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Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 9

Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 9

Set 21

 

 

Brano precedente: Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 8

 

9. Allora la natura di quella nostra anima sarà aliena alla colpa di quanti dei mali l’uomo commette e patisce: questi pertengono, infatti, al vivente, al complesso comune, ed al complesso comune inteso come è stato verbalizzato. Peraltro se opinione e ragione discorsiva son dell’anima, come può esser impeccabile? |5| È fallibile, infatti, l’opinione, e molti dei mali son commessi conformemente a essa.

Ebbene, il male è commesso quando noi siam vinti dal peggio di noi ‒ noi infatti siamo una pluralità di cose ‒: o da desiderio o da collera o da un’immagine cattiva; dunque, il cosiddetto ragionamento dei pensieri falsi, che è immaginazione, non è rimasto ad aspettare il giudizio discernente della ragione discorsiva, tutt’altro: |10| abbiamo agito affidandoci agli elementi peggiori, come per esempio, occorrendo la sensazione, prima che la ragione discorsiva giudichi discernendo avviene di guardare cose false col senso comune. L’Intelletto, invece, o è stato in contatto o no, sicché è rimasto impeccabile. Oppure bisogna argomentare in questo modo, cioè: noi o siam stati in contatto coll’intelligibile nell’Intelletto o no. Oppure con quello in noi: |15| è possibile infatti sia averlo sia non averlo sottomano. Abbiamo distinto, ordunque, le cose comuni e le proprie [dell’anima] in questo: le une son corporee e senza corpo non sono, mentre quante non abbisognano di corpo per l’attività, queste sono proprie dell’anima; anzi, la ragione discorsiva, che formula il giudizio oggettivamente discernente sulle impronte prodotte dalla sensazione, già contempla delle idee |20| e contempla con una qualche percezione cosciente di sé ‒ intendo la ragione discorsiva, ecco, propriamente detta, quella della vera anima: è atto, infatti, d’intellezioni la vera ragione discorsiva e spesso assimilazione e considerazione di quel ch’è comune tra le cose esterne e quelle interiori. Non tremerà quindi, nonostante tutto, l’anima, per se stessa ed in se stessa; le distorsioni, dunque, ed il |25| tumulto in noi vengono dagli inserti e dalle affezioni del composto comune, qualunque cosa questo sia, come è stato verbalizzato.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.

 

Brano seguente: Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 10

 

 


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