Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 11
Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 11
Set 28
Brano precedente: Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 10
11. Ordunque, quando si è bambini, agiscono le facoltà espressione del composto, mentre pochi raggi illuminano esso da quelle in alto. Quando, dunque, non agiscono verso di noi, agiscono verso l’alto; verso di noi invece agiscono quando arrivano sino alla parte media. Che significa, quindi? Non son noi anche prima |5| di questo? Sì. Peraltro deve anteriormente generarsene la percezione: infatti non usiamo sempre tutte quante le abilità che abbiamo, ma, quando disponiamo la parte media o verso le realtà in alto o verso le opposte, induciamo all’atto o quante derivano da una facoltà o quante derivano da un’abitudine. Ordunque, i bruti come hanno la qualità “vivente”? Ebbene, se per davvero in essi vi sono anime umane, come si dice, |10| che han sbagliato, nei bruti non germina questo (quanto è separato), che peraltro è presente, ma non si presenta ad essi; d’altro canto la [lor] consapevolezza ha l’immagine dell’anima accompagnata dal corpo; corpo, dunque, che è reso tale da un’immagine d’anima; se invece non v’è immersa un’anima d’uomo, il vivente come tale nasce, è, grazie all’irradiazione dall’anima universale. |15|
La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.
Brano seguente: Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 12