Oracolo di Apollo su Plotino riportato da Porfirio
Oracolo di Apollo su Plotino riportato da Porfirio
Lug 04M’ accingo ad intonare un immortale
inno canoro per un caro amico,
con i suoni dololcissimi intessendolo,
filati sotto l’ aureo plettro dalla
cetra ben accordata. Chiamo pure
le Muse ad innalzar le loro voci
congiunte negli assai sonori, armonici
e vigorosi slanci, come quando
chiamate furon a formare un coro
per l’ Eacide, nei d’ Omero canti.
Dunque orsù, sacro coro delle Muse,
canteremo all’ unisono ispirati
in un canto perfetto sopra tutti;
in mezzo a voi io, Febo folta chioma.
Demone, uomo per l’ innanzi, ma
ora della demonica più diva
sorte partecipante poiché sciolto
ti sei dal laccio di necessità
umana, rafforzato in corpo ed anima
dal rimbombante assai strepito degli
affetti, al lido d’ ampia costa a nuoto
affrettandoti, lungi dalla folla
degli errabondi, per fissar la via
flessibile dell’ anima tua pura,
ove riluce la solarità
di Dio, ove le leggi stan lontano,
in purezza, da errore, da ingiustizia.
Allorché ti agitavi per schivare
l’ onda amara di questa vita ingorda
di sangue, di vertigine e di nausea,
in mezzo alla tormenta ed allo strepito
prepotente, più volte, dalle sedi
dei beati, vicino il fin t’ apparve.
Più volte i colpi d’ occhi della mente
tua, che su oblique vie eran gettati,
portati dai lor impeti medesimi,
per vie diritte furono innalzati
dagli immortali sulle sfere, su
un cammino immortale, sempiterno,
e ti concesser, dall’ oscurità
fitta, di contemplare il denso raggio
dello splendore loro. Giammai un sonno
indomabil le palpebre tue ebbe,
ma invero, dalle palpebre espandendoti,
la caligine grave frantumavi,
pur soffrendo, nei moti circolari,
molte ed amene cose contemplavi,
quali nessuno vide facilmente
tra gli uomini che saggezza cercano.
Ma adesso che sei libero da spoglia,
dell’ anima demonica la tomba
lasciata, incedi già nell’adunanza
demonica spirante d’ aure amene;
colà l’ amistà vige, colà vige
il disio mite, pien di pura gioia,
nella pienezza eterna delle ambrosie
dagli dei veicolate, son colà
le suadenze d’ amori, e dolce brezza
ed eter senza nubi, in cui dimorano
Minosse ed il fratello Radamanto,
della genia del magno Giove aurea,
il giusto Eaco, l’ anima santissima
d’ Aristocle Platone, il bel Pitagora,
quanti formano il coro d’ immortal
Cupido e quanti in sorte ricevettero
una genia comune con i demoni
felici, dove il cuore si rallegra
sempre in feste gioiose. Ah, o beato,
lottasti in lotte tanto numerose,
con i demoni puri te ne vai
di vital gagliardia armato. Posi
il canto per Pòotino e ‘l gir di danza,
Muse gioconde: l’ aurea cetra mia
a chi sempre vivrà così parlò.