Melisso, Sulla natura o sull’essente (1)
Melisso, Sulla natura o sull’essente (1)
Feb 10MELISSOU PERI PHUSEŌS Ē PERI TOU ONTOS
MELISSO
SULLA NATURA O SULL’ESSENTE
Simplicius, In Aristotelis Physicorum libros, 103, 13
Ora dunque vediamo l’argomento [logon] di Melisso, innanzi al quale solleva il controargomento di prima [Aristoteles, Physica, A 3, 186 a 4]. Ecco: utilizzando [khrēsamenos] gli assiomi dei fisici [tōn phusikōn axiōmasi] per la generazione e la distruzione [peri geneseōs kai phthoras], Melisso inizia [arkhetai] lo scritto così:
(G. Reale, Melisso, Testimonianze e frammenti, Firenze 1970, B 0)
«Ei men mēden esti, peri toutou ti an legoito hōs ontos tinos?». = «Se niente è, di esso che mai si penserebbe-direbbe, come fosse qualcosa?».
ei de ti esti, ētoi ginomenon estin ē aei on. all’ ei genomenon, ētoi ex ontos ē ex ouk ontos; all’ oute ek mē ontos hoion te genesthai ti (oute allo men ouden on, pollōi de mallon to haplōs on) oute ek tou ontos. eiē gar an houtōs kai ou ginoito. ouk ara ginomenon esti to on; aei on ara esti. oude phtharēsetai to on: oute gar eis to mē on hoion te to on metaballein (sunkhōreitai gar kai touto hupo tōn physikōn) oute eis on. menoi gar an palin houtō ge kai ou phtheiroito. oute ara gegone to on oute phtharēsetai; aei ara ēn te kai estai. = Se, invece, qualcosa è, è o generato o sempre essente. Ma, se è generato, lo è o dall’essente o dal non-essente; ma né dal non-essente è possibile che si generi qualcosa (né altro che sia nulla né, molto peggio, il semplicemente essente) né dall’essente (così infatti sarebbe e non si genererebbe). Non è allora generato l’essente: allora è sempre essente. L’essente neppure si distruggerà: infatti l’essente non può trapassare né nel non-essente (è concesso, infatti, anche questo dai fisici), né nell’essente (infatti così rimarrebbe e non si distruggerebbe). Allora l’essente né si è generato né si distruggerà: sempre allora era e sarà.
Simpl., Phys., 162, 24 (H. Diels Die Fragmente der Vorsokratiker, herausgegeben von W. Kranz, Berlin 1954, 30 B 1; R. B 1)
Anche Melisso dunque mostrò che l’essente è ingenerato utilizzando questo assioma comune [to agenēton tou ontos edeixe tōi koinōi toutōi khrēsamenos axiōmati]; scrive dunque così:
«aei ēn ho ti ēn kai aei estai. ei gar egeneto, anankaion esti prin genesthai einai mēden; ei toinun mēden ēn, oudama an genoito ouden ek mēdenos». = «Sempre era ciò che era e sempre sarà. Se, infatti, si fosse generato, è necessario che, prima di generarsi, fosse niente; ora, se era niente, in nessun modo si sarebbe generato nulla da niente».
Arist, Phys., A 8, 191 a 24 (R. A 8a)
Infatti i primi che con filosofia cercarono [zētountes] la verità e la natura degli essenti [tēn alētheian kai tēn phusin tōn ontōn] ne distorsero il senso quasi in qualcosa d’altro, allontanatine dall’inesperienza, e dicono che nessuno degli essenti né si genera né si distrugge perché è necessario che il generato si generi o dall’essente o dal non-essente, ma in entrambi questi casi è impossibile che si generi: infatti, l’essente neppure si genera (è infatti già) e dal non-essente non si genererebbe nulla (infatti deve soggiacere qualcosa) [phasin oute gignesthai tōn ontōn ouden oute phtheiresthai dia to anankaion men einai gignesthai to ginomenon ē ex ontos ē ek mē ontos, ek de toutōn amphoterōn adunaton einai: oute gar to on gignesthai (einai gar ēdē) ek te mē ontos ouden an genesthai: hupokeisthai gar ti dein].
Aëtius, De placitis philosophorum, II, 4, 11 (H. Diels, Doxographi graeci, Berolini 1879, 332; R. A 9)
Parmenide, Senofane, Melisso: il cosmo è ingenerato [agenēton] ed eterno [aidion] e indistruttibile [aphtharton].
Pseudo-Aristoteles, De Melisso, Xenophane, Gorgia, c. 1, 974 a 1 (DK 30 A 5; R. A 5)
(1) «Aidion» einai phēsin ei ti estin, eiper mē endekhesthai genesthai mēden ek mēdenos; eite gar hapanta gegonen eite mē panta, adunata amphoterōs: ex oudenos gar genesthai an auta gignomena. hapantōn te gar gignomenōn ouden ‹an› proüparkhein; eit’ ontōn tinōn aei hetera prosgignoito, pleon an kai meizon to on gegonenai; hōi de pleon kai meizon, touto genesthai an ex oudenos: ‹en› tōi gar elattoni to pleon, ‹hōs› oud’ en tōi mikroterōi to meizon, ouch huparckhein. = (1) Dice che, se qualcosa è, è «eterno», giacché non è ammissibile che niente si generi da niente; infatti, sia che tutti insieme gli enti siano generati sia che non tutti lo siano, entrambi i casi sono impossibili; infatti, generandosi, essi si genererebbero dal nulla. E, se si generassero tutti insieme, ecco che nulla presussisterebbe; e se, mentre alcuni sono sempre, altri appresso si generassero, l’essente diverrebbe più numeroso e maggiore; ma ciò per cui diverrebbe più numeroso e maggiore, questo si genererebbe dal nulla: nel meno, infatti, non sussiste il più, come pure nel minore non sussiste il maggiore.
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