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Platone, Filebo (17)

Platone, Filebo (17)

Ott 30

Brano precedente:  Platone, Filebo (16)

 

SOCRATE  Adesso, dopo di questo, diamo un’occhiata se in questa maniera c’imbatteremo in piaceri e dolori che appaiano e siano, nei viventi, ancora più falsi di questi.

PROTARCO  Quali dunque? Come dici, eh?

SOCRATE  È stato detto più volte che, quando la natura di ciascuno si distrugge per aggregazione e disgregazione e per riempimento e svuotamento [42d] e per qualche aumento e diminuzione, consegue che si generino dolori e sofferenze ed afflizioni e tutto quanto ha nomi di tal sorta.

PROTARCO  Sì, questo è stato detto più volte.

SOCRATE  Dunque, ecco, quando ciascuno di essi è ristabilito nella propria natura, abbiamo accettato tra di noi che questo ristabilimento è piacere.

PROTARCO  Rettamente.

SOCRATE  Che avviene dunque quando per il nostro corpo non venga ad esserci niente di tutto questo?

PROTARCO  Dunque, quando mai potrebbe avvenire questo, Socrate?

SOCRATE  [42e] Non è in alcuna relazione con l’argomento, Protarco, il quesito che tu adesso poni.

PROTARCO  Perché, dunque?

SOCRATE  Perché non mi vieta di porti daccapo la mia domanda.

PROTARCO  Quale?

SOCRATE  Se, dunque, non si generasse, Protarco, tale avvenimento, dirò: «Che mai ce ne conseguirà di necessario?».

PROTARCO  Dici: se il corpo non si muove in nessuno dei due modi?

SOCRATE  Così.

PROTARCO  È chiaro dunque questo, ecco, Socrate: che né piacere né alcun dolore si genererebbero giammai in tale evenienza.

SOCRATE  [43a] Hai detto benissimo. Ma, ecco, credo che sostenga questo: che è necessario che ci accada sempre una di queste evenienze, come i sapienti professano: sempre, ecco, tutto quanto scorre in su ed in giù.

PROTARCO  Lo argomentano, infatti, e sembrano non argomentare cialtronescamente.

SOCRATE  Come potrebbero, infatti, non essendo, ecco, cialtroni? Ma, ecco, voglio sottrarmi a questo argomento assaltante. Quindi intendo fuggire di qua, e tu fuggi con me.

PROTARCO  Di’ per dove.

SOCRATE  «Beh, allora sia così», diciamo loro; [43b] tu invece rispondi: tutte quante le affezioni che uno degli esseri animati patisce, le sente sempre nel patirle, e noi stessi né aumentiamo né patiamo alcuna di tali affezioni senza accorgercene, o è tutto il contrario?

PROTARCO  Appunto, tutto il contrario: ecco infatti che tali affezioni son per noi un po’ tutte latenti.

SOCRATE  Toh, non è stato detto acconciamente quel che or ora è stato detto: che i mutamenti in su ed in giù, generandosi, producono piaceri e dolori.

PROTARCO  Beh, e con ciò?

SOCRATE  [43c] Così sarà più acconcio ed inattaccabile quel che è argomentato.

PROTARCO  Come?

SOCRATE  Così: mentre i grandi mutamenti ci producono dolori e piaceri, quelli misurati e piccoli non ne producono invece pressoché nessuno.

PROTARCO  Più corretto questo di quello, Socrate.

SOCRATE  Quindi, se questo è così, non tornerà forse la vita di cui si è ora detto?

PROTARCO  Quale?

SOCRATE  Quella che abbiamo affermato sia non dolorosa e senza gioie.

PROTARCO  Dici cose verissime.

SOCRATE  Dunque, per questo poniamo tre specie di vita per noi: una piacevole, una dolorosa [43d] ed una neutra. O cosa professeresti tu su queste cose?

PROTARCO  Io, ecco, non altrimenti che in questa maniera: tre sono le vite.

SOCRATE  Quindi, il non soffrire non sarebbe giammai identico al godere?

PROTARCO  Ecco, come potrebbe?

SOCRATE  Allorquando, quindi, odi che la cosa più piacevole di tutte è portare a termine tutta la vita senza dolore, che cosa assumi argomenti quel tale?

PROTARCO  Pare a me, ecco, che costui argomenti che è piacevole il non soffrire.

SOCRATE  [43e] Quindi poni che per noi ci siano tre enti, quelli che vuoi: acciocché usiamo i nomi più belli, uno d’oro, uno d’argento, ed il terzo di nessuno di questi due elementi.

PROTARCO  Lo si suppone.

SOCRATE  Dunque, quello che non è di nessuno di questi due elementi, potrebbe per noi divenire come l’uno o l’altro dei due, oro ed argento?

PROTARCO  E come potrebbe?

SOCRATE  Allora (secondo l’argomento corretto), che la vita intermedia sia giudicata piacevole o dolorosa non sarebbe giammai correttamente né opinato, se qualcuno l’opinasse, né argomentato, se l’argomentasse.

PROTARCO  Ecco, come mai potrebbe?

SOCRATE  [44a] Ma pure, compare, si sentono argomentatori, ecco, ed opinatori di queste dottrine.

PROTARCO  E molti.

SOCRATE  Forse che quindi credono anche di godere allorquando non soffrono?

PROTARCO  Ecco, professano di sì.

SOCRATE  Quindi, credono di godere in quel momento; sennò non lo argomenterebbero affatto.

PROTARCO  C’è il rischio.

SOCRATE  Beh, ecco, opinano il falso sul godere, se la natura del non soffrire e del godere son separate l’una dall’altra.

PROTARCO  Ebbene sì, erano separate.

 

Brano seguente:  Platone, Filebo (18)

 

 


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