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Melisso, Sulla natura o sull’essente (10)

Melisso, Sulla natura o sull’essente (10)

Mar 24

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[Arist.] De Melisso, C. 1, 974 b 9 (DK 30 A 5; R. A 5)

(9) Ebbene, non si deve forse, in primis, iniziare assumendo [labonta] non ogni dottrina [doxan], ma quelle che sono di molto le più salde [hai malista eisi bebaioi]? Sicché, se tutte insieme le dottrine opinate sono presunte non rettamente [hapanta ta dokounta mē orthōs hupolambanetai], allora, evidentemente, non conviene [isōs prosēkei] adoperare [proskhrēsthai] neanche questa di dottrina [dogmati], cioè che giammai nulla si genererebbe da niente [ouk an pote ouden genoito ek mēdenos]: ecco, è una qualche dottrina, e questa è di quelle non rette, che tutti presumemmo per aver percepito in più modi [mia gar tis esti doxa, kai hautē tōn ouk orthōn, hēn ek tou aistanesthai pōs epi pollōn pantes hupelēpsamen].

(10) Se, invece, gli enti che ci appaiono non sono tutti insieme falsi [mē hapanta pseudē ta hēmin phainomena], ma ci sono tra loro anche alcune rette presunzioni, queste son da assumersi dopo aver dimostrato o che esse sono tali o che sembrano di molto le più rette [tines eisi kai toutōn orthai hupolēpseis, ē hupodeixanta, hoti hautai toiautai, ē tas malista dokousas orthas, tautas lēpteon], ed esse devono essere sempre più salde di quelle che vanno ammesse per quegli argomenti [has aei bebaioteras einai dei ē hai mellousin ex ekeinōn tōn logōn deikhthēsesthai].  (11) Infatti, se anche ci fossero due dottrine contrarie l’una all’altra [hupenantia allēlais], come crede – se i molti sono, afferma che è necessario che derivino da non essenti; se, invece questo non è possibile, gli essenti non sono molti: infatti, essendo ingenerato, se qualcosa è, è illimitato; se, dunque, è così, è anche unico [ei men polla, genesthai phēsin anankēn einai ek mē ontōn; ei de touto mē hoion te, ouk einai ta onta polla: agēneton gar on, ei ti estin, apeiron einai. ei d’ houtōs, kai hen] – anche se [men dē] noi fossimo d’accordo su ambedue le premesse, ugualmente [homoiōs] non si dimostra affatto che è uno più di quanto non si dimostri che sono molti [ouden mallon, hoti hen ē hoti polla, deiknutai]. Se, invece, una delle due [hē hetera] è più salda, le conclusioni dedotte da essa son più dimostrate [tapo tautēs xumperathenta mallon dedeiktai].  (12) Si dà il caso, dunque, che teniamo ad ambedue queste presupposizioni [tunkhanomen de ekhontas amphoteras tas hupolēpseis tautas]: sia che nulla non può mai generarsi da niente [hōs an ou genoit’ an ouden ek mēdenos] sia che gli essenti sono molti e mossi [kinoumena]. Delle due, però, è maggiormente affidabile questa [amphoin de pistē mallon hautē], e tutti rinucerebbero piuttosto [thatton an proointo] a quella dottrina che a questa [tautēs ekeinēn tēn doxan]. Sicché, se anche accadesse che questi enunciati – cioè che è impossibile il generarsi dal non essente e che le cose sono molte – fossero contrari, si confuterebbero l’un coll’altro [ei kai sumbainoi enantias einai tas phaseis, kai adunaton gignesthai te ek mē ontos kai mē polla einai ta pragmata, elenkhoito man an hup’ allēlōn tauta].  (13) Ma perché dovrebbe essere meglio così [ti mallon houtōs an ekhoi]? Evidentemente qualcuno potrebbe anche affermare il contrario. Infatti, né mostra che la dottrina da cui inizia è retta né mostra di assumere qualcosa di maggiormente saldo rispetto a quella che confuta. Infatti, si presume sia più verosimile il generarsi dal non essente che non il non essere dei molti [isōs te kan phaiē tis toutois tanantia. oute gar deixas hoti orthē doxa, aph’ēs arkhetai, oute mallon bebaion ē peri hēs deiknusi labōn, dielekhthē. mallon gar hupolambanetai eikos einai gignesthai ek mē ontos ē mē polla einai].  (14) E si argomenta anche strenuamente sul generarsi dei non essenti e sul nascere di molti dai non essenti, e ne han fatto verbo non quelli che capitano, bensì alcuni di quelli che sono stimati dotti sapienti [legetai te kai sphodra huper autōn gignesthai te ta mē onta, kai dē gegonenai polla ek mē ontōn, kai oukh hoti hoi tunkhanontes, alla kai tōn doxantōn tines einai sophōn eirēkasin].  (15) Ad esempio Esiodo afferma:

Prima di tutti Caos generossi,

subito dopo Gaia ampio petto,

di tutti sede, mai falsa… indi Amore,

che in mezzo agl’immortali tutti spicca [Theogonia 116.117.120].

Afferma, dunque, che gli altri enti si generano [ta d’ alla phēsi genesthai] da questi, ma questi da nessuno [tauta de ex oudenos]. Ma anche molti altri affermano che nulla è [einai men ouden], ma che tutto si genera, argomentando che i generati non si generano dagli essenti, sennò, ecco, per loro non si genererebbero più tutti nel loro insieme [gignesthai de panta, legontes ouk ex ontōn gignesthai ta gignomena. oude gar an eti autois hapanta gignoito]. Sicché è chiaro questo: che ad alcuni sembra proprio che ci sia un generarsi anche da non essenti [eniois ge dokei kai ex ouk ontōn an genesthai].

 

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