Temi e protagonisti della filosofia

Platone, Fedone (10)

Platone, Fedone (10)

Set 26

Brano precedente: Platone, Fedone (9)

 

«E per Cebete, dunque?», disse Socrate, «si deve infatti persuadere anche Cebete».

«La dimostrazione è sufficiente anche per lui», disse Simmia, «com’io credo; eppure è il più fermo degli uomini a diffidare degli argomenti. Ma credo che questo l’abbia persuaso a dovere del fatto che prima che [77b] noi nascessimo la nostra anima c’era; se però anche quando poi saremo morti ci sarà ancora, neanche a me sembra», disse, «Socrate, sia stato dimostrato, ma ancora resiste ciò che or ora Cebete diceva, ed è fama tra i più: come possa essere che, simultaneamente al morire dell’uomo, l’anima non si disperda e questo non sia il termine dell’essere per lei. Che cosa vieta, ecco, che essa si generi e si costituisca altrove e che ci sia anche prima di raggiungere il corpo umano, ma, quando poi vi sia giunta e si sia alienata da esso, allora anch’essa termini e si corrompa?»

[77c] «Dici bene», disse Cebete, «Simmia. Pare infatti che si sia dimostrato per dir così metà di ciò che si deve dimostrare, cioè che prima che noi nascessimo c’era la nostra anima, ma si deve appresso dimostrare che anche quando poi saremo morti essa ci sarà non meno che prima che nascessimo, se la dimostrazione vorrà avere termine».

«Beh, è dimostrato», disse Socrate, «Simmia e Cebete, anche ora, se volete sintetizzare quest’ultimo argomento con quell’altro ‒ che tutto ciò che è vivo si genera da ciò che è morto ‒ sul quale pure concordammo prima che su questo. Se infatti c’è [77c] l’anima anche in precedenza, ma è necessario che essa, quando va a vivere e si genera, non si generi da nessun’altra parte che dalla morte, come potrebbe non essere necessario che essa ci sia anche qualora sia morta, giacché essa deve nascere un’altra volta? Quindi ciò che dite è dimostrato anche ora. Insieme a ciò però mi sembra che tu e Simmia discutereste con piacere anche questo argomento ancora di più e che abbiate il timore dei bambini che il vento per davvero, quando essa esce dal corpo, [77d] la spazzi via e la disperda; e altroché, quando a uno accada di morire non nella bonaccia ma in qualche gran bufera».

E Cebete, sorridendo, disse: «Come se avessimo timore, Socrate, tenta di persuaderci; o meglio, non come se avessimo timore noi, ma forse in noi c’è un bambino che paventa tali cose. Quindi tenta di convincerlo a non temere la morte come fosse lo spauracchio».

«Ma bisogna», disse Socrate, «fargli l’incantesimo ogni giorno sinché non riuscirete ad incantarlo».

[78a] «Ma dove prenderemo», disse, «Socrate, un buon incantesimo di tali timori, dopo che tu», disse, «ci avrai abbandonato?»

«Grande è la Grecia», disse, «Cebete, e in essa vi sono molti uomini valenti, ma ci sono anche molte genti straniere, che bisogna frughiate tutte cercando tale incantatore non risparmiando né soldi né fatiche siccome non c’è alcunché in cui spendereste soldi più a proposito. Ma bisogna che cerchiate anche voi gli uni con gli altri: forse, ecco, non trovereste facilmente persone più capaci di voi a fare questo».

«Ma sì, allora», disse Cebete, «succederà così; ma [78b] ripartiamo da dove avevamo lasciato l’argomento, se è di tuo gradimento».

«Ma sì che è di mio gradimento; ecco, come non potrebbe?»

«Parli con cortesia», disse.

 

Brano seguente: Platone, Fedone (11)


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