Temi e protagonisti della filosofia

Platone, Fedone (29)

Platone, Fedone (29)

Gen 09

Brano precedente: Platone, Fedone (28)

 

«Che dire quindi? Che nome davamo or ora a ciò che non accoglie l’idea del pari?»

«Impari», disse.

«E a ciò che non accoglie giustizia e a ciò che non accoglie cultura, dunque?»

[105e] «Incolto», disse, «e a quello ingiusto».

«E sia; ciò che non accoglie morte come lo chiamiamo dunque?»

«Immortale», disse.

«L’anima quindi non accoglie morte?»

«No».

«L’anima allora è immortale».

«Immortale».

«E sia», disse. «Or dunque diciamo che questo è stato dimostrato? Come ti sembra?»

«Eh sì, al meglio, e a sufficienza, Socrate».

«Che dire quindi», disse poi lui, «Cebete? Se per l’impari fosse necessario [106a] essere indistruttibile, che altro sarebbe il tre se non indistruttibile?»

«Ecco, come no?»

«Quindi, se anche per il non-caldo fosse necessario essere indistruttibile, quando qualcuno accostasse il caldo alla neve, la neve non ne uscirebbe forse essendo ancora salva e non liquefatta? Infatti non potrebbe affatto distruggersi e neanche, permanendo, potrebbe accogliere il calore».

«Argomenti il vero», disse.

«Allo stesso modo, credo, anche se il non-freddo fosse indistruttibile, quando sul fuoco sopravvenisse qualcosa di freddo, non potrebbe mai spegnersi né distruggersi, ma allontanandosi se ne andrebbe salvo».

«Di necessità», disse.

[106b] «Quindi non è forse», disse, «necessario parlare così anche dell’immortale? Se l’immortale è anche indistruttibile, è impossibile che l’anima, quando giunga su di lei morte, sia distrutta: infatti, per quel che si è detto prima, non accoglierà morte né sarà morta, così come il tre non sarà – dicevamo – pari, e neanche il dispari, né il fuoco sarà poi freddo, e neanche il calore che è nel fuoco. “Ma che cosa vieta”, potrebbe dire qualcuno, “non che il dispari, sopravvenendogli il pari, divenga pari, come s’è concordato, [106c] ma che, distrutto esso, anziché lui si generi il pari?”. A chi argomentasse questo non obietteremmo che non si distrugge: infatti l’impari non è indistruttibile; se invece noi avessimo concordato su questo, allora facilmente obietteremmo che, sopravvenendo il pari, il dispari e il tre si dileguerebbero andando via; obietteremmo così anche intorno al fuoco, al caldo e agli altri enti. O no?»

«Assolutamente, eccome».

«Quindi anche adesso intorno all’immortale: se noi si è concordato che è anche indistruttibile, l’anima, oltre a essere immortale, non è forse [106d] anche indistruttibile? Sennò si dovrebbe argomentare altrimenti».

«Ma no, non si deve», disse, «almeno su questo: difficilmente qualcos’altro non accoglierebbe corruzione, se persino l’immortale che è eterno la accogliesse».

«Eh sì, dunque, credo, Dio», disse Socrate, «e la stessa idea della vita e se c’è qualcos’altro d’immortale, da parte di tutti si concorda che non si distruggono mai».

«Eccome, per Giove», disse, «da parte di tutti: sia uomini sia, ancor di più – com’io credo – dèi».

[106e] «Se dunque l’immortale è anche incorruttibile, allora che altro potrebbe essere l’anima, se è il caso che sia immortale, se non anche indistruttibile?»

«È assai necessario».

«Sopraggiungendo allora la morte sull’uomo, mentre ciò che di lui è mortale – come si vede – muore, ciò che è immortale salvo e incorrotto si diparte andandosene, discostandosi dalla morte».

«Pare».

«Ancor meglio allora», disse, «Cebete, l’anima immortale e [107a] indistruttibile; e le nostre anime saranno in essere nell’Ade».

«E io, Socrate», disse, «non ho proprio alcun argomento contro questo né di che diffidare dai tuoi argomenti. Ma se poi Simmia qui o qualcun altro ha qualche argomento, è bene che non taccia siccome non vedo alcun’altra occasione, diversa da questa adesso presente, cui possa rimandare chi voglia o dire o udire qualcosa intorno a questo».

«Ma sì», disse poi lui, Simmia, «anch’io non ho più di che diffidare di questi argomenti; comunque, subendo la grandezza permeante [107b] i soggetti intorno a cui questi argomenti sono svolti e disistimando l’umana debolezza, son necessitato a trattenere ancora in me della diffidenza per ciò che si è detto».

«Sì, non solo», disse Socrate, «Simmia, dici bene su questi argomenti, ma anche le prime ipotesi, anche se per voi sono affidabili, ugualmente son da esaminarsi con più chiarezza; e, allorquando le avrete sufficientemente articolate, com’io credo, accompagnerete l’argomento, meglio: lo accompagnerete per quanto è possibile accompagnarlo a uomo, e quando questo diverrà chiaro, non cercherete ulteriormente».

«Dici il vero», disse.

 

Brano seguente: Platone, Fedone (30)


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