Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 2
Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 2
Ago 24
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2. In primis, ordunque, bisogna prendere in considerazione l’anima, comprendere se altro sia l’anima ed altro l’essere dell’anima. Se infatti si dà questo, l’anima è qualcosa di composto, dunque non è assurdo che essa accolga tali affezioni e che siano sue ‒ se il ragionamento si volgerà a quest’opzione ‒ |5| e lo siano, in generale, abiti e disposizioni peggiori e migliori. Oppure, se l’anima e l’essere dell’anima sono la stessa cosa, allora sarà una qualche forma inaccessibile ad alcuna di queste attività, che offrirà ad altro, mentre in sé, connaturata a se stessa, avrà l’attività, qualunque essa sia, che il ragionamento mostrerà. In questo modo, ecco, è vero il giudicare anche ch’è immortale |10| ‒ se per davvero l’immortale e l’incorruttibile deve essere impassibile ‒ e che, pur dando ad altro in qualche modo qualcosa di se stessa, essa stessa, comunque, non ha nulla dall’alterità, se non quanto ha dagli enti che la precedono, dai quali non è staccata, giacché son migliori.
Ecco, che cosa mai potrebbe paventare tale forma, essendo inaccessibile a tutto l’esterno? Orbene, quello |15| che può patire si spaventerà. Neppure avrà ardimento: potrà, ecco, esservi coraggio per coloro ai quali non si presentano le cose paurose? Ed i desideri, che son soddisfatti mediante lo svuotarsi ed il riempirsi del corpo ‒ altro da lei è quel che si riempie e si svuota? Come può esservi, dunque, un desiderio di mescolanza? L’essenziale è incommisto. Come potrebbe esservi, dunque, desiderio d’acquisizione |20| di qualcosa? In questo modo, ecco, si studierebbe di non essere ciò che è. Il soffrire, dunque, è ancor più distante. Come o per che cosa, ordunque, s’addolorerebbe? Quello che, ecco, nell’essenza è semplice, infatti, è autosufficiente, rimanendo quale è nella propria essenza. Gode dunque di qualcosa d’aggiunto, se nulla, neppure di buono, le s’approssima? Ecco, ciò che è, |25| è sempre. Ebbene, neppure percepirà, né vi sarà pensiero né opinione per essa: percezione, infatti, è recezione d’una forma od anche d’un’affezione del corpo; pensiero ed opinione, dunque, s’ottengono dalla percezione. Per quanto riguarda, dunque, l’intellezione, bisogna ispezionare come avvenga, se la lasceremo a essa; e, per quanto riguarda a sua volta il piacere puro, se si conviene per essa |30| quand’è rimasta sola.
La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.
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