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Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 3

Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 3

Lug 27

 

 

Brano precedente: Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 2

 

3. D’altronde, giacché [Platone] suggerisce che l’assimilazione è un’altra siccome è propria della virtù maggiore, di quella bisogna parlare; ed in ciò sarà molto più chiara anche l’essenza di quella civile, e quale sia quella maggiore conformemente alla sua essenza, e in generale che ve n’è, oltre |5| alla civile, un’altra. Platone, dunque, argomentando che l’assimilazione al dio è fuga dalle cose provenienti da quaggiù, e non dando alle virtù nella vita civile semplicemente il nome di “virtù”, ma aggiungendo “civili”, ecco, ed altrove definendole tutte purificazioni, è chiaro che pone due specie e non pone come perfetta l’assimilazione |10| conformemente alla civile. In che senso quindi definiamo queste purificazioni ed in che modo purificandoci c’assimiliamo al meglio?

Giacché è cattiva l’anima ch’è commista al corpo ed è divenuta simile ad esso nelle passioni e ne condivide tutte le opinioni, sarebbe buona, avendo virtù, se né ne condividesse l’opinione, ma |15| agisse rimanendo sola in sé ‒ il che per l’appunto è pensare ed esser saggi ‒ né fosse interessata dalla somiglianza nelle passioni ‒ il che per l’appunto è esser temperanti ‒ né paventasse di distanziarsi dal corpo ‒ il che per l’appunto è esser coraggiosi ‒ e invece l’egemonizzassero ragione ed intelletto, mentre le altre parti non contendessero ‒ questo dunque sarebbe la giustizia, Dunque, la disposizione dell’anima di tal sorta, conformemente a cui |20| pensa ed è in questo modo impassibile, se la si definisse assimilazione a dio, allora non ci si sbaglierebbe: anche il divino, infatti, è puro, ed il suo atto è tale che quel che l’imita ha saggezza.

Perché quindi anche quello (1) non si trova in questa disposizione? Non si trova in alcuna disposizione, la disposizione è invece dell’anima. E l’anima pensa altrimenti; degli enti di là, dunque, |25| l’uno (2) pensa in modo alternativo, l’altro (3) non pensa in toto. Ancora: “pensare” si dice equivocamente? Proprio no, ma nell’un caso si dice in senso primario, nell’altro, invece, in un altro senso, derivato da quello. Come infatti il discorso messo in suono è imitazione di quello nell’anima, così anche quello nell’anima è imitazione di quello ch’è in altro. Come quindi quello nel proferimento è parcellizzato rispetto a quello nell’anima, così |30| anche quello nell’anima, essendo interprete di quello, è parcellizzato rispetto a quello che lo precede. Ebbene, la virtù è dell’anima, mentre non lo è dell’Intelletto né di quel ch’è al di là.

 

Note

(1) Il divino.

(2) L’Intelletto, ipostasi (sostanza metafisica) superiore all’Anima, che da esso procede.

(3) L’Uno, l’Assoluto al di là di tutto, superiore all’Intelletto, che da esso procede.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Sulle virtù: I 2 [19]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Giovanni Catapano. Prefazione di John M. Rist, Pisa 2006.

 

Brano seguente: Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 4

 

 


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