili. Ecco, non si deve disporsi banalmente, ma come un grande atleta |25| respingendo i colpi della sorte, riconoscendo, sì, che per qualche natura questi non son piacevoli, mentre si riconosce che per la propria natura son tollerabili, che non son terribili, bensì che son spaventosi per i bambini, altroché.
Desidera quindi queste cose? No, e contro queste cose indesiderate, quando si presentino, ha la virtù abilitante l’anima all’ineccitabilità ed all’impassibilità. |30|
Note
[22] Cfr. Epicuro, frammento 447 Usener.
[23] Cfr. Empedocle, frammento B 84 DK, 3-4; Platone, Repubblica, VI, 496 d 7; Timeo, 43 c 3.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
Brano seguente: Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 9