Platone, Teeteto (24)
Platone, Teeteto (24)
Gen 31
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TEODORO In quella maniera mi sembra, o Socrate, che l’argomento sia bloccato al meglio, pur essendo bloccato anche in quest’altra, che rende valide le opinioni degli altri: queste dunque considerano manifestamente in nessuna maniera veri i giudizi di lui.
SOCRATE [179c] In più maniere, o Teodoro, anche altrimenti si potrebbe bloccare, ecco. tale dottrina mostrando che non ogni opinione d’ognuno è vera; per quanto concerne invece l’affezione presente a ciascuno, per cui esito si generano le percezioni sensibili e le opinioni corrispondenti a queste, è più difficile bloccarle come non vere. Forse invece non argomento nulla di razionale: forse si dà il caso che siano, ecco, imbloccabili, e coloro che professano che esse sono illuminantemente evidenti e conoscenze potrebbero forse dire ciò che è, ed il nostro Teeteto non ha parlato fuori dal segno identificando percezione sensibile e conoscenza. [179d] Bisogna quindi andare più dappresso, come imponeva l’argomento a supporto di Protagora, ed ispezionare se questo essere trasferentesi, percosso, suona sano o guasto; una battaglia, or dunque, non piccola né tra pochi è nata per esso.
TEODORO Ed è ben lungi dall’essere piccola, tutt’altro: si propaga dappertutto per la Ionia. Infatti i seguaci di Eraclito si fan corifei di questo argomento molto robustamente.
SOCRATE Toh, tanto più, o caro Teodoro, bisogna ispezionarlo, ed esaminarlo dal principio, [179e] come essi s’attendono.
TEODORO Ebbene sì, in tutto e per tutto. Ed infatti, o Socrate, per quanto concerne questi argomenti eraclitei o, come tu argomenti, omerici ed ancor più antichi, con quelli di Efeso, con quanti se ne vantano esperti, non s’è in grado di dialogare meglio di quanto lo si sia coi tarantolati. Senza tecnica, infatti, conformemente agli scritti, si trasferiscono; quanto, dunque, al rimanere su un ragionamento e su un quesito e quietamente a turno rispondere [180a] e domandare, essi non sono per nulla in grado, o meglio, sopravanza questo il non esserci per nulla in questi uomini il più piccolo, pressoché nullo, infinitesimo di quiete. Tutt’altro: se si pone un qualche quesito a qualcuno di loro, scoccheranno parolette enigmatiche come le estraessero da una faretra, e se cerchi di ricevere da lui ragione del significato di ciò che ha detto sei nuovamente colpito da un altro cambio di denominazione. Non concluderai dunque mai nulla con nessuno di essi, e neppure, ecco, essi l’uno coll’altro, tutt’altro: badano assai bene di non lasciare che alcunché di saldo vi sia [180b] e nel ragionamento e nelle loro anime, ritenendo, come mi sembra, che questo sia stazionamento; a questo dunque fan guerra totale e per quanto è possibile lo scacciano da ogni dove.
SOCRATE Probabilmente, o Teodoro, hai guardato questi uomini combattere, mentre non sei mai stato con loro da pacifici: non sono, infatti, sodali della tua scuola. Ma credo che enuncino tali argomenti in occasione del tempo libero agli allievi che vogliano rendere simili a se stessi.
TEODORO A quali allievi, o mahatma? Nessuno di tali uomini diviene [180c] allievo d’un altro, ma vengono su da sé, ispirandosi ciascuno di essi da dove capita, e l’uno ritiene che l’altro non sappia nulla. Da costoro, quindi, come andavo dicendo, non riceveresti giammai ragione né che lo vogliano né che non lo vogliano; noi stessi, dunque, dobbiamo assumere l’argomento per ispezionarlo come problema.
SOCRATE Ecco, argomenti misuratamente. Questo problema, or dunque, è qualcosa d’altro da quel che abbiamo ricevuto dagli antichi, che colla poesia lo occultavano ai più, [180d] cioè che la genesi di tutte le altre cose, Oceano e Teti, si dà il caso siano rivi fluenti e che nulla è stante, problema ricevuto, dunque, dai loro posteri, che, giacché più sapienti, lo indicarono manifestamente, affinché anche i calzolai, ascoltando, imparassero la loro sapienza e posassero il credere invano che, degli enti, gli uni son stanti, gli altri, invece, si muovono, e, avendo imparato invece che tutti si muovono, li stimassero? Per poco, dunque, non dimenticavo, o Teodoro, che altri invece professarono l’opposto rispetto a costoro, cioè [180e]
Solo per il tutto immobile è il nome essere
e quant’altro i Melissi ed i Parmenidi, contrapponendosi a tutti costoro, sostengono, cioè che tutti gli enti sono uno e che esso è stante in se stesso non avendo spazio in cui muoversi. Ebbene, o sodale, come utilizzeremo tutti costoro? Procedendo, infatti, poco a poco ci è rimasto latente d’esser caduti in mezzo tra gli uni e gli altri, e se in qualche maniera tutelandoci non fuggiamo [181a] pagheremo la pena come coloro che giocando nelle palestre attraverso la linea, quando presi da entrambe le squadre son trascinati in direzioni opposte. Sembra quindi a me che bisogni ispezionare prima gli uni, contro i quali insorgemmo, i fluenti, e se sembreranno argomentare qualcosa di razionale, noi li coadiuveremo nel trarci dalla loro, tentando di sfuggire agli altri; se invece gli stabilizzatori dell’intero sembreranno ragionare più veracemente, fuggiremo presso di essi, via da coloro che muovono gli immobili. [181b] Invece se entrambi sembreranno non argomentare nulla misuratamente, saremo ridicoli nel ritenere di argomentare noi qualcosa di razionale, miseri come siamo, avendo dunque abbandonato la dottrina di uomini antichissimi e sapientissimi. Guarda quindi, o Teodoro, se giova procedere verso cotanto rischio.
TEODORO Ebbene, non dobbiamo per nulla inibire, o Socrate, l’ispezione di che cosa argomentano entrambe le fazioni di uomini.
La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.
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